Circa 30 le persone arrivate da tutta Europa per le operazioni di identificazione dei corpi finora recuperati in mare. È la Caritas ad assisterli e a occuparsi dei costi di alloggio e trasferimento. Una sola famiglia ha chiesto al momento di riportare il proprio caro nel Paese d'origine
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A piccoli gruppi di due, tre persone per nucleo familiare, negli ultimi giorni, i familiari delle vittime arrivate a Roccella hanno affollato il piccolo ufficio ricavato in un container sulle banchine del porto, in cui vengono effettuati i tamponi per il prelievo volontario del Dna (necessario al riconoscimento dei cadaveri) e, almeno per qualche giorno, l’oratorio della piccola cittadina jonica messo a disposizione dalla Caritas diocesana. Un flusso costante e in continuo aumento di familiari e amici di chi si era imbarcato sul veliero affondato a 120 miglia dalla costa calabrese, che ha reso necessario, per ragioni di privacy e di tranquillità, il trasferimento dei parenti delle vittime presenti in città verso una struttura alberghiera della zona. Con i costi di alloggio, di trasferimento e di vitto, sempre a carico della stessa Caritas.
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Sono una trentina finora le persone arrivate a Roccella con la speranza di rintracciare un loro parente tra gli undici sopravvissuti al naufragio, ma finora solo la piccola Nalina – la bimba di 10 anni di origine irachena ricoverata nell’ospedale di Locri – ha potuto riabbracciare una sua zia materna, arrivata qualche giorno fa a Roccella direttamente dalla Svezia. Per gli altri, il rituale segue sempre lo stesso copione triste: le foto mostrate agli agenti della polizia scientifica, l’attesa per il confronto con le immagini dei corpi recuperati dal mare e il prelievo del Dna per avere quelle certezze che il lungo tempo passato in acqua dai corpi potrebbe avere confuso.
Il rimpatrio delle salme
C’è solo una richiesta, finora, relativa al rimpatrio di un corpo senza vita verso il Paese d’origine. Si tratta di un giovane afghano: la sua famiglia arrivata dalla Germania ne ha riconosciuto le spoglie e ha chiesto di poter riportare la salma a casa. Sono i volontari della Caritas che si stanno occupando delle inevitabili formalità burocratiche e sarà la Diocesi ad accollarsi tutte le spese per il viaggio. Così come si occuperà di sostenere le spese – attraverso una sottoscrizione che riguarda tutte le Diocesi calabresi – di tutte le richieste che arriveranno.
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Un posto al camposanto
Ma non tutte le vittime torneranno a casa. Molte saranno seppellite nei cimiteri della zona. E sono tanti i primi cittadini dei paesi della Locride che si sono proposti per trovare un pezzetto di terra da dedicare alle vittime del disastro. Roccella in testa, che da giorni sta lavorando per trovare una sistemazione adeguata (la religione islamica prevede la tumulazione direttamente nella terra) per i morti arrivati dal mare. E Gioia Tauro, che nei giorni scorsi, con una lettera dell’ormai ex sindaco Aldo Alessio ha messo a disposizione una serie di spazi disponibili.