«Spero che l’apertura registrata rispetto alla richiesta di permessi giornalieri per accompagnare il figlio a scuola e per frequentare il corso di Italiano e i laboratori proposti dalla cooperativa conduca all’accoglimento della mia istanza. Purtroppo non credo, infatti, che sarà revocata la misura degli arresti domiciliari. Lo stesso pm si è opposto. Reitererò la richiesta alla prossima udienza del 20 gennaio».
Prosegue il dibattimento nell’ambito del processo dinanzi al tribunale di Locri a carico della giovane iraniana Marjan Jamali, accusata di essere una scafista e difesa dall’avvocato Giancarlo Liberati che questo ha dichiarato al margine dell’udienza odierna.

Marjan Jamali è sbarcata a Roccella lo scorso ottobre 2023 con un figlio di otto anni fuggendo da una n contesto familiare e sociale di violenza. Dallo scorso 31 maggio, in seguito alla sostituzione della misura cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, è accolta a Camini all’interno nel progetto Sai gestito dalla cooperativa sociale Eurocoop servizi a r.l. (Jungi Mundu) con suo figlio. Dinanzi al tribunale di Locri è ancora in corso la fase dibattimentale del processo con l’esame dei testimoni dell’accusa.

Il processo a Marjan

«Accanto agli elementi che attestano il livello sommario che ha contraddistinto le indagini condotte subito dopo lo sbarco e che hanno determinato l’arresto della giovane iraniana, in questo processo stanno emergendo anche prove che attestano ancora una volta il pagamento eseguito dalla giovane. Pagamento che dunque esclude che Marjan sia stata una scafista e che piuttosto dimostra che sia stata una migrante, per altro vittima di molestie durante il tragitto, che ha poi dovuto mettere in contatto familiari e trafficanti per il saldo. Altro elemento di non poco conto è l’assenza nelle conversazioni in chat dell’utilizzo della lingua araba, evidentemente non parlata e non conosciuta da Marjan e che invece utilizzata per interrogarla dopo lo sbarco. Tutti elementi che mi hanno portato oggi a richiedere in udienza la revoca della misura degli arresti domiciliari. Revoca che credo non sarà però accordata», ha spiegato ancora l’avvocato Giancarlo Liberati.

Intanto la rete di associazioni a supporto di Marjan che confluisce nel comitato “Free Marjan Jamali” ha presenziato anche oggi all’udienza al tribunale di Locri.

Il processo proseguirà il prossimo 20 gennaio per l’escussione di altri testimoni dell’accusa, il 10 febbraio per i testimoni della difesa. Seguiranno poi l’esame dell’imputata Marjan, la discussione e la sentenza.

Da migranti a scafiste

Destino comune a Maysoon Majidi, l’attivista curdo-iraniana arrivata a Crotone nel dicembre 2023, anche lei accusata di essere una scafista ma rilasciata dopo quasi dieci mesi di reclusione lo scorso ottobre e che oggi ha voluto presenziare all’udienza per sostenere Marjan.

Un’esperienza di detenzione in carcere che non le ha fatte per poco incrociare. Maysoon è stata trasferita dal carcere di Castrovillari al Panzera di Reggio Calabria qualche mese dopo il trasferimento di Marjan ai domiciliari. In qualche modo però si “sono incontrate” lo stesso, come racconta oggi, nel giorno dell’udienza, Maysoon su Instagram.

Il messaggio di Maysoon a Marjan

«Nella stanza numero 9 della prigione di Reggio Calabria, dove sono stata detenuta, sul muro accanto al letto c'era una scritta in persiano: “Signore, aiutami. Tu sei la mia unica speranza”. Ho capito bene il valore delle parole "unica speranza" quando i compagni di cella mi hanno detto che la calligrafia era di Marjan Jamali. Lei, insieme al suo bambino di otto anni, è sbarcata sulle coste calabresi due mesi prima di me (ottobre 2023) con un'altra nave. Anche lei, come me, ha avuto una lite con tre uomini sulla barca che hanno cercato di molestarla e di stuprarla, senza riuscirci. E poi, per vendetta, hanno accusato Marjan di essere una "scafista"! Come al solito, le forze dell'ordine italiane, che per ogni imbarcazione che arriva arresta solo due o tre persone, ha dato credito alle parole di testimoni simili e ha arrestato Marjan. Nei primi tre mesi di detenzione, senza un avvocato e senza la possibilità di avere contatti con suo figlio, Marjan ha tentato il suicidio due volte. Oggi 16 dicembre un’altra udienza del processo di Marjan. Amore mio, spero che io possa abbracciarti e che sia un giorno in cui la nostra resistenza contro le ingiustizie e l'oppressione dia i suoi frutti. Attendo con impazienza il giorno della tua libertà per festeggiare insieme. Mia cara, io e te abbiamo percorso una lunga strada. Ora dobbiamo reclamare i nostri diritti, anche da sole. Perciò continua a essere forte lo sono al tuo fianco e rimarrò con te». È quanto ha voluto scrivere Maysoon a Marjan in questa giornata.

Il processo e la richiesta di asilo politico

Il processo di Maysoon è in corso dinnanzi al tribunale di Crotone e riprenderà il prossimo 15 gennaio. Intanto, in qualità di richiedente asilo politico, già in possesso di documenti, è in attesa dell’esito della Commissione territoriale che l’ha già ascoltata.

Raggiunta dal fratello Razhan, che aveva viaggiato con lei, è adesso con lui accolta dal sindaco Mimmo Lucano a Riace. Trattasi di una soluzione provvisoria, in attesa dell’inserimento in un progetto Sai (Sistema di Accoglienza nazionale). Anche il fratello resterà nel reggino e in questa settimana si recherà in questura a Reggio per i documenti e per avviare anche lui l’iter di richiesta di asilo politico.