È possibile considerare i flussi migratori una soluzione e non un problema? È ruotato attorno a questo interrogativo il dibattito promosso a Caulonia dalla cooperativa Pathos a conclusione del progetto Fami “Fra noi”. L’evento a più voci si è proposto di sviluppare il tema legato a un doppio bisogno, diventato anche il titolo di un commovente docufilm diretto dal regista Carlo Frascà: da una parte quello di chi fugge dalla propria terra d’origine di essere accolto e integrato, divenendo parte attiva del territorio che lo ospita; dall’altra quello di individuare risorse umane nel nostro Paese.

«Dove finisce l’accoglienza inizia l’integrazione – ha sottolineato Maria Paola Sorace, responsabile della cooperativa Pathos - che deve necessariamente passare anche attraverso il lavoro. Viviamo in una terra in ginocchio, che perde ogni giorno migliaia di giovani già formati. Oggi c’è un grido d’allarme, e non possiamo chiudere gli occhi e pensare che gli immigrati possano rappresentare un problema, ma una risorsa su cui investire anche insieme a chi è rimasto qui».

Partendo da questa base di discussione, sono stati messi in relazione dati relativi alle tre macro-aree in cui è divisa l’Italia. Questi, seppur con significative variabili, hanno fotografato la diffusa necessità di valorizzare e includere la straordinaria risorsa rappresentata da donne, uomini e bambini che cercano nel nostro Paese riscatto e futuro. Come Samiullah, fuggito un anno fa dall’Afghanistan e che adesso lavora nella Locride nel settore della ristorazione. «Penso che gli italiani mi abbiano aiutato tanto – è la testimonianza del giovane -, voglio continuare e studiare qui all’università, iniziare a lavorare qui e fare qualcosa per gli italiani e per tutti quelli che vivono qui».