Mantenuta anche in questo caso la regola aurea che disciplina ogni consultazione elettorale: a urne chiuse hanno vinto tutti.
Così è stato anche per il referendum sulle trivelle che è stato bocciato per mancato raggiungimento del quorum. Solo il 32,15% degli italiani è andato a votare domenica scorsa, mancando grossolanamente l’obiettivo, così come purtroppo avviene da anni per uno strumento fondamentale della democrazia popolare che nel corso degli anni si è sempre più svuotato di significato, perdendo molto del suo appeal. Rivedere le modalità di funzionamento dell’istituto referendario, del resto, è una richiesta che si sta facendo sempre più largo tra le varie forze politiche.


In Italia

Eppure sia il fronte del no, che quello del sì che quello dei renzisti-astensionisti si dicono assai soddisfatti per l’esito delle votazioni. Il premier ha parlato di una grande vittoria nell’interesse dei lavoratori impiegati sulle piattaforme che vedranno tutelato il proprio futuro occupazionale. Non è mancato chi, come il deputato notissimo in Calabria, Ernesto Magorno che alle 19 di domenica, quando era ormai chiaro che il quorum non sarebbe stato raggiunto, ha lanciato il tweet della discordia con il mai famigerato “ciaone” che ha fatto imbufalire i più convinti referendari e seminato zizzania nel Pd.
E se il primo turno Renzi lo ha messo in saccoccia nonostante le polemiche, l’idea che la sfida continui si è capita dal tenore di tutti i commenti del fronte del sì, a partire dal governatore della Puglia Emiliano (ex uomo fidato del premier) che ha ammonito sui 14 milioni andati alle urne “sono più dei votanti Pd alle Europee”, per arrivare a Pippo Civati che già lanciato il guanto per la prossima sfida. “Probabilmente alle 23 avranno votato 15 milioni di persone. Il premier ha vinto le primarie con due milioni di voti, scalzando Letta e quando fece il famoso 40% alle europee erano 11 milioni. I suoi scherani che insultano gli elettori che sono andati a votare dovrebbero andare a nascondersi. Il 'ciaone' diventa un arrivederci a ottobre”.
Insomma anche il fronte referendario ha motivi di esultare, guardando positivamente al numero di elettori che comunque ha deciso di recarsi alle urne.

 

La Calabria e il gioco delle parti

 

Nella nostra Regione la percentuale di votanti non è andata oltre il 26,69%, penultima in Italia e superata soltanto dalla Campania. All’interno delle Province, a votare di più è stata Cosenza con il 29,95%, mentre la peggiore è risultata essere Reggio Calabria, dove non si è andati oltre il 22,20%.
A farla da padrone da noi, però, il gioco tutto interno al Pd dove è prevalsa la voglia di nascondere le proprie intenzioni di voto. Ad annunciare chiaramente le proprie intenzioni sono stati pochissimi. Tra questi il governatore Mario Oliverio che si è recato al seggio nel pomeriggio di domenica e il segretario regionale del partito Ernesto Magorno che, qualche giorno prima della consultazione, aveva dichiarato di stare dalla parte di Matteo Renzi e dell’astensione. Effetto delle telefonate che l’entourage del premier avrebbe fatto partire nell’ultima settimana e che avrebbe convinto tantissimi big a disertare le urne, pur senza fare troppa pubblicità. E’ il caso, ad esempio, del sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà e di gran parte della sua maggioranza. Oppure del presidente del Consiglio Nicola Irto e di numerosi altri consiglieri regionali, esclusi gli ex dalemian-cuperliani che si raccolgono intorno alle posizioni di Mario Oliverio e del capogruppo Sebi Romeo. Neanche loro, però, si sono impegnati in una campagna per il sì. L’unico che sì è adoperato in tal senso è stato il presidente della Commissione regionale antindrangheta Arturo Bova.
Il gioco nel Pd calabrese, insomma, è rimasto tutto sotto traccia, anche perché le fazioni in campo aspettano passaggi fondamentali prima di prendere posizioni nette. Oliverio, ad esempio, spera di conoscere abreve gli esiti della disfida eterna sulla sanità (martedì c’è in cantiere il tavolo Adduce), mentre a Cosenza Magorno rischia di andare ko alle prossime amministrative, se non si riuscirà a chiudere l’accordo con Ncd, dando un profondo dispiacere a Renzi e al suo Lucio Presta. L’abbinata con un’eventuale sconfitta a Crotone, dove la situazione non è certo migliore, rimetterebbe assai in discussione la sua leadership in Calabria.
Meglio la prudenza, allora. Dichiarazioni pacate e rilasciate con il contagocce. Nessuna polemica e nessuna campagna. In modo che Magorno possa sorridere per il mancato quorum, gli astenuti non debbano giustificare la propria decisione e Oliverio e i suoi guardino con ottimismo anche al 30% sfiorato a Cosenza. Per il momento, insomma, tutti hanno vinto. Specie in Calabria.


Riccardo Tripepi