VIDEO | Tra Cittanova, Gerace e Canolo si fanno i conti con la devastazione del fuoco. L'idea è quella di organizzare un sistema antincendio locale, creando delle vasche di acqua che abbattano il ricorso ai canadair
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Ferragosto tra timore e indignazione sull’altopiano dello Zomaro, devastato dagli incendi eppure meta di vacanzieri. I barbecue sono spenti, l’esodo verso la montagna sembra quello degli altri anni ma, all’incrocio di strade che uniscono Cittanova, Gerace e Canolo, chi si gode il fresco confessa: «C’è paura di nuovi incendi».
Degli oltre 11.000 ettari di boschi calabresi distrutti dalle fiamme, ben 221 ricadono nel territorio di Cittanova e 163 di questi sono compresi nel perimetro del Parco nazionale d’Aspromonte. «Quello che è successo è un dramma economico e ambientale - sostiene il sindaco Francesco Cosentino – e richiede uno sforzo di pianificazione e progettualità nuova». Già, il Parco qui sopra tiene ancora chiuso l’ostello e nel giorno della festa serrate sono le porte pure del Centro visite. Segni di un impegno istituzionale che fa i conti con le ristrettezze economiche, ma anche con scelte politiche che i cittadini criticano.
«Una volta in questa zona lavoravano 60 operai forestali – dice un anziano – poi lo Stato ha privatizzato tutto e oggi la società che gestisce i canadair prende 5.000 euro per ogni volo (in realtà questa cifra equivale al costo di una sola ora di volo, ndr). Se c’è qualcuno che ha interesse ad appiccare gli incendi, questi non sono di certo non gli operai». Al disegno criminale crede anche l’imprenditore Nino Cento. «La mattina del 6 agosto – spiega – mentre salivo a Zomaro mi sono accorto che all’altezza di una zona che noi chiamiamo Pontone erano visibili ben 6 incendi, manifestazione nitida di una regia precisa».
Nei pressi del laghetto qualcuno ha messo un cartello che recita: Ferragosto di lutto, la montagna è morta. Nel cuore del paese l’aria di festa è ancora spezzata dai mezzi dell’antincendio comunale, che tagliano il traffico grazie alle sirene, perché piccoli focolai sono ancora attivi. «C’è solo un modo per rendere il sistema antincendio autonomo dagli interessi dei privati – conclude Cento – e si tratta di investire per realizzare qui in montagna delle vasche perché l’acqua non manca e gli elicotteri potrebbero rifornirsi in loco. Il viaggio di un aereo allunga i tempi dello spegnimento, con in più l’aggravante che l’acqua che utilizza essendo marina danneggia le piante».