Era affetto da adrenoleucodistrofia, una malattia rara e degenerativa che colpisce il sistema nervoso. Dal 22 agosto era ricoverato all'ospedale di Rossano e negli ultimi giorni le sue condizioni si erano aggravate in modo irreversibile
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Per chi ha avuto modo di conoscere lui e la sua famiglia, il fatto che Emanuele De Bonis non ci sia più è qualcosa di surreale e inaccettabile, si fa fatica a credere che sia vero. La sua è una storia di forza, di coraggio, di amore, di ordinaria straordinarietà, ma anche di grande sofferenza, che per 40 anni e più ha rappresentato un potentissimo inno alla vita. Per questo, ieri, nel corso della cerimonia funebre, il silenzio che ha accompagnato tutta la funzione religiosa è stato interrotto soltanto dal pianto inconsolabile dei presenti. Profonde ed esplicative le parole di don Giacomo Benvenuto, che ieri ha officiato la messa nella chiesa "Santuario Madonna del Lauro" di Scalea: «Ha lottato per restare in vita e anche per morire».
Con Emanuele la vita non è mai stata generosa, fatta eccezione per i suoi primi otto anni. Da quel punto in poi, il piccolo di casa De Bonis-Cervati ha dovuto imparare a lottare, dalla sera alla mattina, contro qualcosa troppo più grande lui, ma che è riuscito a domare grazie alla sua forza e alla sua immensa voglia di vivere: i medici avevano prospettato per lui un'aspettativa di vita di appena dieci anni; lui, superando qualsivoglia avversità, è riuscito a "spegnere" la 49esima candelina sulla torta, dimostrando di amare la vita più di chiunque altro.
Chi era Emanuele De Bonis
Emanuele nasce il 20 aprile del 1974 da mamma Anna Cervati e papà Beniamino De Bonis. Cresce nella sua casa di Scalea insieme al fratellino Eros e a scuola è un piccolo genio. Veste la divisa da lupacchiotto, come mamma e papà, che hanno fondato il primo gruppo scout della città, e ama andare in bicicletta, su cui sfreccia nel cortile insieme ai suoi piccoli amici. Ma è proprio in uno dei tanti pomeriggi spensierati che comincia il suo lungo calvario. Dopo una miriade di controlli in vari ospedali, diagnosi e cure sbagliate, arriva purtroppo la conferma di quella che fino a quel momento è solo un'ipotesi nefasta: Emanuele è affetto da adrenolucodistrofia, malattia rara e degenerativa che colpisce il sistema nervoso e conduce alla morte del paziente nel giro di un paio d'anni.
Negli anni Ottanta era così: se il paziente scopriva di essere affetto dalla patologia presentando già i sintomi, non c'era scampo. Oggi per fortuna, la ricerca ha fatto passi da gigante, la diagnosi può arrivare precocemente e il decorso della malattia può essere rallentato in modo significativo. Emanuele non fu così fortunato. La patologia, nel giro di pochi mesi, lo aggredì al punto da costringerlo a letto per tutto il tempo, non prima di averlo privato della vista, dell'uso degli arti, della possibilità di comunicare e finanche di esprimere le sue emozioni.
L'amore della sua famiglia
Nonostante le condizioni drammatiche e le poche speranze di tenerlo in vita, la sua mamma e il suo papà non si sono mai arresi anche grazie al fortunato incontro con Augusto Odone, papà di Lorenzo, il bambino affetto da adrenoleucodistrofia che ispirò il film hollywoodiano "Lorenzo's Oil", nel 1993 fu candidato al premio Oscar. "L'olio di Lorenzo", scoperto per caso in quegli anni proprio dai genitori del ragazzo, è ancora oggi usato per il trattamento della malattia, anche se all'inizio fu fortemente osteggiato dalla medicina ufficiale. Anna e Beniamino diventarono esponenti regionali del "Progetto Mielina", la fondazione fondata da Odone e sua moglie per aiutare le famiglie in difficoltà e condividere le poche informazioni che all'epoca erano disponibili sulla malattia.
Dopo una vita di lotte, stanco e provato, Beniamino si è spento nel marzo del 2011, lasciando sola la moglie Anna a combattere con le unghie e con i denti per i diritti del figlio. Anna, però, non si è lasciata sopraffare dal dolore e ha continuato a dedicare tutta la sua esistenza alle cure di Emanuele, strappandolo più di una volta, come già aveva fatto in passato, a un destino già segnato. «Per me Emanuele è presente - aveva detto la donna in un'intervista del 2020 rilasciata a LaC News24 -. I medici dicono che il suo cervello è atrofizzato, ma per me non è così. Quando sente la voce del fratello spalanca gli occhi e quando io mi assento per qualche minuto mette il broncio. Emanuele non può esprimersi ma capisce tutto».
La morte
Negli ultimi tempi Emanuele aveva dato segni di affaticamento e a giugno aveva affrontato una delle tante crisi dovute alla malattia. Alla fine di agosto ha cominciato a stare male di nuovo, anche per il sopraggiungere di altri disturbi, e stavolta si è reso necessario il ricovero all'ospedale di Rossano. Negli ultimi giorni è arrivato un repentino peggioramento del quadro di saluti che ha spinto i medici a dichiararlo in fin di vita. Anche in questa occasione Emanuele, sempre circondato dall'affetto dei suoi cari, ha fatto di tutto per restare aggrappato alla vita, ritardando il più possibile l'appuntamento col destino.
Il suo cuore però non ha retto a tanta fatica e ha cessato di battere nel pomeriggio del 1° settembre. Ieri, poco prima che intraprendesse l'ultimo viaggio, nel piazzale della chiesa "Santuario della Madonna del Lauro" è risuonata una canzone che il suo papà aveva scritto per lui molti anni fa. Il brano si chiama "Per Emanuele" e Beniamino l'aveva incisa con la sua voce in uno dei tanti momenti bui del figlio, con la speranza di donare a lui e a sé stesso un po' di serenità. Poi il lungo applauso della folla ha sancito l'ultimo saluto a un uomo che difficilmente potrà essere dimenticato. Ora Emanuele può finalmente riposare in pace.