Tra gli accusati di avere favorito boss e picciotti della 'ndrangheta nel penitenziario San Pietro ci sono anche un medico dell'Asp reggina e due agenti della polizia penitenziaria
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Ci sono altri indagati nell'inchiesta della Direzione distrettuale di Reggio Calabria che ieri ha portato agli arresti domiciliari per l'ex direttrice del carcere Maria Carmela Longo, accusata di concorso esterno in associazione mafiosa.
Il procuratore Giovanni Bombardieri e i sostituti della Dda reggina Stefano Musolino e Sabrina Fornaro avevano chiesto i domiciliari anche per un medico dell'Asp, Antonio Pollio, e per la detenuta Caterina Napolitano. Su richiesta della Longo, il dottore Pollio si sarebbe consapevolmente prestato a redigere un certificato medico falso per permettere alla donna di non partecipare ad un processo in cui era chiamata a testimoniare.
Malattia fasulla, certificato vero
Una malattia totalmente fasulla e già comunicata al Tribunale che attendeva la detenuta, come l’ex direttrice candidamente spiega al medico. «Va certificata questa malattia perché altrimenti oggi doveva partirte per Firenze perché era citata in un'udienza come testimone a Perugia. Un po’ la detenuta non voleva andare di suo, anche perché è un'impresa, c'è stato il terremoto. Per noi significava un costo esorbitante perché avremmo dovuto portarla in aereo, quindi biglietti... e quindi è una malattia concordata ... ecco ... per saltare l'udienza». Pollio al telefono tace, ma gli investigatori trovano fra gli atti inviati al tribunale di Perugia un certificato a sua firma, secondo cui la Napolitano risultava affetta da coliche renali, meritevoli di tre giorni di cure e riposo. Ma il dottore potrebbe non essere l’unico a finire nella bufera.
Il gip ordina: «Indagate sugli altri»
Sebbene al momento non risultino ulteriori indagati in questo procedimento, l’inchiesta sembra destinata ad allargarsi. Ed è il gip Domenico Armoleo a indicarlo come necessario. «Le indagini – si legge nell’ordinanza - se hanno consentito di individuare condotte di rilievo penale da ascrivere, allo stato, a persone perfettamente identificate, non possono essere ritenute concluse». Per il giudice, «non può, infatti, tacersi la necessità di una compiuta individuazione di altri correi della dott.ssa Longo, da ritenere coinvolti nelle vicende oggetto del presente procedimento, nonché quella di approfondire eventuali sacche di contiguità e di connivenza volte a favorire i sodalizi di 'ndrangheta»
I collaboratori della direttrice Longo
E c’è anche un elenco di massima dei soggetti che hanno supportato la Longo nell’aggirare norme e procedure negli anni in cui ha diretto il carcere di Reggio Calabria. Per il giudice Armoleo, le indagini «hanno consentito di accertare come la dott.ssa Longo avvalendosi della collaborazione di numerosi dipendenti dell'Amministrazione Penitenziaria presso la sede di Reggio Calabria quali, ad esempio, Musarella Massimo, Musarella Fabio, Stracuzza Rita, Pollio Antonio, Laganà Giuseppe (infermiere), Seminara Salvatore e molti altri- abbia, nel corso del periodo oggetto di imputazione, posto in essere una condotta di permanente contiguità all'associazione mafiosa denominata 'ndrangheta».
Perquisiti due agenti della penitenziaria
Due di loro in mattinata sono stati perquisiti dal Nucleo investigativo centrale del Dap. Si tratta dei sovrintendenti Fabio e Massimo Musarella. Soprattutto quest’ultimo, emerge dalle carte, sarebbe stato uno dei più stretti collaboratori dell’ex direttrice a Reggio, il sovrintendente di fiducia a cui la donna si rivolgeva per certificati da aggiustare, come quello della Napolitano. «È lui quello che sostituiva la dottoressa Longo – conferma il boss Stefano Liuzzo - io con lui più che altro quando facevo le domandine per parlare con la dottoressa Longo mi chiamava lui».
Per il pentito Trunfio invece, Musarella era «uno degli agenti che avevano rapporti amichevoli con i detenuti arcoti e reggini in generale. Certe volte scherzavano anche per le partite. Ho l'immagine di lui che stava, io dico 'a rota', cioè in cerchio in compagnia, con i detenuti reggini. Cioè un 'amicizia non normale nelle carceri. Ma normale a Reggio Calabria». O almeno tale era – affermano i magistrati – negli anni in cui a guidarlo era Maria Carmela Longo.