*di Domenico Marino, Università Mediterranea, Reggio Calabria e Franco Laratta giornalista, già parlamentare

Quando è utile spararla grossa, torna di moda il Ponte sullo stretto. Un’opera presentata, ormai da un secolo, come la risoluzione di tutti i mali del sud… Soprattutto di Calabria e Sicilia.

"A volte ritornano" era il titolo di un libro di Stephen King, Maestro del Brivido. Non vi potrebbe essere commento migliore a questa notizia, se fosse confermata. 

Riaprire il dibattito sul Ponte sarebbe un’operazione, oltre che irrazionale e illogica, seriamente a rischio di ridicolo.

Si tratta chiaramente di un’opera inutile, irrealizzabile, del tutto inadatta ad affrontare il problema dello sviluppo del Sud, che anzi finirà per peggiorare l’attuale situazione, e addirittura di isolare la Calabria.

Il Ponte è un inutile spreco di denaro pubblico che tra l’altro produce un effetto di spiazzamento sugli altri investimenti.  

Le risorse del PNRR sono cospicue, ma non sono infinite. Investire sul Ponte significa precludere la possibilità di fare altri interventi infrastrutturali più urgenti e prioritari.  E non apparteniamo a quelli che dicono sempre no a tutto. Perché al contrario, noi vorremmo che si facesse prima tutto quello che manca, le opere veramente importanti per la Calabria, quelle infrastrutture che servono davvero, strade e autostrade sulla fascia ionica innanzitutto e poi collegamenti interne e ferrovie. Ma prima ancora, la priorità è quella mettere in sicurezza il territorio della nostra regione, ad altissimo rischio sismico idrogeologico. La Calabria frana, scivola sul mare, le scuole e gli edifici pubblici non resisterebbero ad un sisma simile quello del 1908, si muore in Calabria per un evento meteorologico un po’ più forte del solito, ma noi pensiamo che sia urgente costruire un faraonico quanto inutile ponte sullo stretto.

Vorremmo che si facesse prima tutto quello che precede e che porta al ponte, e non viceversa. Perché in questo modo assisteremmo ad uno spettacolo già visto: l’avvio di un’inutile cattedrale sul... mare, che assorbirebbe miliardi su miliardi, che nemmeno fra trent’anni se ne potrà vedere la conclusione. Anche perché non abbiamo capito di quale progetto si parli, quale opera si voglia realizzare, se è chiaro a tutti cheandrebbe ad impattare su un’area fra le più vulnerabili e ad altissima sismicità del mondo. Fra vulcani attivi e migliaia di sciami sismici.

Il Ponte è un annuncio perenne, che ha generato e continua a generare un considerevole impegno di spesa pubblica (improduttiva); che crea aspettative (più o meno lecite e anche illecite). Non è altro che uno specchietto per le allodole (o per gli allocchi!?) che per molti anni ha impedito che si programmassero interventi infrastrutturali vicini ai bisogni reali dei cittadini.

In un periodo di crisi e di sacrifici come quello che stiamo attraversando la gente non è più disposta a credere alle favole.

Il Ponte non solo non è una priorità per lo sviluppo delle due Regioni, ma è piuttosto un’opera inutile e ‘pericolosa’ che rallenta il processo di convergenza infrastrutturale del Mezzogiorno.