VIDEO | Il procuratore facente funzioni della Dda di Catanzaro ha illustrato in conferenza stampa i dettagli dell'operazione che ha portato a 142 misure cautelari. L'indagine un «naturale sviluppo di Reset»
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«Un'organizzazione che si muoveva in modo molto diffuso e capillare sul territorio. Per lo spaccio venivano utilizzati anche i bambini e ogni attività sottobanco era punita dal gruppo al vertice, sia con sanzioni di tipo pecuniarie sia con punizioni fisiche». Il procuratore facente funzioni della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, parla così a proposito della presunta associazione a delinquere di stampo mafioso finita al centro dell’indagine che questa mattina ha portato a 142 misure cautelari a Cosenza e provincia. Sono 109 le persone finite in carcere, 20 ai domiciliari. Il gip ha emesso, inoltre, 12 obblighi di dimora a carico di altrettanti indagati ed una misura interdittiva. Al centro dell’inchiesta, il narcotraffico.
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«Le misure cautelari hanno riguardato una parte dei soggetti che non erano stati interessati dall’ordinanza di custodia cautelare relativa al procedimento penale Reset, di cui l’indagine odierna è un naturale sviluppo», ha detto Capomolla in conferenza stampa a Catanzaro, nell’illustrare i dettagli dell’operazione.
La lente degli investigatori – carabinieri, polizia e Guardia di finanza – si è focalizzata soprattutto sul traffico di droga e in particolare sull’«organizzazione che ha il monopolio nella gestione del mercato della sostanza stupefacente nell'area cosentina». Un sistema, ha aggiunto il procuratore, «controllato dalla ‘ndrangheta, per cui la gestione del traffico di droga era appannaggio solo dei soggetti che erano autorizzati dalla organizzazione ‘ndranghetistica. La stessa commercializzazione della droga era uno strumento per la ‘ndrangheta per il controllo del territorio e per avere quell’“humus” nell’ambito del quale poi portare avanti ad esempio le estorsioni». Estorsioni che «hanno continuato ad asfissiare le attività economiche del posto, sia per quanto riguarda i titolari di esercizi commerciali, sia per quanto riguarda i titolari di imprese impegnate in lavori nel territorio di Cosenza».
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Le indagini hanno riguardato anche i canali di fornitura della droga: «Erano consolidati e collaudati nel tempo - ha proseguito Capomolla - e riguardano prevalentemente i rapporti con la provincia di Reggio Calabria, sia per quanto riguarda il versante tirrenico che quello ionico, tant'è che alcuni soggetti interessati dalla misura cautelare hanno il loro ambito di operatività proprio nella provincia di Reggio».
Il questore Cannizzaro: «Organizzazione azzerata»
«Si tratta di una operazione complessa ma ben organizzata», ha aggiunto il questore di Cosenza Giuseppe Cannizzaro. «Il coordinamento assicurato dalla Procura della Repubblica ha assicurato una perfetta sinergia di forze, di attività complesse svolte dalle varie articolazioni che hanno permesso di mettere insieme il quadro indiziario. Va evidenziato l'azzeramento di una organizzazione che svolgeva un approvvigionamento sul territorio di Cosenza di enormi quantitativi di sostanze stupefacenti e contestualmente aver assicurato un ritorno alla normalità e alla sicurezza, togliendo dalla strada droghe la cui diffusione si ripercuote sulla serenità dei nostri ragazzi e dei cittadini».
Le parole del comandante dei carabinieri Spoto
«Le attività di spaccio venivano tassativamente regolate dal gruppo verticistico che poi diramava i suoi ordini alle minori articolazioni» ha poi spiegato Agatino Spoto, comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza. «Tutto veniva deciso dall'alto a partire dal canale di approvvigionamento per i diversi tipi di sostanza stupefacente e c'erano canali esclusivi, solo quelli dovevano essere utilizzati. Le cosiddette piazze di spaccio erano diffuse in tutta la città, tutto ciò che erano i proventi illeciti dovevano essere versati in un unico contenitore che doveva essere utilizzato per ulteriori attività illecite o per il reinvestimento nell'acquisto di altra sostanza».
Dell'Anna (Finanza): «Cosenza non è un'isola felice»
«Un'attività complessa che ha coinvolto non solo il nucleo economico finanziario della Guardia di Finanza di Cosenza ma a cui ha collaborato anche lo Scico e il Gico di Catanzaro», ha infine rimarcato il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza Giuseppe Dell'Anna. «Quindi è stata una attività sinergica. Come sempre colpisce la spregiudicatezza di queste organizzazioni nelle attività di commercio e approvvigionamento delle sostanze stupefacenti. Cosenza per molti anni è stata considerata una isola felice, si sapeva che ci fosse la criminalità organizzata ma non si immaginava fosse così invasiva e pervasiva. Queste ultime operazioni evidenzia come isola felice non sia».