"Si conclude un ciclo. Il mio secondo ciclo alla guida della testata giornalistica di LaC Tv. Stavolta è stato breve. È durato solo sei mesi, ma sono stati sufficienti a realizzare un progetto fondamentale per il presente ed il futuro di questo polo editoriale: sono stati sei mesi durante i quali questa testata e la sua redazione sono diventati un ingranaggio fondamentale di un nuovo grande network.


Se esiste LaC, «il network dei Calabresi», è merito della visione e degli investimenti di un grande editore che si chiama Domenico Maduli. Se tale impresa, malgrado la sua imponenza, è stata resa sostenibile, è merito di una formidabile manager che si chiama Maria Grazia Falduto. Se LaC oggi è anche un brand, sinonimo di crossmedialità, di informazione just in time e on demand, lo si deve a figure geniali come Giovanni De Luca, Giovanni Gaglianone e ai creativi che operano sotto la loro guida. Tutto ciò che è stato messo a mia e a nostra disposizione (nostra, della “mia” redazione), l’abbiamo riempito di contenuti e di entusiasmo, superando ostacoli che a volte apparivano insormontabili, facendoci carico di una fatica immane, superando i nostri limiti.


Abbiamo scontato il peccato originale di essere nati nella provincia più povera, Vibo Valentia, della regione più povera, la Calabria, alla quale oggi apparteniamo davvero. Malgrado un organico fisiologicamente sottodimensionato rispetto all’imponenza del progetto e a ciò che poi è diventato il network LaC, abbiamo coperto tutti i territori della nostra regione, dal Tirreno allo Ionio, dallo Stretto al Pollino, sfornando un tg libero, pulito, di livello, e poi format, rubriche, dirette, speciali. I miei, i nostri risultati, per me resteranno sempre straordinari e la consapevolezza di ciò che abbiamo fatto rappresenta un motivo d’orgoglio.


Sono stato un direttore giovane, di temperamento, che però ha imparato a dominare l’impulsività, e ad essere paziente, a mostrare buonsenso. Un direttore che ha dato tutto quel che poteva all’Azienda e alla sua Redazione. Non ho mai avuto feeling con la politica, ma la conosco, ne mastico abbastanza e so che per come sono fatto mai feeling avrò, specie con quella calabrese, arrogante, miope, inetta, talvolta anche rozza e volgare, la cui natura rappresenta la principale causa dell’arretratezza della nostra terra. In questi sei mesi ho imparato anche che la giustizia, quella vera, quella che per essere tale ha non ha bisogno della maiuscola, non l’amministrano i tribunali. Ho imparato che i rapporti umani e professionali sono veri, sono solidi, quando resistono alle burrasche, davanti alle quali semmai si rafforzano e si consolidano.


Ho imparato tante cose. Ho imparato soprattutto che non si smette mai d’imparare. Ed è per questo che saluto con l’affetto di un amico e la deferenza che si deve ad un collega della vecchia guardia che faceva il giornalista quando io neppure ero nato, l’arrivo di Pietro Melia. Pietro Melia ha l’esperienza professionale necessaria per essere un maestro per tutti noi. Resto a disposizione sua e dell’azienda.
Torno nei ranghi e non mi sento affatto degradato. Torno con la soddisfazione di chi ha dato tutto, forte della mia reputazione. Che piccola o grande che sia, è la mia reputazione e ne vado fiero. Lascio nelle mani del nuovo direttore una macchina che ho collaudato al meglio delle mie possibilità, spingendo l’acceleratore al massimo. Una macchina che – tanto nei tg, quanto nei format, nelle rubriche e negli speciali - ha saputo offrire un’informazione seria, credibile, autorevole, ancorata alla cronaca e ai fatti e, per questo, mai contaminata. Direttore Melia, benvenuto a casa".


Pietro Comito