Ci siamo, finalmente. Per una volta la Calabria esce a testa alta dalle classifiche. E lo fa grazie ai ragazzi: oggi, i migliori tra noi. Sui quotidiani, fa scalpore in queste ore l’esito della ricerca del Global teacher status index sulla scuola italiana, che evidenzia senza pietà il crollo verticale del rispetto dello status di docente.
La cronaca nazionale dei giorni scorsi, del resto, parlava da sola. In pratica, un bollettino di guerra. Una docente presa a sediate dagli studenti, mamme che sputano addosso alle maestre, scherzi feroci a danni di professori sempre più inermi. E che l'Italia sia tra gli ultimi paesi al mondo per rispetto di chi insegna, lo hanno messo nero su bianco anche le statistiche.

 

Italia agli ultimi posti

L'indagine, 35mila intervistati tra i 16 e i 65 anni, ci piazza al 33° posto su 35. Peggio di noi, solo il Brasile e (sorpresa) Israele. Tra l’altro, lo sgarro al professore è direttamente proporzionale al rendimento. Più ci si abbandona, più l’alunno sarà somaro. Lo si è visto dai cattivi risultati degli studenti italiani, non solo in condotta, ma anche in matematica e lettura. I test internazionali svoltisi a Pisa ci hanno riservato solo gli ultimi posti.
Un quadro allarmante, ma che, a sentire docenti e presidi, non riguarda affatto la punta dello Stivale. A differenza di quanto sta accadendo negli italici istituti, in termini di rispetto dei ruoli e del docente la Calabria tiene testa a tutti. Qui, il professore, anche se non è temuto, è comunque rispettato. Le segnalazioni di aggressioni o violenza sono nulle. E soprattutto, siamo nella terra dove i genitori seguono ancora il metodo della cara, vecchia scuola. Quello che se prendi un brutto voto, il somaro sei tu, e la voce la alzo con te. Non il professore. Certo le eccezioni non mancano, ma in questo caso confermano la regola.

 

Calabria isola felice: le testimonianze dei docenti

La pensano così presidi e insegnanti che hanno viaggiato l’Italia, prendendo servizio dalle Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno. Tra questi, Emilio Valente, oggi docente al Nautico di Catanzaro, già a Roma, Trieste e Pizzo Calabro, che spiega: «Nel rapporto tra professore e alunno, il retaggio del Voi, di derivazione angioina, francese, e non fascista come molti vogliono far credere, è emblematico. Segna la vitalità del ruolo che il primo ancora incarna agli occhi dei ragazzi. Del rispetto che gli è riservato. Lo dimostra il fatto che già il giorno dopo la Maturità, l’ex studente passa dal Voi al Lei. Uno switch inspiegabile, in meno 24 ore. È una rarità, nel panorama scolastico italiano. Anche fuori regione, come a Trieste ad esempio, ho avuto modo di costatare la grande attenzione riservatami dallo studente. Ma di più di altre, la scuola calabrese è caratterizzata da un grande e diffuso rispetto».

 

Analoga valutazione, quella formulata da Maria Salvia, dirigente dell’Istituto comprensivo di Ricadi, in provincia di Vibo Valentia. «Per una volta possiamo dire che la situazione in Calabria è decisamente migliore rispetto ad altri contesti nazionali e internazionali. La Calabria è al primo posto: il primo posto del rispetto e dell’educazione. La nostra scuola, da questo punto di vista, è un’isola felice. Certo, di piaghe ne abbiamo altre: ma in termini di correttezza, siamo ai vertici del panorama nazionale. Mi creda».
Parole che la dirigente rafforza facendo riferimento alla sua esperienza personale: «Io conosco bene la scuola italiana. E posso assicurare che è proprio così. Da noi il ragazzo viene accompagnato in un percorso che vede prima l’educazione, poi la formazione, e per ultimo l’istruzione. Poi, ovviamente, ci sono situazioni esterne che possono turbare i ragazzi. Ma le posso garantire che non accade niente che vada oltre il ragazzo iperattivo o la famiglia con qualche disagio…».

 

Dolores La Torre, insegnante di matematica nella Roma del centro e nelle borgate, in Calabria, in Umbria, e oggi di nuovo in Calabria, all’Istituto Professionale di Vibo Valentia, offe un’analisi più antropologica. «È vero, il ragazzo ancora porta rispetto. Attenzione, però: questo non significa che i ragazzi siano tranquilli, anzi, si trova in loro, molto spesso, una rabbia sorda che non ho riscontrato in altre regioni. Significa bensì che sentono il peso di un determinato ruolo, e si comportano di conseguenza. Il paradigma più esplicativo è il voto in condotta. In famiglia è ancora una questione d’onore, tenuto in grande considerazione, oserei dire addirittura più importante del rendimento. Della serie, somaro sì, maleducato no. Mi spiego: io posso mettere anche due a matematica, più volte, senza riuscire a parlare con il genitore. Con un brutto voto in condotta, al contrario, si presentano subito. È una cosa che mette in discussione il loro ruolo di educatore e di capofamiglia. In generale, poi, questa mentalità è ancora più forte negli ambienti caratterizzati dalla presenza della criminalità organizzata. Il figlio viene educato al riconoscimento dell’autorità dell’insegnante e delle figure comunque apicali. Gli studenti che provengono da quelle famiglie hanno mostrato sempre grande rispetto per il professore. Quasi più accentuato in loro che in ragazzi espressione di un ceto medio alto».

 

Maria Viscone, dirigente Istituto Omnicomprensivo di Filadelfia, 900 studenti di ogni ordine e grado, attribuisce il persistere del rispetto al ruolo che la scuola ricopre, come «unico presidio di legalità nei territori», e spesso «unica realtà presente, specie nei piccoli centri». «Non si sono mai verificati aggressioni o episodi di violenza – conferma -. Gli studenti sono rispettosi ed educati: sanno di non avere alternative. Sanno che oltre alla scuola, specie nei paesi più piccoli, non esiste altro. Non c’è niente. Per questo, le famiglie, ancora considerano la scuola un investimento per il futuro dei figli. Anche i ragazzi in difficoltà, a rischio dispersione, o provenienti da contesti sociali più poveri e fragili hanno comunque la consapevolezza che sia la scuola a prepararli, ad offrirgli un’opportunità. C’è fiducia nell’istituzione scolastica e nei docenti, da parte di genitori e figli. Anche nel confronto più acceso, non si verifica mai un alterco. Sin da bambini, poi, si avvia il ragionamento su come ci si comporta e su come si rispettano le regole: dalla fata Regolina all’asilo, agli incontri sulla legalità alle superiori. I bambini vengono educati dai tre anni in su. E questo lo interiorizzano profondamente, trasferendo il rispetto per la scuola anche dentro le mura domestiche».