Questa è la storia di terreni contesi e macchiati dal sangue di un boss, dello scontro su una montagna di soldi che porta alla rottura di un’alleanza criminale durata decenni. La storia dei terreni di Gioia Tauro dove sorge il grande parco commerciale Annunziata si sovrappone, secondo gli inquirenti, alla fine della storica alleanza tra i Piromalli e Molè. Un’alleanza che sembrava indissolubile, sugellata da matrimoni e alimentata da affari e potere.

Una storia -  proposta nell'ottava puntata di Mammasantissima - Processo alla 'ndrangheta - che pare concludersi l’1 febbraio 2008, quando un sicario in pieno giorno uccide a Gioia Tauro Rocco Molè, reggente dell’omonima cosca.

La presenza sul luogo del delitto dei magistrati della Dda reggina fa capire fin da subito che quel corpo crivellato di colpi all’interno di una minicar non è un uomo qualunque. È un padrino, un mammasantissima di una delle famiglie di ‘ndrangheta più potenti in Calabria. E il messaggio agli investigatori appare chiaro: l’equilibrio criminale che per decenni ha retto la città del porto non esiste più.

L’autore e il mandante di quell’omicidio restano ancora ignoti, ma per i magistrati dell’antimafia sembrerebbe chiaro il movente. Un’ipotesi investigativa che porta fino a quel lembo di terra posto all’uscita dell’autostrada e sul quale sorge il parco commerciale Annunziata. I contrasti per la gestione delle estorsioni potrebbero essere stati detonatore dell’omicidio.

A questo punto della storia che appare Alfonso Annunziata, imprenditore campano da anni trapiantato a Gioia Tauro che su quei terreni ha costruito un impero commerciale. Nel 2015 finisce in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti il terreno sarebbe stato acquistato dai Piromalli e intestato all’imprenditore. Annunziata avrebbe fatto lavorare alla costruzione dei diversi capannoni imprese legate alla cosca ed avrebbe periodicamente pagato una tangente anche alla cosca Molè per ottenere protezione.

Per la Dda di Reggio Calabria è un colluso, ma Annunziata nel corso del processo dichiara di essere vittima della ‘ndrangheta e non un partecipe.

L’imprenditore ammette di avere sempre pagato il pizzo. Nel 1987 una bomba nel suo negozio rende chiaro che senza pagare a Gioia Tauro non può lavorare. Fugge e torna a San Giuseppe Vesuviano, ma dopo poco rientra in città grazie alla concessione del boss Peppino Piromalli, al quale corrisponderà una tangente fino alla sua morte. Annunziata per decenni paga sia i Piromalli che i Molè. Un fiume di denaro versato ai due potenti clan fino al primo febbraio 2008, quando un killer ammazza Rocco Molè e in città a dettare legge rimane solo una cosca.