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Insediamento presidente Regione Mario Oliverio.
Non se lo aspettava di certo un 2015 così complicato il governatore della Calabria Mario Oliverio. La fine dell’anno precedente era stata letteralmente un trionfo e sembrava potesse aprire le porte ad una stagione fortunata. Il 23 novembre del 2014, infatti, Oliverio stracciava Wanda Ferro e il centrodestra alle urne con una roboante vittoria elettorale che ha visto il candidato del centrosinistra volare oltre il 60%. Prima ancora Oliverio si era di fatto “preso” il Pd costringendo il segretario Ernesto Magorno alle primarie e battendo sonoramente il candidato renziano Gianluca Callipo.
Mario, insomma, arrivava a palazzo Alemanni con il vento in poppa. E nessuno avrebbe potuto immaginare quanto sarebbe stato faticoso il percorso fin qui compiuto, sia per alcune scelte del presidente, che per eventi che hanno reso il quadro complesso oltremisura.
Il primo ostacolo che Oliverio ha trovato sulla sua strada è quello relativo alla gestione della sanità calabrese. Mario, così come era avvenuto per tutti i suoi predecessori, si aspettava di essere nominato commissario ad acta per il piano di rientro dal debito del comparto. Con la legge di stabilità varata dal governo Renzi sul finire del 2014, però, veniva eliminata la possibilità che il commissario coincidesse con il governatore. E a nulla sono valsi i pareri legali messi insieme da Oliverio e il suo staff per dimostrare che quella normativa non dovesse applicarsi ai governatori eletti prima della sua entrata in vigore e altri cavilli simili. Né sono state veritiere le rassicurazioni romane che pure ad Oliverio erano state date in una prima fase. Alla fine Renzi è andato dritto per la sua strada inviando l’ingegnere Massimo Scura a fare il commissario in Calabria. Un durissimo colpo per Oliverio che ha protestato con forza con i big romani di Pd e governo, non riuscendo però a cavare un ragno dal buco. La convivenza con Scura e la gestione della sanità (con gli interventi discutibili di Cantone) sono state uno dei principali problemi del governo Oliverio di questo primo anno e, con tutta probabilità, lo saranno anche per l’anno prossimo. L’incompatibilità tra i due è totale e non risolvibile. La differenza rispetto al passato è che Oliverio pare aver recuperato nel dialogo con il governo nazionale e legittimamente spera di poter tornare alla gestione ordinaria del comparto con la fine del commissariamento.
Alcuni altri guai, invece, il governatore pare esserseli andati a cercare. Con ostinazione ha voluto mettere mano, per prima cosa, alla macchina organizzativa e burocratica della Regione avviando una serie di riforme i cui frutti magari si vedranno nel futuro, ma che fino ad oggi hanno soltanto “imballato” i motori regionali. Tra queste la riforma dello Statuto per eliminare le figure dei consiglieri supplenti e dei sottosegretari e spazzare via il limite al numero di assessori esterni da nominare in giunta, prima stabilito nel 50%. Una riforma che ha concluso il suo iter soltanto ad agosto, a causa delle due approvazioni in Consiglio necessarie per modificare lo Statuto. Nelle more il governatore aveva varato una mini-giunta con Ciconte, Guccione e De Gaetano. Un esecutivo troppo scarno per fronteggiare le emergenze di una Regione senza governo da lungo tempo, considerata la traumatica fine della legislatura precedente con le dimissioni di Scopelliti, e forse allestito tenendo in considerazione troppo le logiche di partito e di corrente e non quelle di opportunità. Tutta la mini giunta, infatti, è rimasta coinvolta, certo con posizioni assai diverse tra loro, nell’inchiesta denominata “Erga omnes” che la Procura di Reggio aveva avviato per far luce sulle spese pazze dei gruppi consiliari di palazzo Campanella. De Gaetano, in particolare, deve difendersi da accuse assai pesanti e dopo una fase di domiciliari, adesso si trova fuori dalla Calabria nella quale i magistrati non gli consentono di tornare. Proprio De Gaetano, che si è dimesso subito dopo l’esplodere del caso, era stato escluso dalle liste Pd in una drammatica riunione che aveva deciso le candidature e sempre lui è stato il motivo del gran rifiuto di Maria Carmela Lanzetta che non ha voluto far parte della prima giunta Oliverio. Perché mettere in giunta un esponente politico che non era stato giudicato idoneo a fare il consigliere regionale?
Oliverio, insomma, si trovato costretto a fronteggiare una bufera violentissima, dalla quale è venuto fuori soltanto da qualche mese, grazie alla rinnovata collaborazione con Renzi e Lotti. Ultimata la riforma dello Statuto, di concerto con i big renziani del partito, Oliverio ha operato la scelta dolorosa, ma inevitabile, di un rinnovamento totale. Via tutti gli assessori in carica e anche il presidente del Consiglio (Irto è subentrato a Scalzo). Oliverio ha così varato la sua giunta dei professori o dei tecnici che dir si voglia puntando a competenze e professionalità e lasciando ai margini la politica. Una scelta che ha avuto immediati effetti con i mal di pancia nel partito (Guccione su tutti) e nella maggioranza soprattutto da parte di chi aspirava a governare ed è rimasto escluso. Proprio questo tema potrebbe essere uno dei principali sia per il governatore che per il partito anche nell’anno che verrà. La politica chiederà spazio dopo aver portato i voti e Oliverio e Magorno dovranno, sotto la supervisione di Minniti sempre più commissario ombra del Pd, riuscire a tenere la barra dritta e le truppe unite, anche in vista di delicati appuntamenti amministrativi come quelli che di svolgeranno a Cosenza e Crotone.
Superata la bufera, il governatore ha provato ad accelerare per recuperare il tempo perduto. In particolare ha dato le chiavi della macchina burocratica al suo vice Antonio Viscomi per una messa a punto generale. Il professore ha presentato in giunta una proposta assai innovativa che rivisita, riduce e ripensa dipartimenti e comparti e prova a snellire un impianto che da sempre appesantisce il governo della Regione. Un altro tassello necessario per permettere alla giunta e al presidente di poter correre. Così almeno dice Oliverio e così deve sperare la Calabria che non può permettersi di perdere ancora altro tempo. Tra le dimissioni di Scopelliti, l’avvio al rallentatore di Oliverio e l’esplodere di Rimborsopoli, è passato quasi un anno e mezzo senza un governo stabile e forte in grado di fronteggiare le emergenze calabresi.
Oliverio, adesso, deve andare veloce. Puntando ovviamente sulla gestione dei fondi comunitari, che per il 2014 è riuscito a salvare in buona parte, e rendendo reali i punti programmatici rinnovati anche durante le ultime sedute di Consiglio che salutato l’anno con l’approvazione del bilancio di previsione per il 2016. La Zes per Gioia Tauro e complessivamente il rilancio del porto, al quale sta lavorando alacremente l’assessore Russo, è uno di questi e uno dei più significativi. E’ necessario poi che si arrivi a risultati concreti in termini di sviluppo e occupazione, magari sfruttando questa timida ripresa per il Meridione che proprio in questi giorni è stata messa in evidenza dagli analisti di Confindustria. Insomma, da qui in avanti non ci saranno più alibi.
Riccardo Tripepi