Dopo il rinvio dell’udienza preliminare cresce la preoccupazione dei familiari di Matteo Vinci che gli indagati possano tornare in libertà: «Sarebbe una sconfitta insopportabile»
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«Le ultime traversie connesse alle notifiche in vista dell'udienza preliminare nel processo per l'autobomba di Limbadi, tra ritardi e omissioni, oltre ad aver causato il rinvio dell'inizio del dibattimento, hanno prodotto l'accorata protesta dei genitori di Matteo Vinci ed hanno suscitato allarme tra i cittadini che continuano a chiedere verità completa e giustizia celere per punire chi si è macchiato di un così tracotante atto terroristico-mafioso, culminato con l’esplosione della bomba di Limbadi del 9 aprile del 2018». È quanto si legge in una nota firmata da Salvatore Borsellino, don Giacomo Panizza, Francesca Munno, Agostino Pantano, Francesco Saccomanno, Maria Pia Tucci e Sonia Rocca.
«È forte il timore che, dopo il pronunciamento della Cassazione favorevole all'indagata Lucia Di Grillo – posto dall'autorità inquirente a base della richiesta di archiviazione della sua posizione – la mancata notifica alla stessa della convocazione davanti al gup possa continuare a far instradare in maniera discutibile e contraddittoria un processo su cui pure la Dda di Catanzaro sostiene di aver investito tanto impegno e professionalità.
Non a caso, la restante parte del nucleo familiare dei Mancuso, pur dovendo rispondere di queste gravissime accuse, ha assunto l'atteggiamento di chi pensa di poter far a meno di presentarsi al cospetto del giudice, approfittando del rinvio dell'udienza che ora rischia, incredibilmente, di far pure scadere i termini della custodia cautelare.
Sarebbe una sconfitta insopportabile – si legge ancora - quella di vedere, durante il processo, tutti gli indagati a piede libero, tornare ad essere vicini di casa dei genitori di Matteo, ancora proprietari del terreno confinante con il fondo agricolo che è all'origine del calvario e delle angherie subite dalla famiglia Vinci. Ne uscirebbe offuscata la forza e l'autorevolezza dello Stato di diritto, oltre che andarne di mezzo la stessa sicurezza di chi, come Francesco Vinci e Rosaria Scarpulla, per via di questi ritardi non ha potuto formalizzare ancora la costituzione di parte civile e continua a vivere con un sistema di protezione assai circoscritto e, a nostro avviso, inadeguato».
I firmatari della nota quindi rivolgono un appello «agli uffici giudiziari di non lasciare, d’ora in poi, nulla di intentato affinché ogni formalità venga predisposta con la massima attenzione che il caso merita, rinnoviamo l'appello all'opinione pubblica calabrese e nazionale, alle istituzioni, alle organizzazioni sociali ed alle varie associazioni, per fare in modo che l'attività degli organi requirenti venga sostenuta anche attraverso una mobilitazione che favorisca in questi giorni la costituzione di parte civile di più soggetti collettivi possibile e per evitare che scenda il silenzio intorno al processo che si deve aprire; in modo che i coniugi Vinci non si sentano soli e che i loro sospetti carnefici possano perdere definitivamente quell'aura di impunità che in tutti questi anni, e anche di recente, hanno sembrato mantenere fuori e dentro il territorio di Limbadi».