«La vicinanza delle istituzioni in questa giornata è per noi familiari molto importante. A distanza di 30 anni dalla scomparsa di papà e di Vincenzo, uccisi in modo così brutale, non è facile per noi accettare la loro assenza e quelle poche verità di cui siamo venuti a conoscenza. Sono, tuttavia, fiduciosa. Ho sempre creduto nella giustizia e sono certa che il tempo darà le risposte che noi familiari ancora cerchiamo». Ivana Fava aveva solo 8 anni quel 18 gennaio 1994, quando suo padre, l'appuntato scelto Antonino Fava restava ucciso con il collega, l'appuntato Vincenzo Garofalo, in uno scontro a fuoco, nell'adempimento del dovere. Ciò accadeva sull'autostrada A2 nel tratto reggino che precede lo svincolo di Scilla in direzione Reggio. 

Questa mattina Ivana, con il fratello Valerio Fava e la madre Antonia Anile, Andrea e Guglielmo Garofalo con la loro madre Patrizia Scano e le loro famiglie hanno presenziato alla solenne commemorazione del trentesimo anniversario del brutale assassinio dei loro papà, svoltasi tra Palmi e Scilla

Prima la santa messa presso la Cattedrale di Palmi officiata da Don Aldo Ripepi, cappellano Militare che poi ha benedetto la corona di alloro deposta sul cippo commemorativo sito sull’A2 km 420+850 nei pressi dello svincolo di Scilla, sede Sud, dove si consumarono i due assassinii. 

'Ndrangheta Stragista e il patto con Cosa Nostra

«Questa mattina non c'erano solo i carabinieri in servizio e quelli in congedo ma c'era anche la comunità di Palmi e le autorità del reggino a stringersi attorno ai familiari di Antonino Fava e Vincenzo Garofalo. Devono sentire la nostra vicinanza, devono sapere che i loro cari non sono morti invano. Abbiamo con loro fame di verità e giustizia e abbiamo fiducia nell'autorità giudiziaria che continuerà a fare luce sullo scellerato tra Ndrangheta e Mafia in cui questo gravissimo fatto di sangue si è consumato». Così il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, generale di Brigata Cesario Totaro.

«È importante ricordare il sacrificio di due servitori dello Stato barbaramente uccisi in questo tratto di autostrada trent'anni fa. Un fatto gravissimo da collocarsi in un frangente in cui vi era una strategia diversa, portata alla luce da processi ancora non completamente definiti. La memoria sia un monito per le giovani generazioni affinché siano consapevoli che il sacrificio di tanti servitori dello Stato è valso a garantire le nostre libertà». Così il procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri.

Del marzo dello scorso anno è la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria che ha condannato all'ergastolo, nell'ambito del processo 'Ndragheta stragista, l'ex boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto il capomandamento di Melicucco ed esponente della cosca Piromalli, quali i mandanti di questo barbaro duplice omicidio di Vincenzo Garofalo, nato a Scicli nel ragusano, e di Antonino Fava, nato a Taurianova nel reggino, accomunati dalla fedeltà all’Arma dei carabinieri e dall'altissimo senso del dovere.

La vicinanza dello Stato e il diritto alla verità

«Le istituzioni non hanno accantonato e non hanno smesso di cercare. Il processo 'Ndrangheta stragista ha iniziato a fare luce sull'omicidio di papà e Vincenzo, davvero molto particolare. Quindi questa commemorazione attesta che loro non sono morti ma vivono nei nostri ricordi nostri, nei volti delle persone che hanno voluto a loro bene e nell'impegno della magistratura e di tutte le forze dell'ordine che ogni giorno rischiano la loro vita per la nostra sicurezza». Ha sottolineato ancora Ivana Fava, figlia dell'appuntato scelto Antonino Fava.

Il coraggio dello Stato e il coraggio della cittadinanza 

«Credo sia doveroso questo tributo a uomini che, credendo nello Stato, hanno rinunciato ai beni supremi della vita e degli affetti familiari. A volte allo Stato sono richiesti atti di eroismo come questi e noi dobbiamo esserci. Ai cittadini chiediamo un'altra forma di coraggio quella di ricordare questi uomini, che per la libertà di tutti hanno perso qualcosa di unico, di non voltarsi dall'altra parte e di essere dei cittadini attivi», così la prefetta di Reggio Calabria, Clara Vaccaro. 

La medaglia d'oro al valor militare

Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che nel 1994 in visita a Reggio Calabria inaugurò la scuola Allievi Carabinieri alla loro memoria intitolata, conferì a entrambi la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria. Ecco le motivazioni per altro riportate nel pannello affisso accanto al cippo commemorativo prima dello svincolo di Scilla: «Capo equipaggio del nucleo radiomobile in area a elevata densità mafiosa, nel corso di predisposto servizio di controllo del territorio, intimavano in movimento l’alt ad autovettura sospetta. Fatto segno a reiterata azione di fuoco da parte dei malviventi che non arrestavano la marcia, li affrontavano con insigne coraggio e grande determinazione replicando con l’arma in dotazione finché, colpiti in più parti del corpo, si accasciavano esamine. Le successive indagini consentivano di arrestare gli autori, identificati in cinque pericolosi pregiudicati appartenenti ad agguerrita organizzazione criminosa, e di recuperare le armi e l’autovettura d’illecita provenienza utilizzate dai mafiosi. Fulgidi esempio di elette virtù militari e di altissimo senso del dovere spinto fino all’estremo sacrificio. Scilla (RC) Autostrada A/3 Sa/Rc 18/01/1994».