Non ci sarà verità giudiziaria, non di questo passo. Non avranno giustizia, così, le vittime e i loro cari. Non avranno giustizia, così, neppure gli imputati, che non è affatto detto siano colpevoli. Un lavoro investigativo laborioso e costoso, poi, quello prodotto dalla Procura di Vibo e dalla polizia giudiziaria, che rischia di andare a farsi benedire. Ciò perché aleggia lo spettro della prescrizione sul processo per la tragedia dell'alluvione che il 3 luglio 2006 ha provocato a Vibo e nelle sue frazioni tre morti, 90 feriti e danni per 200 milioni di euro.

Dopo oltre un anno e mezzo di stasi per mancanza di giudici, a oltre 2 anni dal rinvio a giudizio degli imputati e a 9 anni dai fatti contestati, a causa dell'anomala composizione del collegio giudicante il processo e' stato oggi rinviato al prossimo 30 aprile.

Così, dopo il via vai di giudici e rallentamenti dovuti alle solite ataviche problematiche che affliggono la giustizia vibonese e non solo, ,a prescrizione dei reati  si avvicina sempre piu'. Quindici gli imputati che rispondono, a vario titolo, di disastro, inondazione ed omicidio colposo, oltre all'omissione in atti d'ufficio. Parti civili i familiari delle vittime, 17 privati cittadini, il Wwf e Legambiente, che chiedono il risarcimento di un danno provocato dalla sinistra mano dell'uomo, che dagli anni '70 in poi, tra abusivismo edilizio, carenza di interventi di tutela dell'assetto idrogeologico, ha reso quello che un tempo era il Giardino sul mare, uno sfaciume pendulo – per dirla con Giustino Fortunato – inondato di acqua, fango e dolore nel giorno in cui dal cielo venne giù un diluvio.