Le intercettazioni finite nell'inchiesta Pecunia olet dimostrerebbero come la cosca di Rosarno gestisse alcuni lavori fra intimidazioni e subappalti anche all'interno del grande terminal
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«Spartiamo sempre tra Gioia e Rosarno, nella banchina, le cose del porto, là è San Ferdinando gli ho detto io, quando è dentro Gioia spartiamo perché là tocca a noi, e a San Ferdinando a voi non vi tocca gli ho detto io». È il 19 ottobre del 2017, quando Antonino Pesce (classe ’93) ha uno sfogo con Salvatore Ferraro. Il giovane rampollo della famiglia di ‘Ndrangheta di Rosarno si sfoga parlando in modo risentito nei confronti dell’omonimo cugino, responsabile di non ricompensarlo adeguatamente per i servizi prestati, così come per il traffico di droga. Ed è proprio in questo contesto che gli investigatori scoprono che la cosca Pesce, unitamente ai Piromalli, aveva messo anche le mani su alcuni lavori all’interno dell’area portuale di Gioia Tauro attraverso un sistema di subappalti per i quali – come riferito dallo stesso Procuratore capo, Giovanni Bombardieri, l’autorità portuale di Gioia Tauro risulta del tutto estranea, tanto da non entrare mai nell’inchiesta. L’orecchio attento delle forze di polizia si posa proprio su quella frase buttata lì: «Nella banchina, le cose del porto».
La programmata intimidazione
Già da tempo, per la verità, la Squadra mobile di Reggio Calabria monitorava ciò che accadeva all’interno del porto di Gioia Tauro. Sin dall’inizio di agosto 2017, infatti, una fonte istituzionale aveva riferito della programmazione di un atto intimidatorio attraverso il danneggiamento, mediante incendio, di mezzi da lavoro parcheggiati fuori dal porto, in prossimità del varco doganale, ai danni di una ditta non meglio precisata della zona di Cosenza, impegnata proprio nell’esecuzione di lavori pubblici nell’area portuale. Gli accertamenti successivi portarono a verificare effettivamente la presenza di un cantiere nell’area denominata “Ex Isotta Fraschini”, per la realizzazione di un capannone industriale, i cui lavori erano affidati alla Costruzioni Procopio srl. Oltre a tale cantiere, tra il porto e la prima zona industriale, vi era la presenza di un secondo cantiere, per la realizzazione di un terminal intermodale, i cui lavori erano stati affidati alla Sogemar spa e da quest’ultima, ad una associazione temporanea di imprese costituita dalle ditte Surardi spa/Ventura costruzioni ferroviarie srl. Il monitoraggio portava a notare la presenza di mezzi sia della Suardi spa che della ditta “Costruzioni Perrone”, specializzata in grandi opere.
Dalla verifica ulteriore dei mezzi presenti in area portuale, emergeva anche la presenza di mezzi della “Impresig srl”, il cui rappresentante è Simone Zito, fratello di Giuseppe e nipote di Giuseppe Perrone. Dalle valutazioni del giudice, in merito alla contemporanea presenza delle due ditte, Impresig e Perrone, occorre precisa come entrambe fossero riconducibili a Giuseppe Perrone, il quale, nel corso di un dialogo intercettato, riferiva di avere una delega notarile per entrambe le società. Ma non solo. In un’altra intercettazione riguardante Guglielmo Suardi, viene fuori come lo stesso vedesse come suoi interlocutori Andrea Loiacono (dell’impresa Loiacono) e Giuseppe Perrone, pur essendo le aziende subappaltatrici intestate ai nipoti rispettivi.
Le richieste alla ditta Perrone
Passano i mesi, ma non l’interesse delle cosche verso i lavori nell’area portuale. È il 19 febbraio 2018, quando sempre Antonino Pesce incontra Francesco Giovinazzo, nipote di Salvatore Copelli, al quale riferisce un’imbasciata per conto del cugino omonimo classe ’92: bisogna «mandare a chiamare” Perrone per intimargli di mandare qualcosa in settimana senza perdere tempo. Chiaro il riferimento al titolare della Costruzioni Perrone srl che stava eseguendo i lavori in ambito portuale. Lui avrebbe dovuto corrispondere il pagamento del pizzo. L’interlocutore fa presente che, però, il cantiere appare chiuso. Il motivo? Nel frattempo alla ditta Perrone era giunta una interdittiva antimafia, poi revocata dal Tar.
Il pagamento della mazzetta
Si arriva al 23 agosto del 2018, quando una intercettazione fra Antonino Pesce e Pasquale Loiacono chiarisce come la richiesta estorsiva all’imprenditore sia andata a buon fine.
Pesce: Eh, a me lo dici! Pasquale, Pasquale, Pasquale sei mesi! Io mi sono scannato con Perrone...sei mesi...l 'altro giorno...!' ho acchiappato-(inc)..."ti faccio il buco del culo cosi - gli ho detto io - entro domani voglio i soldi"...nemmeno una settimana è passata, l'ho richiamato: "minchia il giorno dopo subito te li abbiamo mandati, Nino!" ha detto. Come il giorno dopo subito! Ho chiamato a lui e gli ho detto: "oh Nino andiamo a portare i soldi ... ( ine) . . . che ce l’hanno mandati!" Ha detto: "quali soldi? “Quelli… (inc) ... sono sei mesi che mi scanno con Perrone. Ha detto: "siamo andati da mio fratello Rocco!". Ah! Siamo andati da mio fratello Rocco! - gli ho detto - e non me lo dici! Così ragioni tu! E perché io mi sono fatto mai il problema se tu mi dicevi: "mi servono a me e non me ne fotte di niente!". Quando mai! Chi gliel'ha fatto il battesimo a quell'altro? ... al gemello... chi gliel'ha fatto? Lui che sta facendo per cento perché glieli abbiamo dati? A chi? Non mi interessa, io la coscienza ce l'ho pulita. la coscienza era la sua se al posto di quei mille ne aveva altri duemila, sono cazzi suoi, noi glieli abbiamo dati, noi non siamo rimasti indietro.
Loiacono Pasquale: Il dovere tuo l'hai fatto!
Pesce: Basta! E io non ho un euro a casa... ma io queste cose non le guardo...non le guardo perché se tu domani devi fare il matrimonio...o il compleanno...o una cosa e devono rientrarci...cento euro...tu sei padrone di tutti i cento euro...pure che ce l'hai...pure che ce l'hai...ti arriva una mano dalla famiglia...no il cazzo che dici tu...devo lottare con lui pure, ma stiamo scherzando! Sempre ragazzino resta, sempre ragazzino è rimasto lui! Lo vedi là, come gli arriva la telefonata scappa...che gli devo dire? Io per questo mi arrabbio ... lui è uscito ed è convinto ancora che siamo ragazzini. ..cioè è convinto che ancora siamo ragazzini. Non ha capito che siamo cresciuti e che abbiamo certe responsabilità...adesso che non c'è nessuno! Che gli schiaffi crescono se no!