Il pubblico ministero della Dda di Milano, Bruna Albertini, ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di 44 persone e nove società, tutti, a vario titolo, imputati in una grossa inchiesta che vede coinvolte, in una presunta associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso, le grandi società appaltanti della Rete ferroviaria italiana, imprenditori e il gruppo cutrese Aloisio-Giardino. C’è una grossa fetta di Calabria in questa inchiesta che vede coinvolti noti imprenditori originari del Tirreno Cosentino e teste di legno riconducibili, secondo l’accusa, alle cosche Arena e Nicoscia di Isola Capo Rizzuto. Intorno alle grandi società orbiterebbero società satellite, in odore di mafia, col compito, tra l’altro, di reclutare manodopera a basso costo dalla «Calabria Saudita», come è stata definita la regione in una intercettazione. Ma procediamo con ordine.

Richiesta di rinvio per 44 persone

È stato chiesto il rinvio a giudizio per Alfonso Aloisio, 36 anni, di Isola Capo Rizzuto; Antonio Aloisio, 47 anni, di Isola Capo Rizzuto; Francesco Aloisio, 42 anni, di Isola Capo Rizzuto; Maurizio Aloisio, 55 anni, nato a Crotone e residente nel Varesotto; Maurizio Aloisio, 45 anni, di Isola e residente nel Varesotto; Francesco Catizzone, 33 anni, di Isola Capo Rizzuto; Andrea Cenedese, 42 anni, di Trevisto; Luigi Cenedese, 72 anni, di Treviso; Francesco Ferraro, 41 anni, di Isola Capo Rizzuto; Pasqualino Geraldi, 31 anni, di Isola Capo Rizzuto; Alfonso Giardino, 48 anni, di Isola e residente in provincia di Verona; Domenico Giardino, 67 anni, di Isola Capo Rizzuto; Domenico Giardino, 40 anni, di Crotone, residente a Verona; Marco Giardino, 29 anni, di Isola Capo Rizzuto; Stefano Giardino, 35 anni, di Isola Capo Rizzuto; Vincenzo Giardino, 37 anni, di Isola Capo Rizzuto e residente in provincia di Verona; Federico Giudici, 72 anni, di Malengo (Bs); Mario Pasquale La Porta, 38 anni, di Crotone e residente a Genova; Angelo Mancuso, 43 anni, di Crotone, residente nel Varesotto; Santo Manoli, 70 anni, di Regalbuto (En); Antonio Marchio, 52 anni, di Isola Capo Rizzuto; Rosario Morelli, 80 anni, di Trepuzzi (Le); Gianluigi Petrocca, 31 anni, di Isola Capo Rizzuto; Nicola Pittella, 43 anni, di Isola Capo Rizzuto; Carmine Pizzimenti, 30 anni, di Isola Capo Rizzuto; Giuseppe Ranieri, 42 anni, di Isola Capo Rizzuto; Maria Riillo, 33 anni, di Isola Capo Rizzuto; Domenico Riillo, 38 anni, di Isola Capo Rizzuto; Roberto Riillo, 28 anni, di Isola Capo Rizzuto; Alessandro Rossi, 63 anni, di Roma; Edoardo Rossi, 61 anni, di Roma; Luigi Taverna, 28 anni, di Isola Capo Rizzuto; Leonardo Taverna, 32 anni, di Isola Capo Rizzuto; Tiziano Tolli, 51 anni, di Tagliacozzo (Aq); Maria Antonietta Ventura, 56 anni, residente a San Lucido (Cs); Pietro Ventura, 58 anni, residente a Roma; Leonardo Villirillo, 57 anni, di Crotone; Simone Camponeschi, 51 anni, di Roma; Enrico Peola, 54 anni, di Alassio (Sv); Giuseppe Nicolini, 54 anni, Formigine (Mo); Vittorio De Rosa, 71 anni, di Caserta; Marcella Ventura, 57 anni, di Lecce; Alessandra Ventura, 60 anni, di Lecce; Marcello De Pascalis, 57 anni, di Mastrano (Le).

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Chiesto il rinvio a giudizio anche per le società coinvolte: Armafer del dr Michele Morelli srl, con sede a Lecce; Gcf Generale Costruzioni Ferroviarie spa, con sede a Roma; Gefer spa, con sede a Roma; Salcef spa, con sede a Roma; Euro Ferroviaria srl, con sede a Roma; Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie srl, con sede a Roma; Fersalento srl, con sede a Lecce; Cenedese spa, con sede a Silea (Tv); Globalfer spa, con sede a Caserta.

La Dda di Milano ha riconosciuto quali persone offese Rete ferroviaria italiana spa; Agenzia delle Entrate di Milano e Varese; Fallimento Marta Costruzioni srl e Fallimento Alfer srls.

Il processo resta a Milano

Nel corso dell’udienza preliminare il gup ha rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale che era stata sollevata da alcuni avvocati che ritenevano che la sede naturale del procedimento fosse Crotone e la competenza spettasse alla Dda di Catanzaro. Resterà a Milano, dunque, il processo che vede coinvolto, con un ruolo niente affatto secondario il gruppo Aloisio-Giardino.
Lo scopo dell’associazione, secondo la Dda di Milano, sarebbe stato quello di monopolizzare l’aggiudicazione delle commesse per i lavori di armamento e manutenzione della rete ferroviaria italiana dividendo il territorio italiano in «aree di competenza».

Le numerose società orbitanti intorno agli Aloisio-Giardino

Il gruppo Aloisio-Giardino avrebbe fatto la propria parte attraverso «le numerosissime società a loro riconducibili ma fittiziamente intestate a prestanome, questi ultimi con solidi ed attuali collegamenti con le storiche famiglie di ‘ndrangheta» ovvero gli Arena e i Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, tutte a loro volta alleate con la cosca Grande Aracri di Cutro.

Compito di queste società sarebbe stato il reclutamento in Calabria «della pressoché totale “forza lavoro” necessaria ad eseguire i lavori» di armamento e manutenzione della rete ferroviaria italiana.
Questa associazione criminale avrebbe commesso una indeterminata serie di reati «di natura fiscale bancarotte, riciclaggio/autoriciclaggio, ma anche somministrazione fraudolenta del lavoro, sfruttamento dei lavoratori.

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Il ruolo contestato agli Aloisio e ai Giardino

Ad intrattenere i rapporti con le grandi società di appalti di Rfi sarebbero stati i cugini Maurizio (45 anni) Francesco e Antonio Aloisio, a loro volta amministratori di società intestate a prestanomi.
Alfonso e Antonio Aloisio sono stati condannati con sentenza del 2 aprile 2024, della Corte d’Appello di Milano, quali partecipi dell’associazione, mentre per Maurizio e Francesco è stata confermata la sentenza del gip di Milano del 16 gennaio 2023 che li condannava quali organizzatori e promotori dell’associazione.

Anche Alfonso, Marco e Stefano Giardino sarebbero soci occulti di una serie di società «sempre intestate a prestanomi operanti analogamente e sinergicamente con quelle dei cugini Aloisio» di cui sono stretti collaboratori «e con i quali condividono e si spartiscono i lavori di armamento e manutenzione della rete ferroviaria nel Nord -Centro e Sud Italia, tutti a loro “assegnati” dai medesimi clienti (Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie srl, CLF Bologna Fersalento srl e Globalfer spa, Centro Meridionale Costruzioni spa, Gefer spa; GCF spa)».

Il riciclaggio per occultare «la provenienza illecita» del denaro

Nel corso delle scorse udienze, come si è accennato, alcuni difensori hanno sollevato l’eccezione di incompetenza territoriale, soprattutto riguardo a un reato di riciclaggio che veniva considerato il delitto più grave, ancorché gravato dalle modalità mafiose e della transnazionalità, e dunque, secondo i difensori, la competenza per territorio andava individuata nel Tribunale di Crotone e conseguentemente nel gip distrettuale del Tribunale di Catanzaro.
Questo delitto vede coinvolti Francesco Aloisio, di Isola Capo Rizzuto; Francesco Ferraro, di Isola Capo Rizzuto; Gianluigi Petrocca, residente a Isola Capo Rizzuto; e Mario Pasquale La Porta, nato a Crotone e residente a Genova. Nelle vesti di amministratori di società avrebbero trasferito centinaia di migliaia di euro, tramite bonifico bancario, dai conti della società accesi in Italia a quelli di società slovacche al fine di occultarne la provenienza illecita.

Essendo il primo bonifico partito nel 2015 da Cutro, il reato, hanno affermato le difese, è da ritenersi consumato in Calabria e quindi di competenza della Dda di Catanzaro.

Il gup nella scorsa udienza ha, però, rigettato l’eccezione ritenendo che il delitto indicato dai legali non fosse il più grave e che l’aggravante mafiosa non fosse stata contestata a La Porta.

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«Ventura ha tutta la Calabria»

Tra gli imputati ci sono gli imprenditori, originari del Tirreno Cosentino: Maria Antonietta Ventura e Pietro Ventura. In una intercettazione Maurizio Aloisio afferma: «Ventura ha tutta la Calabria». Per i due imprenditori, a febbraio 2022, la Dda di Milano aveva chiesto i domiciliari ma il gip non ha accolto le richieste.
Sono accusati, in qualità di legali rappresentanti della Francesco Ventura spa (società che a dicembre 2022 è stata acquisita dal gruppo Salcef spa) di aver fatto parte dell’associazione per delinquere aggravata. La società era considerata, scrive la procura di Milano, «da lunga data punto di riferimento del gruppo Giardino-Nicoscia alle cui società Nicofer srl, C.F. srl, Linee Fer srl, “affida” secondo criteri preconcordati con i primi in particolare con Domenico Giardino, una serie di contratti di sostanziale sub-appalto “mascherato” intitolati “ distacco” finalizzati ad ottenere sistematica somministrazione di manodopera a basso costo accettando che la stessa non abbia le necessarie competenze professionali al fine di avere “garantiti” gli appalti da Rfi spa».

I reclutamenti dalla «Calabria Saudita»

In una intercettazione si parla di «reclutamento dalla “Calabria Saudita”». I lavoratori li scelgono le cosche e gli ingaggi portano pane ma non diritti.
Chi rivendica diritti rischia il pestaggio. A farne le spese è sempre l’anello più debole della catena. In questo caso gli operai. Perché sarebbero stati gli Aloisio, dice la Dda di Milano, a decidere «il numero degli operai da impiegare per ciascun cantiere, i tempi di esecuzione del lavoro, la sistemazione degli operai, le ore da retribuire e come retribuirle ( per esempio: gli straordinari da imputare invece a trasferte), la mobilità da un cantiere all’altro delle squadre, quando e se aumentare la retribuzione, impegnandosi quindi personalmente con i committenti prima ancora della sottoscrizione del contratto che sarà il prestanome a sottoscrivere per loro conto; reclutano personalmente o tramite persone di fiducia, gli operai da impiegare sui cantieri, per lo più facendoli venire da Isola Capo Rizzuto; prendono accordi con i committenti sull’importo delle fatturazione false aventi ad oggetto il nolo a freddo dei mezzi per compensare la retribuzione per i distacchi; costituiscono numerose società che hanno come unica finalità quella di somministrare fraudolentemente manodopera prive delle caratteristiche necessarie alla gestione di subappalti e perciò unicamente deputate ai cosiddetti distacchi per lo più intestate a prestanomi al fine di mascherare la reale riconducibilità a loro delle stesse; garantiscono la sicurezza sui cantieri e “spengono” qualsiasi protesta o rivendicazione operaia utilizzando “il cosiddetto metodo mafioso”».