Parte domenica il percorso a tre tappe che metterà in discussione gli equilibri interni al Pd e dimostrerà quanto stabile sia la leadership renziana. Il referendum sulle trivelle costituirà il primo step, poi ci saranno le elezioni amministrative e, infine, il referendum sulla riforma della Costituzione sul quale è stato lo stesso premier a dire che si giocherà tutto.
La consultazione sulle trivelle, tuttavia, potrebbe servire per cominciare a capire che aria tira. Renzi, con una decisione discutibile e in effetti discussa, ha invitato all’astensione. Una presa di posizione inusuale per un rappresentante delle Istituzioni che poi è stata rafforzata dalle esternazioni del sempiterno Giorgio Napolitano, ma minata nella sua credibilità dal presidente della Corte Costituzionale che ha invitato i cittadini ad esercitare il diritto di voto.
In ogni caso rappresenta un’indicazione forte che mette il premier sotto esame, e non era certo necessario. Soprattutto dopo l’esplodere del caso Tempa Rossa che ha portato alle dimissioni del ministro Guidi. A parte l’opportunità per un presidente del Consiglio di invitare o meno all’astensione, rimane il fatto che il referendum è stato proposto dalle Regioni meridionali, quasi tutte a traino Pd. Invitare all’astensione pare una sconfessione dell’operato delle assemblee e dei partiti regionali. E dunque anche il referendum potrebbe trasformarsi in una sorta di cartina di tornasole sui rapporti di forza in casa democrat, anche sui vari territori.
La Calabria, ad esempio, è già arrivata al corto circuito. Dopo giorni di silenzio seguiti alle esternazioni del premier, i big hanno iniziato a schierarsi. E non sono mancate le sorprese. Il governatore Mario Oliverio, che tra l’altro sta incalzando il governo nazionale sulla gestione della sanità, ha dichiarato che andrà al seggio elettorale e voterà sì. Neanche 24 ore dopo ci pensa il segretario regionale Ernesto Magorno a scompaginare le carte. Su facebook Ernesto ha avviato una vera e propria campagna per l’astensione. Prima annunciando la sua personale intenzione: “sostengo la posizione di @matteorenzi: non è un referendum sulle trivelle e astenersi è legittimo”. Chissà dov’era il segretario mentre il suo partito votava compatto in Consiglio regionale per avviare la macchina referendaria. Poi si è scagliato contro il grillino Di Mario, reo di un attacco a Napolitano. “Di Maio dimostra di non conoscere l’articolo 75 della Costituzione, che prevede il quorum per i referendum e quindi legittima pienamente l’astensione”.
Una dicotomia quella tra Oliverio e Magorno che sembra portare le lancette del Pd ai tempi delle scontro sulle primarie per le regionali. E che ha suggerito prudenza a molti dei big che si tengono abbottonati sulle proprie intenzioni di voto. E’ il caso, ad esempio, del presidente del Consiglio regionale Irto che si è attivato per avviare la campagna referendaria, ma che dopo la mossa di Renzi si trova a dover scegliere la via della discrezione, insieme a molti altri big di corrente. Chi non ha dubbi, invece, è il presidente della Commissione antindrangheta Arturo Bova che si sta spendendo sul territorio per arrivare al quorum.
Per caricare di significato politico la giornata di domenica anche in Calabria, insomma, ci sono tutte le condizioni. Il raggiungimento del quorum, ad esempio, metterebbe in grave difficoltà Magorno e la sua leadership e sarebbe il peggior viatico per avvicinarsi alle amministrative di Crotone e Cosenza che si annunciano assai complicate. A Cosenza c’è ancora aperta la questione dell’alleanza con Ncd che si incrocia pesantemente con il commissariamento della sanità e con i rapporti tra Pd e alfaniani a Roma. Se i big ex cuperliani decidessero di fare lo “scherzetto” a Presta e Gentile non fornisse il suo apporto, i contraccolpi interni sarebbero elevati. E perderebbe di forza l’idea che in Regione starebbero diventando tutti renziani. In attesa che parta la campagna per il referendum costituzionale che sarà un momento storico per il Paese, ma anche per il futuro del Partito democratico.


Riccardo Tripepi