Il procuratore Capomolla ha illustrato i dettagli dell'inchiesta che ha portato questa mattina a 14 arresti. Emersi i legami fuori dalla Calabria, dove il gruppo criminale agiva attraverso intimidazioni, estorsioni e altre attività illecite: «Affari in Abruzzo, Piemonte e Svizzera»
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È stato il procuratore di Catanzaro facente funzioni Vincenzo Capomolla a illustrare, nel corso della conferenza stampa convocata per questa mattina, i dettagli dell’indagine che ha portato all’arresto di 14 persone (13 in carcere, una ai domiciliari) per associazione mafiosa e altri gravi reati connessi. Ventisei in tutto gli indagati.
L’operazione | Blitz antimafia nelle Preserre vibonesi: 14 arresti. Omicidio ed estorsione tra i reati contestati - NOMI
Capomolla ha parlato di «’ndrangheta radicata nelle Preserre vibonesi, in particolare inserita nella cosiddetta locale di Ariola che controlla una serie di paesi dell’area: Acquaro, Dasà, Dinami e Gerocarne». Una locale, ha sottolineato il procuratore, già nota agli inquirenti perché interessata in passato da altre vicende giudiziarie: «Cito per tutti il procedimento denominato “Luce nei boschi”».
La nuova indagine che ha portato al blitz di questa mattina ha permesso di inquadrare, ha spiegato Capomolla, «l’assetto attuale di questa associazione all’esito anche dei conflitti determinati nell’ambito di quel contesto di ‘ndrangheta che hanno portato a una serie di vicende omicidiarie, una delle quali è anche oggetto dell’ordinanza di misura cautelare eseguita oggi». Il riferimento è al triplice omicidio del 2003 noto come “strage di Ariola”, che ha coinvolto i gruppi criminali che si contendevano l’egemonia nel territorio. «Quello oggetto dell’ordinanza di oggi è il gruppo che poi ha prevalso, anche alla luce di questa vicenda omicidiaria», ha precisato il procuratore.
Una struttura di 'ndrangheta «aggressiva, arcaica, predatoria». Così è stata definita dal comandante provinciale dei carabinieri di Vibo, Luca Toti, la locale di Ariola. Misure cautelari sono state applicate ai presunti esponenti di vertice della cosca Maiolo, egemoni sul territorio di Gerocarne dopo lo scontro tra articolazioni della stessa associazione sfociata nell'ottobre del 2003 proprio nel triplice omicidio di Ariola.
Agli arresti anche i presunti autori e i mandanti di quel delitto, avvenuto con modalità cruente. Quattro le persone raggiunte da una pioggia di proiettili calibro 12, ben 14 quelli esplosi contro esponenti del gruppo concorrente, tre i morti.
Una locale particolarmente pericolosa, secondo quanto riferito in conferenza stampa, perché dotata di armi da guerra e clandestine.
L’indagine ha visto la «eccellente opera di cooperazione» tra i carabinieri del Ros e quelli del Comando provinciale di Vibo Valentia. Cooperazione necessaria, ha evidenziato Capomolla, «perché si tratta di un’associazione che presenta proiezioni anche in altre regioni d’Italia, tant’è che alcune attività di indagine sono partite proprio da regioni che tradizionalmente sono fuori dal circuito che viene ricondotto alla ‘ndrangheta, mi riferisco in particolare all’Abruzzo e al Piemonte».
«Queste proiezioni – ha proseguito il procuratore – si sono manifestate attraverso una serie di iniziative anche di carattere economico per le quali l’organizzazione si è avvalsa della collaborazione di soggetti stanziati in quei territori, riconducibili sia a contesti imprenditoriali sia a contesti criminali legati al traffico di sostanze stupefacenti, che sono serviti come trampolino di lancio per l’inserimento della stessa organizzazione in quelle regioni, in particolare in Abruzzo».
A proposito invece delle proiezioni piemontesi, Capomolla ha spiegato che «si sono espresse attraverso una serie di condotte intimidatorie per garantire dei benefici, anche legati a vendite immobiliari di soggetti vicini a questo contesto criminale. E poi tutta una serie di attività di estorsione e concorrenza illecita che servivano per assicurare la penetrazione nel mercato dei prodotti alimentari o delle materie prime per la realizzazione di prodotti caseari che venivano forniti da soggetti legati all’organizzazione».
Le proiezioni fuori dalla Calabria sono arrivate però anche oltre i confini italiani. Di qui l’attività di cooperazione internazionale, in particolare con le autorità elvetiche, e la costituzione di una squadra investigativa comune «che ha consentito di approfondire alcuni contatti con soggetti che gravitano in contesti mafiosi calabresi ma che si trovano in territorio elvetico».