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La notizia positiva arriva dalla montagna ai piedi della Sila e alle porte di Cosenza, nasce un nuovo comune: Casali del Manco. Il responso popolare ha scelto la strada dell'unità di 4 comuni su 5 chiamati a pronunciarsi sul progetto di fusione di Trenta, Serra Pedace, Pedace, Spezzano Piccolo e Casole Bruzio. La partecipazione al voto ha sfiorato il 50% attestandosi intorno al 47%. Uno dei comuni, Spezzano Piccolo, tuttavia, ha detto No, seppur per una decina di voti. Non c'era bisogno del quorum e, dunque, il progetto passa ugualmente. Progetto ridimensionato, anche perché, Spezzano Piccolo, con i suoi 2.100 abitanti, risulta essere il terzo per grandezza. Bisogna però considerare che, Spezzano P., era l’unico dei 5 centri chiamati al voto privo di una guida politica amministrativa, considerato che il centro presilano è commissariato e, dunque, è probabile che la scelta non sia stata abbastanza motivata politicamente. Nonostante ciò, comunque, questi centri hanno scritto una bella pagina di storia politica e amministrativa e non solo dei loro comuni ma di tutta la regione.
La lungimiranza di 4 giovani sindaci, ha prevalso su resistenze antropologiche, interessi di bottega, stupidi e anacronistici campanilismi. Ha vinto il futuro e l’innovazione, in una Regione che ha bisogno come il pane di una nuova architettura istituzionale e amministrativa. Un esempio che potrà risultare contagioso, considerato che, proprio in questi giorni, ha ripreso vigore il progetto di accorpamento di Rossano e Corigliano, e ha preso quota anche la fusione tra Soveria Mannelli, Decollatura e altri paesi del Reventino. La fusione dei piccoli comuni rappresenta una seria opportunità per l’avvenire dei comuni calabresi, alla prese con una storica crisi di sopravvivenza, stretti in una morsa micidiale tra i sempre più sparuti trasferimenti da parte dello Stato e l’incapacità a garantire i servizi minimi. A ciò, si deve aggiungere l’altra grave emergenza, conseguenza di tale morsa: il costante spopolamento. Sono diverse le possibilità di disegnare nuove realtà istituzionali che potrebbero dare vita anche a nuove città, dal Tirreno Cosentino allo Ionio, passando dal Tirreno Lametino fino alla presila catanzarese. Insomma unirsi conviene, sia dal punto di vista economico che sociale. Fino ad oggi a farla da leone in questa direzione è stato il centro nord e in particolare Emilia Romagna e Lombardia, i quali, consumano la stragrande maggioranza dei fondi disponibili. La Calabria non può più permettersi l’architettura istituzionale così come l’abbiamo conosciuta, il prof. Francesco Aiello, ordinario di Economia all’Unical, da tempo attraverso il suo blog Open Calabria pubblica ricerche articolate e che mirano essenzialmente a far comprendere i vantaggi della fusione tra comuni. Il professore Aiello, insieme alla ricercatrice, Graziella Bonanno e all’economista Michele Mercuri, proprio in un recente studio pubblicato su Open evidenziavano che “15 comuni calabresi hanno una popolazione inferiore a 500 abitanti; 62 comuni hanno una popolazione compresa tra 500 e 1000 abitanti; ben 190 comuni sono al di sotto della soglia di 2000 residenti. In totale i comuni con meno di 5000 abitanti sono 324, ossia il 79,2% dei 409 comuni calabresi.
Essi occupano una quota rilevante del territorio regionale: il 67% della superficie totale ricade nei 324 comuni con meno di 5000 abitanti. Si tratta, prevalentemente, di comuni che la strategia nazionale delle aree interne classifica come periferici ed extra-periferici, ossia meritori di puntuali politiche di sviluppo locale. Il secondo dato da evidenziare è che in Italia le fusioni interessano le piccole comunità: quelle finanziate nel 2016 riguardano 87 comuni con una popolazione media inferiore a 3000 residenti. Infine, nel 2016 il governo ha stanziato per le fusioni 30 Milioni di euro e, in media, ciascuna fusione ha ricevuto un bonus pari a 810 Mila Euro (annuale e garantito per 10 anni)”. Le tabelle pubblicate evidenziano alcuni dei vantaggi proprio dei comuni della presila che deriveranno dalla fusione. Dagli approfondimenti del prof. Aiello, dunque, si può ben sperare per un futuro migliore per i cittadini di Casale del Manco. I cittadini hanno ritenuto di investire sul futuro, auguriamo loro e ai prossimi audaci che tenteranno di ridisegnare una nuova regione, tutto il bene possibile.
La brutta notizia, invece, arriva dal mare, e non a causa di nuove invasioni turche o saracene, ma a causa degli indigeni. A Ricadi, infatti, è successo l'imprevedibile, ha perso il Sì, ovvero, il cambio della denominazione del comune in Ricadi-Capo Vaticano. Peccato, un occasione persa per guardare al futuro, per dimostrare al mondo, ai calabresi e all’Italia che questa regione non è inamovibile, irriformabile e, sostanzialmente, conservatrice. Già, perché nessuno avrebbe immaginato che la capitale del turismo calabrese, la patria di Capo Vaticano, aperta al mare, al turismo e all’esterno da circa mezzo secolo, potesse rinchiudersi nella difesa di un campanilismo sub comunale irrazionale e senza senso. Hanno prevalso i dispettucci della contrapposizione politica paesana, il conservatorismo rionale, il risentimento di una contrada rispetto alle altre. Nel centro di Ricadi, infatti, il No ha prevalso con percentuali bulgare e a Santa Domenica non è andata meglio.
Invidie, risentimenti politici, chiacchiere, pregiudizi hanno trionfato facendo strage di futuro. A Ricadi, tra l’altro, non sarebbe cambiato niente, nel senso che, a nessuno sarebbe stato tolto qualcosa, semmai, si trattava di dare maggiore risalto proprio al centro di Ricadi, arricchendo il nome dello storico comune con quello di Capo Vaticano, brand turistico di fama mondiale, si trattava cioè, semplicemente di raccogliere la sfida della comunicazione, di fronte alla rete globale dell’accoglienza turistica. Ci dispiace per Ricadi e i ricadesi, ma il mondo, l’Italia e la stessa Calabria, continuerà ad ignorare che la perla Capo Vaticano sia da associare a quel comune. Ci dispiace per i ricadesi, purtroppo hanno perso la sfida con il nuovo binario economico sul quale cammina il mercato: la comunicazione. “Italietta” avrebbe scritto il grande Montanelli, si, “italietta” sub provinciale che spesso emerge per fare danni, soprattutto alle nostre latitudini, divorando storia, presente e avvenire.
Pasquale Motta