I summit riservati con emissari di altre cosche, il controllo asfissiante del territorio e il narcotraffico. Ecco come agiva la consorteria che aveva fatto delle due zone della città le sedi principali per i propri affari (ASCOLTA L'AUDIO)
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La ‘ndrina Brandimarte-De Maio non si comportava diversamente da una tradizionale cosca di ‘ndrangheta. È un dato eloquente quello che emerge dalle dichiarazioni dei magistrati e degli investigatori nel corso della conferenza stampa convocata per l’inchiesta Joy’s Seaside che ha portato a 17 arresti (QUI I NOMI). In due, al momento, sono sfuggiti alla cattura, rimarca il procuratore Bombardieri.
L'inchiesta
L’inchiesta ottiene una prima importante svolta nell’aprile del 2017, grazie alle dichiarazioni di alcuni noti collaboratori di giustizia che svelano come la cosca Brandimarte-De Maio non sia attia solo nel settore del narcotraffico. «Le dichiarazioni hanno permesso di radiografare condotte tipiche della signoria sul territorio – spiega il procuratore aggiunto Gaetano Paci – tipica delle organizzazioni mafiose».
Insomma, se il “core business” di questo gruppo criminale rimane sempre e comunque il narcotraffico, è pur vero che le contestazioni prevedono anche estorsioni e danneggiamenti, avendo la cosca la disponibilità di armi da fuoco. Ma non solo: il controllo sul territorio era asfissiante anche perché decidevano loro quali iniziative economiche e commerciali dovevano insistere e in che modo. Paci rimarca un aspetto strategico: «Avevano rapporti con altre ‘ndrine storicamente affermate sul territorio, non solo con i Molè, attorno a cui hanno fatto da cosca satellite, ma anche cosche come i Pesce ed i Cacciola. Ci sono una serie di episodi che documentano come anche in tema di usura avessero il piglio tipico delle cosche».
Chi ha seguito da vicino ogni passaggio dell’inchiesta è il dirigente del commissariato di Gioia Tauro, Diego Trotta. Investigatore navigato, con un lungo e titolato passato nella Squadra mobile, Trotta ha confermato nuovamente la sua attitudine particolare alle investigazioni che sanno coniugare i tratti tradizionali degli appostamenti e delle attività info-investigative con arresti in flagranza, con quelli più recenti, come l’utilizzo di intercettazioni di varia natura. E così si scopre che l’inchiesta prende le mosse il 5 aprile del 2017, a seguito di un controllo effettuato su un fondo sito a Gioia Tauro, nella proprietà della moglie di uno degli indagati. «È lì – sottolinea Trotta – che rinveniamo un ingente quantitativo di sostanza stupefacente e di armi. Da quel momento puntiamo l’attenzione sugli esponenti della cosca De Maio».
Lungomare e marina enclave della 'ndrina
Ci mettono poco tempo gli investigatori a scoprire una verità che disegna una nuova geografia criminale: i quartieri della Marina di Gioia Tauro e la zona del lungomare sono una vera e propria “enclave” della consorteria ‘ndranghetistica dei Brandimarte-De Maio. Non una mera piazza di spaccio, ma una roccaforte dove stabilire la sede principale dei propri affari. «Vi era una presenza diuturna dei vertici della cosca – racconta Trotta – che rimanevano sulle strade per ore, intenti a conversare fra loro, ma anche all’interno delle attività commerciali a loro riconducibili, ricevendo in modo riservato emissari di altre consorterie». Si tratta di summit finalizzati a stabilire le strategie criminali. È lì che si saldano i legami con gli esponenti delle cosche più potenti.
Del resto, come rimarcato dal procuratore Bombardieri prima e dall’aggiunto Paci dopo, la famiglia Brandimarte non è certo l’ultima arrivata nel panorama ‘ndranghetistico della Piana di Gioia Tauro. Dopo la nota faida con i Priolo, i Brandimarte hanno dimostrato di avere non pochi collegamenti anche all’interno del Porto di Gioia, circostanza che «li ha posti da sempre in una condizione privilegiata per potersi inserire nel giro del grande traffico internazionale». Una famiglia abile ad intessere legami e relazioni sul territorio: «Hanno assunto un ruolo di rilievo – conclude il procuratore Bombardieri – anche in ragione dell’indebolimento, in alcuni momenti storici, delle cosche che insistevano da prima». Ciò, ovviamente non può e non deve far pensare che i Brandimarte-De Maio fossero dei “cani sciolti” senza alcun tipo di collegamento con le consorterie egemoni, come i Piromalli. Ma si tratta di famiglie federate, di realtà satellite in grado di gestire ed approvvigionarsi di stupefacente ed armi con una certa facilità. Un gruppo criminale che ha cannibalizzato la zona marina di Gioia Tauro e che oggi è stata disarticolata dopo tre anni di serrate indagini.