Scaduti i termini cautelari in carcere saranno applicati il divieto di espatrio ed il divieto di dimora nelle province di Milano e Varese
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Tornano liberi per decorrenza termini cautelari ma con la misura del divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e divieto di dimora nelle province di Milano e Varese, i nove indagati finiti in cella un anno fa nell'ambito della maxi inchiesta "Hydra".
A due giorni dalla loro scarcerazione che avverrà a mezzanotte del 25 ottobre a causa della perdita di efficacia del provvedimento di custodia cautelare in carcere e dell'assenza dell'esercizio dell'azione penale da parte del pm, il gip di Milano Tommaso Perna accoglie la richiesta avanzata dalla Dda milanese, e dispone per i nove, «a partire dal momento della loro liberazione», la misura sostituiva a quella della custodia cautelare, ritenendo sussistenti «tutte le esigenze (...) già ravvisate nell'ordinanza originaria» di un anno fa. Anzi, sono rese ancor più pesanti dal recente riconoscimento da parte del Tribunale del Riesame «ulteriori e gravissime ipotesi di reato, tra cui in particolare l'associazione a delinquere» di stampo mafioso.
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Il provvedimento depositato nel pomeriggio, riguarda tra gli altri, Gioacchino Amico, ritenuto responsabile per traffici di droga ed estorsioni (in un caso aggravata dalla finalità mafiosa), e Massimo Rosi, presunto capo del locale di ‘ndrangheta di Legnano, anche lui figura centrale dell'inchiesta che ha portato a contrasti tra gli uffici requirenti e giudicanti per una diversa valutazione degli elementi di prova e della configurazione dei reati, in particolare una associazione mafiosa unitaria in Lombardia, in pratica un'alleanza per fare affari tra i componenti di Cosa Nostra, camorra e 'ndrangheta.
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Il giudice Perna aveva bocciato lo scorso anno 142 misure cautelari sulle 153 proposte dalla pm Alessandra Cerreti, della Direzione distrettuale antimafia guidata da Marcello Viola e Alessandra Dolci e aveva disposto gli arresti, eseguiti il 25 ottobre 2023, solo per 11 accusati (due poi sono tornati liberi) di reati come estorsioni e traffici di droga, anche con aggravante mafiosa, ma senza riconoscere l'ipotesi di una associazione mafiosa unitaria in Lombardia composta dagli esponenti delle tre mafie. Una visione diversa che ha portato a frizioni tra gli uffici del gip e del pm. Tale associazione è stata, invece, riconosciuta dal Tribunale del Riesame che ha depositato in questi giorni ordinanze accogliendo i ricorsi dei pubblici ministeri e che, si presume, verrà vagliata anche dalla Cassazione dopo le impugnazioni delle difese.Nel contenzioso “giuridico” tra uffici rientra anche la duplice presentazione dell'istanza di processo immediato per i nove avanzata dal pm e respinta dal gip "sulla scorta del decorso del termine di 180 giorni previsto" dalle norme. Cosa che ha portato alla “inesorabile” liberazione degli indagati che avverrà nella notte tra giovedì e venerdì prossimi.