Poco più di cinquecento votanti, meno di un quarto dell’elettorato. Nell’abisso dei nuovi record di astensionismo registrati per il rinnovo del Parlamento, San Luca ha conquistato il poco lusinghiero titolo di campione di abbandono dell’urna. Un’emorragia di voti senza fine, tornata dopo tornata, fino al record (21,5% di votanti) che ha svuotato le urne e riempito le cronache nazionali.

Un’emorragia di voti, e di interesse, che non arriva a caso e che sembra essere maturata nel tempo, esplosa prima con la fuga (candidati compresi) dalle elezioni comunali, e confermata poi con le percentuali da (quasi) prefisso telefonico dello scorso settembre. Un “disinteresse” generalizzato degli elettori sanluchesi e manifestato alle urne quasi come risposta alla totale assenza della politica nel piccolo centro aspromontano.

Corsa verso l’abisso

Nessun circolo di partito presente sul territorio, nessuna manifestazione durante la campagna elettorale, nessun comizio in piazza, nessun incontro per parlare dei tanti problemi del paese. Niente nemmeno sui social: l’ultimo segnale di vita del Pd cittadino risale al 2015, delle altre formazioni, nessuna traccia. La campagna elettorale più breve della storia, a San Luca non si è neanche affacciata. Nessuno tra i candidati e tra i dirigenti dei partiti politici si è fatto vedere da queste parti durante la campagna elettorale. Come se la paura di stingere la mano sbagliata consigliasse basso profilo e prudente distanza.

«Più che paura temo che sia pregiudizio – dice il sindaco Bruno Bartolo – da quanto mi risulta nessuno tra i candidati è venuto in paese per la campagna elettorale. A mia memoria è la prima volta che succede. Questo non è un segnale positivo. L’affluenza così bassa però è figlia anche dei seicento emigrati all’estero, quasi tutti giovani, che continuano ad avere la residenza qui, e di chi non può votare per problemi con la giustizia. Resta il fatto che il voto è un diritto ma per avere senso, quel diritto dobbiamo esercitarlo e noi stiamo perdendo quell’abitudine».

Ci sono i preparativi per la festa del Santo patrono in paese ma in giro per San Luca non c’è molta gente. La percentuale di emigrati, soprattutto tra i giovani scappati all’estero in cerca di un futuro migliore, ha lasciato piazze e stradine agli anziani, tra i pochi che ancora cedono al rituale delle urne.

«Per il comune non sono andato a votare – racconta un anziano seduto sui gradini della chiesa – ma per il Parlamento sì. Qui non hanno capito niente, dobbiamo tornare a pensare al nostro paese, io ho votato la Meloni». Anche il suo amico, poco più giovane, è andato a votare. «Una questione di abitudine più che altro. Votare è una delle poche cose ci restano, quando ce lo fanno fare».

Dai due commissariamenti per infiltrazioni mafiose, al baratro del 21,5% di votanti per il rinnovo del Parlamento, passando per la “diserzione” al voto comunale, da parte dell’elettorato, per quasi cinque anni. È un rapporto complicato quello di San Luca con le urne, e con gli anni il disinteresse è aumentato pesantemente. Se nel settembre scorso infatti erano stati poco meno di 600 gli abitanti che si erano recati ai seggi, nella tornata precedente le cose non erano andate molto meglio. E così anche in quelle ancora prima.

Bisogna tornare all’aprile del 2008, con le elezioni che spianarono palazzo Chigi a Berlusconi, per trovare una buona affluenza. In quell’occasione si votava anche per il rinnovo del consiglio comunale e furono più di 2000 i cittadini che si recarono ai seggi. Poi nel 2013 un deciso passo indietro, con poco più di 1300 votanti, che scalano ancora a poco più di mille nel 2018. Fino all’ultimo giro di giostra, nel settembre scorso, con appena 550 votanti, meno di un condominio di una grande città.