Figura anche l’ex sindaco di Mesoraca, Armando Foresta, tra gli indagati nell’odierna inchiesta istruita dalla Dda di Catanzaro sulla presunta organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti per alimentare la centrale a biomasse di Cutro. L’ex amministratore locale è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa poiché «pur non facendone organicamente parte, concorreva nella partecipazione all’associazione di ‘ndrangheta denominata locale di Mesoraca».

Nella sua qualità di sindaco del Comune di Mesoraca e di presidente della Provincia avrebbe fornito «un contributo concreto, specifico, e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell'associazione con la consapevolezza circa i metodi e i fini dell'associazione stessa, promettendo e assicurando, anche in cambio del sostegno elettorale - promesso ed attuato da parte del sodalizio - la sua disponibilità nei confronti dell’organizzazione ‘ndrangheta».

Nello specifico, si sarebbe reso disponibile a garantire «ai referenti del sodalizio le condizioni per il controllo totale ed esclusivo dei lavori pubblici edili del comprensorio mesorachese. In particolare, in qualità di sindaco e presidente della Provincia, intervenendo anche direttamente presso gli uffici pubblici degli enti locali dallo stesso diretti, affidava lavori di somma urgenza alle imprese gerite direttamente ed indirettamente dal sodalizio, quali quelle di Pietro Mirante, della famiglia Grano e del fratello Giovanni Foresta, in spregio a qualsivoglia normativa di evidenza pubblica».

La procura distrettuale di Catanzaro gli contesta di aver turbato «le aste pubbliche di affidamento lavori di edilizia pubblica nel Comune di Mesoraca, colludendosi affinché gli stessi venissero svolti dalle imprese gerite dalle famiglie Grano e Foresta in assenza di regolare subappalto ed aggiudicazione degli stessi. In tal modo rafforzava la capacità operativa del sodalizio nel controllo di attività economiche sul territorio, incrementando la percezione della capacità di condizionamento, e, correlativamente, di intimidazione del sodalizio, accrescendo la capacità operativa e il prestigio sociale e criminale». I fatti oggi contestati sarebbero avvenuti tra il 2013 e il 2018.

Tuttavia, il gip distrettuale nell’esaminare la posizione dell’ex amministratore locale dichiara di non condividere la tesi accusatoria. «Per quanto concerne i presunti interventi presso enti pubblici da parte dell’indagato, dal compendio captativo non emerge alcun contatto di Foresta con altri funzionari pubblici né risultano elementi in grado di supportare la tesi secondo cui l’indagato avrebbe sfruttato possibili entrature al fine di gerire nei vari iter amministrativi per favorire all’occorrenza i sodali della cosca di Mesoraca» si legge nell’ordinanza firmata dal giudice Giuseppe De Salvatore.  

«Non è chiaro, dunque, in che modo Foresta abbia operato all’interno delle sedi istituzionali né quali condotte egli abbia realizzato per assecondare le esigenze dei sodali. Quanto agli affidamenti dei lavori di somma urgenza, le intercettazioni indubbiamente attestano contatti dell’indagato in particolare con Domenico Grano e Pietro Mirante. Dal contenuto dei dialoghi si evince che Foresta si rivolgeva a costoro tra il 2014 e il 2017 affinché provvedessero tempestivamente all’esecuzione di lavori a seguito di alluvioni che avevano provocato danni alle strade del Comune.

A fronte del tenore esplicito di tali dialoghi, occorre misurarsi con le acquisizioni presso l’Ente Provinciale contenute negli allegati alla richiesta cautelare, in cui sono presenti, tra l’altro: “verbali di lavori di somma urgenza”, “ordinativi dei lavori processo verbale di consegna”, “quadro economico”, “computo metrico”, “perizia giustificativa” sottoscritti da diversi responsabili di settore e direttori di lavori nel corso degli anni.

I suddetti documenti – in cui non risultano sottoscrizioni di Foresta - attestano, quantomeno sul piano formale, la regolarità delle procedure seguite per l’assegnazione dei lavori di somma urgenza nei confronti delle imprese di Grano e Mirante. Tenuto conto di questo dato, il compendio intercettivo risulta da solo insufficiente a dimostrare che Foresta abbia realmente condizionato l’iter amministrativo nell’ambito dei lavori di somma urgenza, pilotando le assegnazioni e riuscendo a realizzare a suo piacimento affidamenti intuitu personae in spregio alla normativa amministrativa».

Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è stato contestato anche ad un ex luogotenente dei carabinieri forestali e comandante della stazione dei carabinieri di Petilia Policastro, Costantino Calaminici, il quale risponde anche di rifiuto d'atti d'ufficio, rivelazione e utilizzazione d'atti d'ufficio. Secondo quanto ricostruito nella ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip del Tribunale di Catanzaro Giuseppe De Salvatore avrebbe omesso «di effettuare i dovuti controlli agli automezzi della F.K.E. riconducibile alla famiglia Ferrazzo, preoccupandosi finanche di preavvisare Mario Donato Ferrazzo affinché non continuasse a ricevere o acquistare materiale legnoso procurato in modo illegale da ditte, così da evitare di coinvolgerlo in eventuali azioni repressive, e comunque omettendo di effettuare i dovuti controlli sui mezzi adibiti a trasporto legname dei Ferrazzo onde evitare sanzioni di carattere penale e amministrativo per lui pregiudizievoli, ricevendo in cambio, benefici di carattere economico (legname da parte dei Ferrazzo e incarichi privati connessi al taglio degli alberi, con conseguente remunerazione da parte di Domenico Serravalle – ramo Pallino – sia per sé che per i quattro operai impiegati); curava altresì i rapporti con Francesco Troncino ragioniere della ditta F.K.E., e con Francesco Ferrazzo, figlio di Mario Donato».

Mario Donato Ferrazzo, detto Topolino, è ritenuto il promotore e l’organizzatore del sodalizio criminale e accusato di associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione della Procura distrettuale di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, della locale di Mesoraca avrebbe rappresentato il vertice: «impartiva ordini e direttive agli associati, organizzava la perpetrazione dei reati-fine dell’associazione. Primi tra tutti, il controllo del trasporto del cippato da conferire alle locali biomasse, orchestrando in senso oligopolistico la filiera del legno e suoi derivati nel territorio montano della provincia crotonese, anche in maniera illegale; dirigendo altresì le attività di narcotraffico ed estorsioni dei propri sodali, ricevendo, all’uopo, i profitti delle attività illecite e provvedendo alla consegna di quote-parti ad altre cosche limitrofe, relazionandosi con i vertici della “Locale di Cutro”, nonché con gli altri Locali operanti in Calabria e Lombardia».

Il reato di associazione mafiosa è stato contestato invece al fratello dell’ex sindaco di Mesoraca, Giovanni Foresta. Assieme a Giuseppe Grano, risulta al «al vertice dell’associazione quali organizzatori, con il ruolo di aver costituito, diretto ed organizzato l’associazione, predisponendo i mezzi finanziari dell’organizzazione di ‘ndrangheta denominata “locale di Mesoraca”, costituendo, anche per il tramite dei propri familiari, apposite società edili per inserirsi ed accaparrarsi gli appalti pubblici del comprensorio mesorachese in via di esclusività, il tutto attraverso l’accettazione delle regole di ‘ndrangheta, il riconoscimento dei ruoli assegnati, il rispetto delle gerarchie e mantenendo rapporti con le altre consorterie ‘ndranghetistiche».