Nel borgo sullo Jonio catanzarese «la società civile è sconvolta e sconfortata». L’assalto di un consigliere comunale alle telecamere di Striscia prova che la tensione è alta. Ma un gruppo di associazioni prova a ragionare: «Qui una grande storia di lotte e solidarietà, continueremo a portare avanti i nostri progetti»
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Un giorno vivi in un piccolo borgo simbolo di accoglienza che sogna di diventare modello di un turismo lento e sostenibile, il giorno dopo scopri che chi ti governa è accusato di aver stretto un patto con la ’ndrangheta. Da una relativa serenità fatta di progetti alla prospettiva di una dannazione perpetua: il passo è brevissimo.
Dopo l’inchiesta che ha ipotizzato condizionamenti mafiosi nell’attività del Comune di Badolato, il borgo dello Jonio catanzarese è diventato – per un pezzo della stampa nazionale - «l’altra Riace in mano alla ’ndrangheta». Non ci sono, nell’inchiesta, accostamenti tra i progetti di accoglienza dei migranti e le attività della cosca Gallace. L’unica contestazione vagamente legata agli sbarchi riguarda l’affidamento dei lavori di rimozione di un’imbarcazione arenata: sarebbe macchiato dall’ingerenza di un uomo considerato vicino alla criminalità organizzata.
Ostro (questo il nome dell’operazione) è anche un’inchiesta sui legami tra criminalità organizzata e politica. L’ipotesi della Dda di Catanzaro è che le ultime elezioni comunali siano state pesantemente condizionate dal clan attraverso un imprenditore, Antonio Paparo, che avrebbe condizionato le scelte della politica fin dalla fase di predisposizione delle liste. Della lista, in realtà, perché a Badolato l’unico vero candidato era Giuseppe Nicola Parretta, già sindaco negli anni 80 e già indagato (e poi assolto) per concorso esterno in associazione mafiosa nell’inchiesta Itaca Free Boat. Parretta non aveva avversari: l’altra formazione scesa in campo era una “civetta” utile a bypassare la necessità di raggiungere il quorum. Tant’è che il suo ipotetico sfidante Ernesto Maria Minniti è stato poi nominato vice sindaco.
Il prefetto ha già inviato un commissario per mandare avanti le attività del Comune. Per la gente di Badolato non è facile: accade sempre quando le indagini svelano rapporti che sconvolgono la percezione esterna di una cittadina e, all’interno, filtrano la quotidianità con lenti nuove.
Badolato, il consigliere comunale si scaglia contro la troupe di Striscia la Notizia
Un servizio di Striscia la Notizia ha mostrato che Badolato vive in due modi diversi questa fase delicata. L’inviato Michele Macrì, dotato di metro anti ’ndrangheta, ha chiesto ai cittadini di usarlo per prendere le distanze dai clan del luogo. Quasi tutti hanno accolto la provocazione con il sorriso. Macrì ha invece trovato porte chiuse all’interno del palazzo comunale e, peggio ancora, una reazione stizzita in un bar. La scena è un grande classico: si gioca a carte quando l’inviato si avvicina e chiede di usare il metro. Nel gruppo, però, qualcuno si offende: Albino Bressi, consigliere comunale di Badolato, davanti alle garbate insistenze di Macrì prima lo offende, poi minaccia di chiamare un altro inviato di Striscia (Moreno Morello), infine – anche questo un grande classico – prova ad avventarsi sulla telecamera. Servizio chiuso e risultato portato a casa.
Bressi non è tra gli indagati nell’inchiesta antimafia: dal sindaco Parretta – che ha respinto ogni accusa nell’interrogatorio reso davanti al gip – aveva ricevuto alcune deleghe, come capita spesso ai consiglieri comunali. Il suo nome compare proprio nel troncone dell’indagine che si occupa dell’affidamento dei lavori per la rimozione del barcone spiaggiato ma a suo carico non ci sono ipotesi di reato.
La reazione alle domande di Striscia la Notizia è entrata in milioni di case ed è la testimonianza che una parte della cittadinanza – probabilmente quella istituzionale e legata alla politica comunale – ha i nervi a fior di pelle. Il consigliere comunale, dopo lo sfogo a favore di telecamera, ha commentato su Facebook: «La mia non vuole essere una giustificazione per quello che si è visto in tv, ma credo che se uno che viene disturbato per la terza volta nell’arco di una giornata la reazione penso che ci sta».
Le associazioni: «Qui non è tutto ’ndrangheta, c’è tanta gente libera»
La realtà, però, è sempre più complessa di un titolo o dei pochi minuti di un servizio. E c’è anche chi, davanti a un evento traumatico come l’inchiesta che ha travolto Badolato cerca di ragionare. Le associazioni culturali “La Radice” e “Nicola Caporale”, assieme alla Pro Loco di Badolato e all’associazione “Riviera e Borghi degli Angeli” provano a inquadrare la questione qualche giorno dopo la bufera giudiziaria. Sottolineano che «la società civile badolatese è sconvolta e sconfortata» e non entrano nel merito della questione giudiziaria.
Certo, evidenziano, «nel nostro Meridione, come altrove, la ‘ndrangheta c'era e c'è, inutile nasconderlo. E con questo non vogliamo nasconderci dietro una rassegnazione ancestrale, anzi. È proprio partendo da questo presupposto che ne abbiamo preso e ne prendiamo convintamente e quotidianamente le distanze. Perché nel nostro meraviglioso paese, e questo lo vogliamo gridare con tutta la nostra forza, non tutto è ‘ndrangheta».
Un pezzo di società civile di Badolato mette in rilievo la «grande storia popolare e di comunità, di lotte e di solidarietà che da anni porta avanti progetti di ampio respiro internazionale, di carattere sociale e turistico-culturale, totalmente estranei a dinamiche ‘ndranghetistiche». Nel borgo c’è «gente libera» che «ha inventato un nuovo modo di fare accoglienza». Badolato è il paese «dove le lotte popolari hanno portato ad avere scuole, presidi sanitari e strade. È il paese delle donne che hanno combattuto con, e forse più, degli uomini per affermare i diritti fondamentali. È il paese dello “sciopero a rovescio”, dei contadini e dei pastori».
Nella lettera delle associazioni c’è l’orgoglio condiviso con i «molti non badolatesi hanno deciso di venire a vivere per ritrovare una dimensione più umana, accogliente e solidale».
Badolato, dicono, «nel corso della sua nobile storia, è stato più volte piegato, ma ha sempre saputo rialzarsi grazie all’operosità di chi ci crede ancora e nonostante tutto». Alla commissaria prefettizia sono pronti a esporre «i progetti che avevamo ed abbiamo per il nostro paese». E a ribadire che “se tutto è mafia, niente è mafia”. Un pezzo di Badolato vuole ripartire ed è pronto a farlo.