Non è andato, giustamente, giù alla Fondazione “La Città invisibile di Catania il diniego opposto all’orchestra giovanile “Falcone Borsellino” di ricordare Matteo Vinci, deceduto con un’autobomba lo scorso anno a Limbadi, con un concerto nella chiesa del paese previsto per martedì prossimo. La fondatrice Alfia Milazzo, presidente della Fondazione da sempre in prima linea nella lotta alla mafia e che ha creato e gestisce l’orchestra “Falcone Borsellino”, ha infatti reso noto che «il luogo prescelto per ricordare Matteo era la chiesa madre di Limbadi, il cui parroco - che detiene la rettoria delle altre due chiese del paese - don Ottavio Scrugli, ha però fatto sapere ai referenti della “Città invisibile” che si rifiuta di accogliere il concerto dei bambini dell’orchestra per questa occasione. Il motivo addotto dal parroco è che “la chiesa – a suo dire - è un luogo di culto e non si presta ad altre manifestazioni”». I responsabili della Fondazione “La città invisibile” hanno quindi tentato di rassicurare il parroco facendo presente che l’orchestra avrebbe suonato un repertorio classico del tutto rispettoso del luogo con musiche di Vivaldi, Bach, Corelli (tutti autori di musica sacra cristiana) e che i bambini sono sempre stati ammessi in tutte le chiese cattoliche, hanno suonato per papa Francesco in piazza San Pietro, dentro la Basilica di San Francesco ad Assisi, nel Duomo di Monreale, di Acireale, nella Cappella Palatina di Palermo, nelle basiliche delle benedettine e dell’arcidiocesi di Catania. 

 

I rappresentanti della Fondazione spiegano quindi di aver provato a spiegare a don Ottavio Scrugli «l’esempio di don Puglisi e don Diana ,l’importanza di seguire da parte dei prelati le direttive di Papa Francesco, che ha condannato le mafie», ma il parroco è stato irremovibile. Un colloquio concluso con la domanda posta dai membri della Fondazione a don Ottavio Scrugli: «lei sa che Matteo Vinci è stato ucciso dalla ‘ndrangheta? In considerazione di ciò, da che parte sta?». La risposta di don Ottavio sarebbe stata: «Io sono un pastore di anime, sto dalla parte della Chiesa». Una risposta che ha portato i rappresentanti della Fondazione a domandarsi di quale Chiesa faccia parte il parroco di Limbadi e, nel caso fosse la Chiesa cattolica, «a cosa servirebbe il culto di un Dio, che è morto in croce per salvare l’umanità dai suoi peccati, se i peccati che una parte di umanità commette attraverso gli omicidi e i traffici di droga e armi perpetrati da clan violenti come quello dei Mancuso, non vengono rigettati con azioni chiare e concrete da parte dei sacerdoti del territorio». 

 

“La città invisibile” ha quindi lanciato un appello al vescovo Luigi Renzo ed a Papa Francesco perché intervengano personalmente a rimuovere gli ostacoli che impedirebbero al parroco di ricevere una manifestazione per Matteo Vinci e, soprattutto, per affermare una ferma condanna della ‘ndrangheta e stare vicina alle vittime del territorio. «Perché Cristo non si è fermato fuori di Limbadi», fanno osservare i componenti della Fondazione. Appreso dell’accaduto, la terna commissariale che gestisce il Comune di Limbadi – i cui organi elettivi sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose – ha concesso la sala del Municipio per la manifestazione alla quale interverrà in collegamento telefonico Salvatore Borsellino,  il fratello del procuratore Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia con un’autobomba in via d’Amelia a Palermo nel luglio del 1992. 

 

Su quanto accaduto, ferma la condanna anche da parte della giornalista e scrittrice tedesca, Petra Reski, fra le penne più note dell’antimafia. «L’atteggiamento del parroco di Limbadi che ha negato all'orchestra Falcone Borsellino di ricordare Matteo Vinci nella chiesa di Limbadimi fa orrore – ha dichiarato la scrittrice – e dimostra un atteggiamento di tacito accordo in sostegno degli ndranghetisti che hanno fatto saltare in aria Matteo Vinci. I genitori di Matteo Vinci, Sara e Francesco Vinci, hanno subito per decenni il terrore del clan Mancuso, nell'indifferenza e nel silenzio di tutti. E il parroco ha aggiunto al terrore subito dalla famiglia la pura beffa. È un insulto a tutti coloro che credono nell'onestà e nella giustizia». Una decisione, quella di don Ottavio Scrugli (trasferito a Limbadi nel settembre del 2017 dopo una protesta dei parrocchiani di Arzona), del tutto incomprensibile e che espone Limbadi e la chiesa al clamore nazionale.