L'operazione scattata questa mattina vede 27 indagati, di cui 25 condotti in carcere. Rivelate dinamiche criminali che vedono le cosche reggine alleate e coinvolgono persone provenienti dalla comunità Rom. Il procuratore Bombardieri: «Nuovi modi di affiliarsi accanto ai rituali più antichi»
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Associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, usura. Queste i reati che la Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha contestato a 27 persone (di cui 25 in carcere), indagati attraverso un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, eseguita sin dalle prime luci dell’alba dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria nelle Province di Reggio Calabria, Agrigento, Cosenza, Messina, Milano e Roma che hanno proceduto anche al contestuale sequestro preventivo di un’imbarcazione, alcuni immobili, una società agricola, diversi terreni e varie autovetture.
Il nome dell’operazione, “Garden”, è stato inconsapevolmente suggerito dagli stessi indagati che – ha raccontato in conferenza stampa Bombardieri – nel trovare una microspia in un giardino avevano proprio ipotizzato che sarebbe scattata un’operazione dal nome “garden”. Quello di oggi costituisce, dunque, l’epilogo di una complessa attività d’indagine che ha confermato l’esistenza e l’egemonia del sodalizio criminale riconducibile alla cosca Borghetto-Latella operante nella zona sud della città nei quartieri di Modena Ciccarello e San Giorgio Extra.
Bombardieri: «Emerso il nuovo modo di relazionarsi delle cosche»
Diversi gli spunti offerti dall’inchiesta che, sottolineano gli inquirenti, è ancora in corso. «La capacità delle cosche di procurarsi armi ed esplosivi, con un potenziale anche elevato, non è una novità. Quello che abbiamo riscontrato oggi, accanto a rituali più antichi della ‘ndrangheta, in cui si parlava di assegnazione da parte dei vertici della cosca di “doti”, è un modo nuovo di relazionarsi della criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista, con gruppi di criminalità provenienti dalla comunità rom. Intanto non bisogna generalizzare parlando di comunità Rom – ha sottolineato il Procuratore -, ma di soggetti provenienti dalla comunità Rom, che erano costituiti in gruppi organizzati e che procedevano alle attività di spaccio e alla gestione di piazze di spaccio con l'autorizzazione e la benevolenza della cosca di 'ndrangheta a cui però riferivano in altro modo: con forniture di armi e con utilizzazione dei loro appartenenti in attività delittuose della cosca stessa».
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È questo, per Bombardieri, un modo nuovo di relazionarsi della ‘ndrangheta, anche perché fino ad oggi si era verificato ed accertato anche in via giudiziaria, l'appartenenza di singoli soggetti provenienti dalla comunità Rom, a cosche di ‘ndrangheta. Basta pensare all’indagine “Eracle” in cui ci sono state condanne definitive che lo accertavano.
Il patto federativo per “aiutarsi” a vicenda
Altro elemento importante di questa indagine è la conferma di quel patto federativo tra cosche cittadine che già aveva trovato accertamento nella fase di indagine di “Epicentro” e “Malefix”: «Già emergeva questa volontà di sedersi attorno a un tavolo da parte di tutte le cosche e interloquire sulle attività criminali da porre in essere e sulle strategie criminali che dovevano riguardare la città di Reggio Calabria. Oggi quegli elementi che erano stati già rilevati trovano un riscontro ulteriore nell’individuazione di soggetti che già in quell’indagine emergevano, come Cosimo e Gino a cui si faceva riferimento in quelle indagini, che sono stati identificati oggi per i fratelli Borghetto, e che quindi si ponevano all'interno di questo patto federativo con una propria autonomia criminale che riguardava un settore della città di Reggio Calabria».
Un altro elemento importante è stato quello che è emerso in relazione alla disponibilità delle varie cosche a fornire supporto finanziario ai detenuti anche di altre cosche. «Ci sono conversazioni che sono molto eloquenti su questo, ci sono dichiarazioni di collaboratori che riferivano su questo che sono state riscontrate proprio da questa intercettazioni, quindi una cassa comune che serviva per il mantenimento e la tutela di detenuti a prescindere dalla cosca di riferimento».
Bombardieri: «Denunciare è l’unica scelta possibile»
«Quello che noi diciamo sempre, e cioè che denunciare è l’unica scelta L'unica scelta che un imprenditore ha in una città come Reggio Calabria, trova conferma oggi in alcune conversazioni fra esponenti di spicco di organizzazioni criminali. Parliamo di esponenti di spicco che commentavano la scelta di alcuni imprenditori di denunciare e dicevano che bisognava stare alla larga da questi che secondo loro “se la cantavano”, usando proprio questa terminologia, e che potevano costituire un pericolo per l’organizzazione e che sottolineavano la necessità di trovare un modo nuovo, diverso, per approcciarsi e venire in contatto con gli imprenditori della città».
Ciò che è importante per Bombardieri è che passi il concetto dell’importanza della denuncia, perché lo Stato non lascia da sole le vittime della ‘ndrangheta: «L'importante - ha poi aggiunto - è invece coinvolgere la società civile, gli altri imprenditori a stare accanto a chi denuncia perché più si è, più imprenditori denunciano, e meno possibilità hanno di essere vittime delle attività criminali delle cosche di 'ndrangheta».
D’Alfonso: «Operazione a favore della sicurezza della città»
Soddisfatto dell’importante operazione anche il comandante regionale della Guardia di Finanza Gianluigi D’Alfonso. Partecipando alla conferenza stampa insieme al Procuratore aggiunto Walter Ignazitto, al comandante Provinciale, B. Maurizio Cintura, e al Comandante del Nucleo Polizia Economico-Finanziario di Reggio Calabria, Mauro Silvari D’Alfonso, ha sottolineato anche l’uso dei social da parte del sodalizio criminale: «I social vengono sempre di più utilizzati dalle organizzazioni criminali perché costituiscono un mezzo di comunicazione, ma anche un mezzo per venire in contatto con altri appartenenti alle organizzazioni criminali. Da questo punto di vista si fa quanto mai importante anche l’attività della guardia di Finanza per monitorare questi mezzi di comunicazione alternativi che diventano sempre più popolari e sempre più utilizzati anche dalla criminalità».
D’Alfonso si è detto particolarmente contento e orgoglioso di partecipare alla conferenza stampa, distribuendo meriti a chi ha eseguito l’operazione - sono stati messi in campo 350 militari e una trentina di baschi verdi, un elicottero e reparti del Nucleo di Polizia economico finanziario di Roma e Milano - nei confronti di una cosca che incideva con la sua attività criminale nella zona sud della città: «È un'operazione che va anche a favore della sicurezza dei cittadini della città di Reggio Calabria e quindi sottolinea la sensibilità dell'autorità giudiziaria e delle Forze dell'ordine come organi a tutela anche della sicurezza e delle attività degli imprenditori e dei cittadini onesti della città di Reggio Calabria».