“Partire è un po’ morire”, recitava una vecchia poesia francese. Partire, però, a volte può rappresentare una vera e propria rinascita. Come per le migliaia di calabresi fuorisede che dal 4 maggio hanno avuto la possibilità di tornare a casa dopo settimane di restrizioni per l’emergenza coronavirus.

 

Da lunedì è iniziato il grande esodo: treno, auto, aereo, ogni mezzo viene sfruttato per tornare a rivedere i propri cari e per respirare un’atmosfera familiare che a chiunque, chi più chi meno, è sicuramente mancata.

 

Tra i nostri corregionali fuori casa ci sono anche due fratelli di Tropea: Giorgia e Jacopo, studenti di giurisprudenza all’università di Trento, che proprio ieri hanno intrapreso il lungo viaggio di ritorno. Armi, bagagli e autocertificazione, hanno percorso con la loro auto i 1200 chilometri che li separavano dagli affetti, una distanza grande quanto la loro voglia di rivedere quella cittadina arroccata sulla rupe, di respirare di nuovo aria di casa, di sentirsi ancora coccolati come in nessun altro posto al mondo.

 

Giorgia e Jacopo si sono travestiti da reporter e, con grande abilità, hanno realizzato il reportage che segue. Il loro è un viaggio paradigmatico, il cammino di tutti i calabresi, di tutti i meridionali, di tutti gli italiani che, in fondo, sono tornati un po’ a vivere con l’allentamento delle restrizioni dovute a un fenomeno che sta segnando la storia dell’umanità.