“Il palermitano” faceva parte della cosca Martello di Paola ed era ricercato dall’11 novembre del 2020, giorno in cui riuscì a segare il braccialetto elettronico per darsi alla fuga
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È durata poco meno di tre anni la fuga di Salvatore Crivello, uno dei pochi latitanti della ‘ndrangheta cosentina ancora in circolazione. Il 43enne, nom de crime “Il palermitano”, è stato rintracciato e tratto in arresto a Keitum, in Germania. Dovrà scontare l’ergastolo perché riconosciuto colpevole di un omicidio consumato a Paola nel 2003. L’uomo era stato condannato in via definitiva l’11 novembre del 2020 nell’ambito del maxiprocesso “Tela del ragno”, ma riuscì a sottrarsi all’arresto, dandosi alla macchia in circostanze più che rocambolesche.
Quel giorno, infatti, la notizia della sentenza lo raggiunge a casa sua, in provincia di Venezia, dove si era trasferito già da diversi anni per rifarsi una vita, entrando addirittura a far parte dei Lagunari. In precedenza, invece, era stato un soldato del clan guidato a Luciano Martello e, per questo motivo, era sospettato di aver preso parte all’uccisione di Pietro Serpa, esponente del gruppo rivale. Anche lui, dunque, nel 2013 finisce nella rete della Dda di Catanzaro che, in quel periodo, indaga su svariati omicidi di mafia commessi sul Tirreno cosentino dagli anni Settanta fino ai giorni nostri.
Finisce in carcere insieme a decine di persone, e dopo un periodo trascorso ai domiciliari, torna in cella a seguito della sentenza d’Appello che decreta per lui il fine pena mai. Riesce a ottenere di nuovo la concessione della detenzione domestica, stavolta con il braccialetto elettronico, e così a novembre del 2020, attende a casa sua la pronuncia del verdetto definitivo. Il giudizio non cambia, ragion per cui per lui si profila un ritorno dietro le sbarre, ma le cose andranno diversamente.
“Tela del ragno”, 11 ergastoli per i clan del Cosentino
Quando i carabinieri si presentano al suo domicilio per rendere esecutivo il verdetto, di lui non c’è più traccia. Il braccialetto elettronico che portava alla caviglia viene trovato, segato a metà, nella campagna veneta. Crivello se n’è sbarazzato per dare avvio alla sua latitanza, interrotta poche ore fa a seguito di un’operazione congiunta dei carabinieri e della polizia tedesca.
All’epoca, decisive per accertare il suo coinvolgimento nell’omicidio, furono le dichiarazioni dei pentiti Ulisse e Giuliano Serpa nonché quelle di un testimone che si trovava in compagnia della vittima al momento dell’agguato. Quest’ultimo, in un primo momento, disse di non aver visto in volto i sicari poiché muniti di passamontagna, ma durante il processo cambiò versione puntando il dito proprio contro Crivello e contro Gennaro Ditto, altro esponente della mala paolana con cui, in quel periodo, “Il palermitano” faceva coppia fissa.
Sempre i collaboratori di giustizia, raccontano anche di un tentativo di vendetta ordito nei suoi confronti da Nella Serpa, la sorella di Pietro. Nel giorno prestabilito, però, i sicari da lui inviati per regolare i conti con Crivello non avrebbero completato la missione in quanto il bersaglio designato era in compagnia del figlioletto.