Il presidente dell'associazione Don Vincenzo Matrangolo, attiva nei paesi arbereshe del cosentino nell'ambito dell'accoglienza, scrive al presidente Begaj: «Interdetti da questa decisione»
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«Nell’agosto 2018 l’allora Ministro dell’Interno, tal Matteo Salvini, prese in ostaggio oltre 177 persone, tra cui 27 minori non accompagnati, approdati sulle nostre coste, bloccandoli per giorni nel porto di Catania, e chiedendo che l’Europa se ne facesse carico. Il suo Paese, allora si dichiarò disponibile ad accogliere alcune famiglie, ma i profughi non arrivarono mai in Albania, in quanto la UE bloccò l’operazione. In quella occasione, da Arbereshe, avevo salutato con entusiasmo la presa di posizione di Edi Rama, che dimostrava l’umanità del popolo Shquipetaro, e che non aveva dimenticato lo sbarco della Vlora a Bari, avvenuto agosto l’8 agosto del 1991». Così Giovanni Manoccio, presidente dell’associazione Don Vincenzo Matrangolo, si rivolge con una lettera aperta al capo di stato albanese Bajram Begaj, commentando il protocollo d’intesa siglato dalla Premier italiana Giorgia Meloni con il primo ministro albanese Edi Rama.
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Accoglienza è nel nostro Dna
«Apprendo con dispiacere la notizia – prosegue nella nota - Nei paesi di etnia albanese, si sono sviluppati i migliori progetti di accoglienza dell’Italia intera. Nel 2010, da sindaco di Acquaformosa, decisi di aderire al Sistema pubblico dell’accoglienza, allora chiamato SPRAR, e dopo pochi anni tanti altri sindaci aderirono, declinando in positivo l’accoglienza dei paesi italo-albanesi. Di questa esperienza parlerei volentieri nel corso delle giornate della diaspora che si terranno a Tirana il 22 e 23 novembre prossimi. Oggi sono presidente di un’associazione che si occupa di accoglienza, quella pubblica, in otto paesi di origine arbreshe. Nel nostro Dna c’è quello dei profughi arrivati nel 1500 dall’Albania, ed è anche in memoria dei nostri antenati, accolti in Italia secoli fa, che nei nostri progetti SAI pratichiamo la buona accoglienza, quella osteggiata dall’attuale governo italiano».
Albania come Gran Bretagna
«La notizia dell’accordo tra l’Italia e l’Albania – sostiene ancora Manoccio - mi ha lasciato interdetto; la scelta del Governo Meloni contrasta con le direttive dell’Unione Europea, che ha una consolidata normativa in materia dei diritti umani e di accoglienza dei migranti. L’accordo con l’Albania è improntato, al contrario, a quella che è una vera e propria deportazione, e ricalca il modello che sta proponendo la Gran Bretagna, con la deportazione in Rwanda. La presidente del consiglio, Meloni, e il socio di minoranza, Salvini, stanno cercando di delegittimare proprio quel sistema pubblico di accoglienza, a cui molti sindaci arbereshe di Calabria hanno aderito, il SAI - Sistema di Accoglienza e Integrazione, a favore dei CAS - Centri di Accoglienza Straordinari, nel quale investono imprenditori senza scrupoli, che vedono nell’accoglienza solo un modo per fare affari, a discapito dei diritti delle persone accolte».
Offesi da questa scelta
«Con questa scelta, signor Presidente, lei offende anche i tanti sindaci arbereshe che non più di 7 giorni fa l’hanno accolta nei nostri paesi, e che nella maggior parte dei casi hanno scelto il sistema SAI, gestito da cooperative o associazioni del territorio. Nei nostri progetti SAI sono stati accolti, nel corso di questi anni, anche molti minori stranieri non accompagnati, provenienti dall’Albania, così come negli anni ‘90 abbiamo accolto i tanti profughi che fuggivano dall’Albania. Oggi – conclude Manoccio - le chiedo di non rendersi colpevole della deportazione di persone che cercano la libertà, così come la cercavano, non più di trent’anni fa, le persone che scappavano dal Paese di cui lei è oggi presidente».