Nuovi arresti all’alba a Reggio Calabria. Su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, i poliziotti della Squadra Mobile del capoluogo reggino, hanno arrestato elementi di vertice della cosca Serraino e Libri.

Gli arrestati

Fra essi figurano Maurizio Cortese boss di San Sperato; il suocero Paolo Pitasi, già principale collaboratore di Francesco Serraino, noto come il "boss della montagna", assassinato durante la seconda guerra di ‘Ndrangheta; Domenico Sconti genero del predetto Francesco Serraino; Sebastiano Morabito elemento di vertice della cosca Libri nella frazione Gallina.

 

Arrestata anche Stefania Pitasi, moglie di Maurizio Cortese e figlia di Paolo Pitasi. Le indagini sono state condotte con l’irrinunciabile ricorso alle intercettazioni grazie alle quali è stato possibile individuare le dinamiche criminali, segnatamente quelle di carattere estorsivo, che hanno determinato il graduale rafforzamento della cosca Serraino e in particolare dell’articolazione di San Sperato diretta da Maurizio Cortese. Determinanti anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.

I nomi

  • Maurizio Cortese, 40 anni, nato a Reggio Calabria e attualmente detenuto
  • Domenico Sconti, 63 anni residente a Santo Stefano d'Aspromonte
  • Domenico Morabito, 45 anni, nato a Cardeto ma residente a Reggio Calabria
  • Salvatore Paolo De Lorenzo, 49 anni nato e residente a Reggio Calabria
  • Antonino Filocamo, 32 anni, nato e residente a Reggio Calabria
  • Antonino Barbaro, 34 anni, nato e residente a Reggio Calabria
  • Sebastiano Massara, 34 anni, nato a Palmi e residente a Reggio Calabria
  • Stefania Maria Pitasi, 37 anni, nata a Reggio Calabria e lì residente (moglie di Cortese)
  • Paolo Pitasi, 68 anni, nato e residente a Reggio Calabria (suocero di Cortese)
  • Carmelo Leonardo, 57 anni, nato e residente a Reggio Calabria
  • Bruno Nucera, 52 anni, nato e residente a Reggio Calabria
  • Sebastiano Morabito, 54 anni, nato a Cardeto e residente a Reggio Calabria  

Il business delle estorsioni

L’operazione Pedegree fa luce sugli interessi illeciti della cosca Serraino, svelando un dinamismo sempre più accentuato nel sistematico ricorso ad attività estorsive nei confronti di imprenditori e commercianti che operano nei territori in cui essa esercita l’egemonia mafiosa. 

Dalle indagini è emerso che con l’intimidazione mafiosa Cortese ha costretto un rivenditore ad acquistare pane - che in gran parte sarebbe rimasto invenduto e non reso al fornitore - presso l'esercizio abusivo della moglie Stefania Pitasi che utilizzava un forno a legna fatto in casa. Inoltre ha posto in essere pressioni estorsive, avvalendosi di Antonino Filocamo, nei confronti del titolare di un bar di San Sperato, al fine di ottenere il pagamento di una mazzetta di 2.500 euro e di fronte alle difficoltà palesate dall’esercente, ha ordinato a Sebastiano Massara di danneggiare l'esercizio commerciale.

Il verificarsi dell’evento delittuoso è stato scongiurato dall’intervento della Squadra Mobile che, sotto le direttive della Dda ha perquisito l'abitazione dell’uomo.

L’assistenza ai detenuti

Una ditta impegnata nella ristrutturazione di un immobile è stata costretta da Maurizio Cortese, dalla moglie e dal suocero, a corrispondere una percentuale di mille euro sull'importo dei lavori. Diversi creditori di Salvatore Paolo De Lorenzo, affiliato alla cosca, sono stati costretti da Maurizio Cortese a rinunciare ai crediti, tra cui uno di 105.000 euro vantato a titolo di corrispettivo per alcuni lavori di edilizia dallo stesso commissionati. Cortese, ha intimato alle persone offese di non avanzare richieste di pagamento, avvertendole del suo personale interesse alla rimessione dei debiti del correo. Dalle generali attività di indagine è emerso che i proventi estorsivi erano destinati al finanziamento degli affiliati e a supportare economicamente i detenuti e i loro familiari.

Il bar danneggiato

Acquisiti elementi che dimostrano come, nell’ottica della massimizzazione dei profitti estorsivi, Maurizio Cortese non abbia esitato ad ordinare la distruzione del bar di un affiliato (Domenico Morabito) al fine di avvantaggiarne un altro (Antonino Filocamo), operante nella stessa zona di Viale Calabria, dal quale avrebbe ottenuto maggiori prebende.

 

È emerso che Morabito, gestore di fatto del bar “Mary Kate” sul Viale Calabria, pagava Cortese per essere stato autorizzato ad aprire l’esercizio commerciale nella zona notoriamente controllata dai Labate. Tuttavia il capo cosca, ritenendosi non soddisfatto dalle prestazioni dell’uomo - che, peraltro, avrebbe riferito di aver aperto l’esercizio commerciale senza il placet di alcuno - ha preferito ampliare i suoi guadagni accettando offerte più cospicue da Antonino Filocamo, titolare del “Royal Cafè”, ubicato nelle vicinanze del “Mary Kate” che Cortese ha deciso quindi di far chiudere con due gravi danneggiamenti eseguiti mediante incendio con il concorso di Filocamo.

 

E così, nella serata del 12 aprile 2019, il bar “Mary Kate” subiva un grave danneggiamento causato da un incendio doloso. Filocamo e Cortese avevano concordato che se Morabito avesse riaperto il bar, essi avrebbero posto in essere ulteriori danneggiamenti. Il 13 maggio 2019, Morabito avviava i lavori di ristrutturazione dell’esercizio commerciale. Ed esattamente 5 giorni dopo l'inizio dei lavori, i1 “Mary Kate” subiva un nuovo danneggiamento mediante incendio. Ulteriori intese intercorse tra i predetti consentivano all’uomo di riaprire il bar.

+++In aggiornamento