Rischia di diventare un percorso ad ostacoli il mestiere di raccontare i fatti. In Italia, già messa male nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, tira decisamente una brutta aria. La prova si è avuta ieri durante la trasmissione televisiva condotta da Nicola Porro su Rete4. Ospite in studio, la premier Giorgia Meloni.

Le parole della premier Meloni

Alla domanda del giornalista sul piano del Governo per le privatizzazioni, che dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 20 miliardi di introiti in tre anni, il presidente del Consiglio ha pensato bene di attaccare il giornale “La Repubblica” e i suoi editori. La colpa? Il titolo a tutta pagina del giornale: “Italia in vendita”. «Mi ha fatto un po’ sorridere l’accusa arrivata da Repubblica, con una prima pagina sull’Italia “in vendita”. Che quest’accusa venga dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi - ha detto la Meloni, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane... Non so se il titolo fosse un’autobiografia però, francamente, lezioni di tutela di italianità da questi pulpiti, anche no». 

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Il sit in degli sfollati

Di certo non un bel gesto verso la stampa, soprattutto in un periodo particolare come questo in cui sono successe altri due episodi che devono far riflettere. Il primo è la polemica che ha investito il viceministro ai Trasporti, Galeazzo Bignami, che a Forlì in occasione del summit fra la Meloni e Ursula von der Leyen ha chiamato il ministro dell’Interno Piantedosi lamentandosi dell’eccessiva vicinanza e dell’eccessivo rumore di circa 200 sfollati dall’alluvione. Un episodio che apparentemente c’entra poco con la libertà di stampa, molto invece con la libertà d'espressione visto che quei manifestanti non erano facinorosi dei centri sociali, ma gente pacifica che ha perso la casa e stava scadendo slogan pacifici.

L'emendamento Costa

L’altro episodio è il famoso emendamento Enrico Costa (Azione) approvato circa un mese fa alla Camera e adesso all’esame in Senato sul divieto di pubblicazione parziale o integrale delle ordinanze di custodia cautelare fino all’udienza preliminare. In commissione Affari europei è stato presentato un emendamento, prima firmataria la senatrice del M5s Dolores Bevilacqua, per eliminare dal testo il divieto di pubblicazione “per estratto” dell’ordinanza. Come riporta “Il Fatto Quotidiano”, il Governo potrebbe far proprio l’emendamento modificandolo e proponendo il divieto di pubblicazione “parziale” dell’ordinanza, mantenendo ovviamente il divieto di pubblicazione integrale.

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Legge bavaglio

Siamo ovviamente ai sofismi che però hanno un loro peso. Se dovesse passare la proposta del M5s i giudici potrebbero avere una qualche forma di discrezionalità e quindi dare la possibilità ai cronisti di pubblicare comunque alcune parti delle ordinanze, mentre la seconda no. Vedremo come andrà il dibattito parlamentare e se il Ministro Nordio metterà le mani su quella che è stata definita la legge “bavaglio”. L’obiettivo è quello di riportare tutto a prima del 2017 quando l’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, nella legge di riforma delle intercettazioni inserì la possibilità per la stampa di riportare le ordinanze di custodia cautelare. Il tema è scottante e la riprova sta anche nell’impasse in cui si trovano i magistrati dell’Anm. C’era chi voleva fare sul punto una mozione contro il Governo, ma l’ala più “filogovernativa” si è opposta per cui la mozione resta nel cassetto mentre la Fnsi continua a protestare in tutta Italia e a raccogliere firme per un appello al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, a non controfirmare la legge.