L'Inps ha presentato all'uomo il conto per il lungo ricovero a Palermo, dopo l'attentato che costò la vita al figlio Matteo. Il deputato di Alternativa: «Ingiusto e immorale»
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La vicenda di Ciccio Vinci approda in Parlamento, con un'interrogazione del deputato calabrese Francesco Sapia (Alternativa). «Lo Stato non può pretendere da Francesco Antonio Vinci le spese per la sua lunga degenza in un reparto per grandi ustionati. È un’assurdità, che va denunciata e risolta immediatamente». Sapia interroga così il governo, cui domanda se non intenda chiedere «chiarimenti tempestivi all’Inps e, in ogni caso, promuovere urgenti iniziative di carattere normativo affinché per le vittime di ogni forma di violenza sia lo Stato a pagare i costi delle loro degenze in strutture sanitarie».
Nell’interrogazione parlamentare, indirizzata ai ministri del Lavoro e delle Politiche sociali, della Salute e dell’Interno, Sapia ha ricostruito la vicenda. «Il 9 aprile 2018 l’esplosione di un ordigno nel Vibonese causò la morte di Matteo Vinci, figlio di Francesco Antonio. Quest’ultimo venne poi trasportato in elicottero, in stato di parziale incoscienza, al Centro per ustionati dell’ospedale civico di Palermo. La sua degenza lì durò 78 giorni, periodo necessario alla guarigione delle ustioni di II e III grado che avevano interessato il 20% della superficie cutanea del ricoverato. Dopo le dimissioni dall’ospedale, il signor Vinci tornò a casa. Con proprio provvedimento, l’Inps ha in seguito disposto la rideterminazione dell’importo del suo assegno sociale, in quanto il riferito ricovero si era prolungato per più di 29 giorni. Di conseguenza, è stato tagliato l’assegno mensile spettante allo stesso Vinci, che ha presentato ricorso contro questa immorale rivalsa nei suoi confronti».
«In uno Stato civile – conclude il parlamentare di Alternativa – non devono esistere simili, gravissime ingiustizie. Bisogna tutelare e sostenere con i fatti le vittime di ogni genere di violenza, altrimenti la politica prende in giro i cittadini più deboli e fa perdere fiducia nelle istituzioni pubbliche».