«Armi, estorsioni tutti reati tipici di mafia. È importante, aspettavamo questa ordinanza da un anno». Così il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri ha iniziato la conferenza stampa dell’inchiesta che, questa mattina, ha portato a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 84 indagati (62 dei quali raggiunti da misure cautelari). Tutti sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, ricettazione, furto, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, per la maggior parte sono aggravati dal metodo mafioso, ed altri gravi reati, avvenuti nel capoluogo di regione. In totale sono 84 gli indagati.

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«Ricordate – ha spiegato Gratteri - che sono successi dei fatti gravi, violenti anche nell’area a sud di Catanzaro centro e in quella occasione tutti gridavano  “dov’è lo Stato? Dove sono le forze dell’ordine? Catanzaro non è controllata; Catanzaro è abbandonata”. Noi non potevamo rispondere a queste esternazioni dette non solo da cittadini comuni ma anche da uomini dello Stato, da amministratori pubblici. Non potevamo rispondere perché avevamo da un anno un’ordinanza di custodia cautelare ferma, perché c’è carenza di organico ed attendevamo questa ordinanza di mese in mese».

«È passato più di un anno – ha aggiunto il procuratore - È importante perché secondo i capi di imputazione e seguendo questo che è un lavoro egregio fatto dalla squadra mobile di Catanzaro, un lavoro fatto di intercettazioni telefoniche, ambientali. È un’indagine di qualità, piena di riscontri, quindi noi siamo molto tranquilli sulla bontà delle imputazioni».

«La cosa che mi preme dire – continuato Gratteri - è intanto ringraziare la polizia perché ha dato fondo a tutte le energie che c’erano perché c’era un problema reale in città. Perché si sentiva una cappa su Catanzaro e non era possibile e non ci potevamo permettere il lusso come procura distrettuale - che facciamo indagini nel vibonese, nel crotonese, centinaia di arresti a Cosenza – che a trecento metri dalla procura, a trecento metri dalla questura ci fossero vessazioni su commercianti, abusi, traffici di droga sotto i nostri occhi. Sembrava una barzelletta, sembrava un buco nero Catanzaro. Allora noi oggi siamo un po’ sollevati per questo. Noi pensiamo di aver liberato un po’ la città di Catanzaro da certe vessazioni e, soprattutto, da un traffico di droga significativo. Cioè forniture per chili che ogni sera venivano smerciati ai tossicodipendenti della città».

Nel corso della conferenza stampa è intervenuto anche direttore centrale anticrimine della polizia di Stato Francesco Messina: «La polizia è davvero contenta di avere contribuito con questa attività che è partita nel 2018, quindi un’attività complessa che si è sviluppata nel corso degli anni. Come al solito questo connubio tra Procura della Repubblica di Catanzaro e Polizia di Stato raggiunge, non è la prima volta, degli eccellenti risultati. Innanzitutto c’è un tema che riguarda l’offensività di questo gruppo. Sono due le associazioni che sono state contestate». 

«C’è un tema che riguarda l’offensività di questo gruppo – ha aggiunto - che in terra di 'ndrangheta si riesce a creare uno spazio operativo arriva anche da un punto di vista dinamico, plastico, a manifestarsi con dei faccia a faccia: Noi abbiamo raccolto dell’interessantissime intercettazioni ambientali, nelle quali abbiamo verificato l’offensività di questo gruppo di soggetti che sono di origine nomade però hanno manifestato una capacità militare, un’offensività tale da riuscire ad affrancarsi da una gestione mafiosa che li utilizzava come manodopera per un certo periodo e che invece adesso li vede in una posizione paritaria». 

«Il primo dato è sì – ha sottolineato Messina - questa capacità di affrancarsi di questi gruppi, ma questa capacità della 'ndrangheta fortissima di riuscire a gestire situazioni che erano in qualche modo pericolose perché c’erano stati degli eventi omicidiari che avevano manifestato la pericolosità di uno scontro. Alla fine la ndrangheta è riuscita a gestire anche questa situazione e questi soggetti hanno raggiunto la loro posizione di predominanza a livello territoriale per un certo tipo di reati». 

«Il secondo punto che volevo mettere in evidenza – ha concluso - è che per la prima volta, questo significa che il lavoro che è stato fatto in questi anni sta dando dei grandi risultati, in una terra come questa a una massiva attività estorsiva non è corrisposto il totale assoggettamento degli imprenditori e delle persone sottoposte ad estorsione, ma c’è stata una parte che ha denunciato, che si è affrancata da questa condizione di condizionamento mafioso e che ha creduto nello Stato dandoci la possibilità di continuare a svolgere le nostre attività. Credo che questo siano i due aspetti più importanti che emergono».

Arresti a Catanzaro, i dettagli dell'inchiesta

L’inchiesta portata a compimento questa mattina, come detto, ha coinvolto 62 indagati. Di questi, 38 sono destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, mentre gli ulteriori 24 di quella degli arresti domiciliari.

Il provvedimento, emesso su richiesta della Dda di Catanzaro, scaturisce dall’ampia attività di indagine che si è sviluppata mediante investigazioni di tipo tradizionale, attività tecniche, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, riscontri sul campo e servizi dinamici sul territorio, nell’ambito dei quali veniva rinvenuta e posta sotto sequestro di cocaina.

La gravità indiziaria ha riguardato l’operatività a Catanzaro di un’organizzazione criminale di tipo mafioso, riconducibile a persone della comunità di origine rom, stanziali nella zona sud della città, ricostruendone l’organigramma, con i ruoli dei vari associati, nonché le plurime attività illecite poste in essere, rispettivamente, dagli indagati, e i vari settori di operatività, correlati alle ipotizzate fattispecie penali, capaci di condizionare le attività economiche delle persone offese.

Si tratta, in particolare, di gravi elementi indiziari circa l’attuale assetto dell’organizzazione criminale riconducibile a soggetti della comunità rom, con l’acquisizione – nell’ipotesi accusatoria – di un’operatività autonoma per la gestione delle attività criminali, affrancandosi da ruolo, ricoperto in passato, di terminale operativo delle cosche di ‘ndrangheta del crotonese, con la gestione indipendente delle attività estorsive, oltre che delle attività di spaccio di sostanza stupefacente, sul territorio di Catanzaro.

In tale contesto, nell’ordinanza cautelare, nei confronti degli indagati attinti dalle rispettive misure adottate, è stata ritenuta, allo stato, la gravità indiziaria, tra l’altro, per reati contro il patrimonio, tra i quali furti propedeutici alle attività estorsive, estorsione, oltre che spaccio e traffico di sostanze stupefacenti.

La gravità indiziaria acquisita a livello cautelare ha riguardato, altresì, la struttura e il modus operandi di due associazioni a delinquere finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti di varia tipologia, principalmente cocaina.

In particolare, una delle due ipotizzate strutture criminali, ricade nella città di Catanzaro, con canali di approvvigionamento dello stupefacente, mediante fornitori della provincia di Reggio Calabria e di Crotone, e con attività di spaccio diffuso, dall’interno dell’abitazione - continuamente presidiata e resa sicura da sistemi di videosorveglianza – individuata, dal sodalizio, come base operativa per la detenzione, l’occultamento, la preparazione, il confezionamento e lo smercio della sostanza stupefacente.

La seconda associazione, caratterizzata da una struttura a base familiare, sarebbe operante tra le province di Catanzaro e Crotone, nel comprensorio territoriale ricadente tra la zona sud est della provincia di Catanzaro e quello confinante crotonese, comprensivo dei comuni di Steccato di Cutro (Kr) e Cutro (Kr).

Le emergenze acquisite nel corso delle investigazioni hanno delineato altresì, allo stato, sul piano cautelare, la gravità indiziaria a carico di un appartenente alla Polizia Penitenziaria, in servizio presso la casa circondariale di Catanzaro, il quale, si sarebbe reso disponibile nei confronti di alcuni indagati, per veicolare messaggi e direttive in entrata ed in uscita dal citato istituto penitenziario.

L’operazione è frutto della collaborazione tra la squadra mobile della questura di Catanzaro -  con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, supportata in fase esecutiva da personale delle Squadre Mobili e delle S.I.S.C.O. di varie province del territorio, di pattuglie di diversi Reparti Prevenzione Crimine, di unità cinofile delle Questure di Reggio Calabria e Vibo Valentia e di un elicottero del V Reparto Volo della Polizia di Stato.