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“Sono il segretario di Renzi, ma non dei renziani” ha spiegato Ernesto Magorno, al termine dell’assemblea regionale del Pd di Camigliatello silano. Quella che doveva servire per una discussione franca e per un’analisi senza sconti della sconfitta elettorale alle amministrative, ma che si è subito trasformata nel solito accordo bulgaro a sostegno del segretario.
Secondo Magorno un risultato possibile perché tutto il partito si sente da lui ben rappresentato. Compreso il governatore Mario Oliverio con il quale pare sempre più forte l’intesa.
Tanto che, a questo punto, la domanda da porre al segretario sarebbe: in Calabria ha ancora senso la distinzione tra renziani e non? E la sinistra del Pd di cui Oliverio era fiero sostenitore ai tempi di Cuperlo che fine ha fatto?
Ad oggi sembrerebbe rappresentata dal solo Nico Stumpo che ha prodotto uno dei pochi interventi critici durante un’assemblea che si è trascinata stancamente e senza particolari scossoni. In buona sostanza il gruppo granitico (Adamo, Bossio, Guccione, Romeo, De Gaetano, Censore e compagnia) che ha portato Oliverio alla vittoria delle primarie e dunque alla presidenza della Regione non esiste più. Evaporato. O meglio compattamente passato dall’altra sponda, quella che gestisce il potere a livello nazionale e che potrebbe farlo ancora per lungo tempo. Lo dimostra l’esito dell’assemblea e la decisione assunta, oltre che sulla riconferma della fiducia al segretario Magorno, in ordine all’impegno verso il referendum costituzionale di ottobre. Un referendum, così come ha spiegato all’assemblea, il deputato Demetrio Battaglia (renziano doc) che è fondamentale sia per il premier e per il governo, ma anche e soprattutto per il futuro del Paese. Sulla riforma, molto prima dell’assemblea, si era impegnato anche il governatore Mario Oliverio, assumendo una linea assai diversa rispetto a quella decisa per il referendum sulle trivellazioni.
Il risultato paradossale è che, al netto delle prese di posizione di Stumpo critico anche nei confronti della gestione dei congressi di Vibo, Catanzaro e Reggio, le critiche a Magorno sono arrivate dai giovani guidati da Marco Ambrogio e Gianluca Callipo. Loro sì renziani della prima ora. Tanto che proprio Gianluca Callipo, da renziano appoggiato anche dal segretario Magorno, alle primarie sfidò la sinistra Pd calabrese e perse sonoramente contro Mario Oliverio.
Gli altri contestatori, gli assenti come Guccione e Aieta, o i nemici della giunta dei tecnici come Ciconte, battono il terreno ormai da indipendenti in cerca di spazi migliori.
Ed allora nella maionese unitaria del Pd calabrese, che impazzirà alla prima occasione utile in barba alle unità di facciata, nessuno vuole fare passi azzardati. Da tutti renziani, o quasi, si aspetterà il referendum e al suo esito si faranno partire i regolamenti dei conti. Specie se Renzi e il sì non dovessero vincere.
Per il momento, invece, si va avanti così con l’inedito abbraccio tra Magorno e Oliverio che, forse, fanno il gioco delle parti anche sui Commissari Scura e Urbani. Un giorno sì e un giorno pure ne chiedono le dimissioni, mentre a Roma continuano ad approvarne l’operato. Un giochetto che fa pensare agli interpreti più malevoli che “scaricare” le responsabilità sul Commissario, che ne frattempo opera da ragioniere e razionalizza, possa anche essere una precisa strategia.
Va tutto così bene in casa Pd che, caso assai raro, Marco Minniti non è intervenuto e non ha concluso i lavori. Lasciando l’onere al segretario che, anche da questo punto di vista, ha compiuto un ulteriore step nel percorso di stabilizzazione della propria leadership.
Riccardo Tripepi