VIDEO | Per accedere alle misure di sostegno le aziende sono costrette a fare i conti con ostacoli sempre nuovi e spesso assurdi, come orari sbagliati, documenti infiniti e date impossibili
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Lo sappiamo tutti, il mese di dicembre è il mese più bello. O per lo meno lo è di solito: ci sono le feste, le tavolate con i parenti (non quest’anno) e… le tredicesime! Stavolta, in teoria, potremmo contare anche sui ristori del Governo e sui contributi della Regione. Potremmo…
E già, perché dal punto di vista degli aiuti economici nazionali, non è ancora del tutto chiaro chi ha diritto ai famosi ristori (uno, due, tre, quattro e forse addirittura cinque). Con ben quattro D.L. in poche settimane, il Governo (che sta preparando, si dice, il decreto Ristori 5) avrebbe voluto aiutare le attività economiche che, a seguito delle restrizioni sociali necessarie al contenimento dei contagi, hanno subito, tra fine ottobre e novembre, gli effetti economici negativi di tali chiusure.
Il risultato? Imprese e professionisti non hanno ancora potuto capire se hanno o meno diritto al ristoro e in che misura. Alcune, colte di (lieta) sorpresa si sono viste inaspettatamente accreditare sui conti correnti delle somme a volte pure cospicue; altre, invece, stanno sperando ancora in questi giorni di ricevere presto qualcosa, o poter chiedere in qualche modo gli aiuti, considerato che molte sono state escluse da quello automatico o per codice attività risultante in anagrafe tributaria (magari obsoleto e comunque non attinente l’effettiva attività economica esercitata) oppure perché non rientranti tra i molteplici allegati dei quattro decreti ristoro; o, ancora, molti sono rimasti tagliati fuori per inesistenza del calo di fatturato tra aprile 2020 ed aprile 2019, peccato che siamo a novembre e non ad aprile, mentre, il calo da misurare, inspiegabilmente rimane ancorato ad aprile 2020.
Una bolgia insomma, un vivere alla giornata, certamente non un qualcosa di sistemico ed organizzato di cui si avrebbe invece veramente bisogno: aiuti a pioggia e non mirati. E a pagarne le conseguenze sono imprese e professionisti che ogni mattina pensano a come sbarcare il lunario, senza tener conto degli aiuti pubblici che spesso non arrivano per nulla.
Ma se Atene (il governo) piange, Sparta (la Regione) non ride. Anche da questo Ente più vicino al territorio e che dovrebbe meglio conoscere le esigenze del tessuto economico produttivo, le realtà imprenditoriali calabresi piccole (tante) o grandi (poche) che siano non hanno avuto che disagi e complicazioni.
Entro Natale - si spera - dovrebbero arrivare i 1500 euro del bando Riapri Calabria 2, pochi “spiccioli” che però possono essere un aiuto importante e a volte indispensabile per sopravvivere. E speriamo soprattutto che poi, erogati i contributi, i nostri cari burocrati regionali (a dir poco fuori dal mondo), non si inventino qualche richiesta documentale fuori ratio, magari con Pec del 30 dicembre ed obbligo di risposta al 7 gennaio. D’altronde è quello che è già successo. Il 7 dicembre scorso le aziende che erano riuscite ad accaparrarsi entro Ferragosto gli aiuti di Lavora Calabria (dopo la falcidia di aziende per via dei codici Ateco), si sono viste recapitare via Pec richiesta di integrazione documentale relativa alla tracciabilità delle retribuzioni, alle quietanze di pagamento dei contributi e finanche agli estratti conto per la verifica della tracciabilità stessa (in barba alla privacy), il tutto entro il 15 dicembre.
Incombenza piombata nel bel mezzo delle scadenze fiscali e contributive (dichiarazioni dei redditi ed acconti rinviate al 10 dicembre dal ristori quater, Imu, che c’è ancora nonostante dicano di averla tolta. E che ci vuole, si dirà, ad inviare un file firmato digitalmente su una piattaforma informatica? Niente, se non fosse che, detto file, altro non è che il collage di più documenti che gli imprenditori hanno dovuto recuperare togliendo tempo al proprio lavoro, avvalendosi di collaboratori e chiedendo al proprio consulente. Fatto? No, perché chi ha provato la mattina del 15 a caricare il file secondo le procedure, ha trovato la piattaforma regionale inaccessibile. Il motivo? Probabilmente l’errata impostazione del timer, fissato incredibilmente alle 00:00 del 15 dicembre, che non sono altro che le ore 24 del 14, per cui, siccome si chiedeva l’invio dei documenti entro il 15 dicembre, chi non li avesse inseriti entro il 14 trovava chiuso.
Un caos tutto da ridere se questa assurda falla non avesse provocato un’ondata di panico via email, social e chat di gruppo, con chi già si preparava a ricorrere in tribunale contro un’esclusione assurda. Poi, alle 10 dello stesso giorno, la Regione si è accorta dell’errore e ha reso nuovamente accessibile la piattaforma, dando la possibilità a imprese e professionisti di consegnare digitalmente il frutto di giorni di lavoro e di notti insonni. L’arrogante burocrazia, che non guarda in faccia il proprio interlocutore nemmeno in periodi di pandemia, è il vero freno a qualsiasi ambizione di cambiamento vero.