A Lamezia pochi giorni fa si è consumata una storia infame, una storia che in pochi hanno notato, una storia sulla quale nessuno ha ritenuto di aprire una riflessione. Un mitomane s'inventa un'aggressione ad opera di alcuni extracomunitari, qualche giornale lancia la notizia e, come sempre avviene in quest'epoca, almeno quando di mezzo ci sono degli extracomunitari, la pancia del popolo viene agitata. A farla agitare più rapidamente ci pensano coloro che, mons. Galantino, ha efficacemente definito "piazzisti da quattro soldi alla ricerca di facile consenso" e, aggiungo io, con la sensibilità delle iene. Ma andiamo al fatto. Consumato il presunto misfatto e denunciato, partono gli slogan: "cacciamo gli occupanti" dalla nostra città. Un copione visto e rivisto in tante parti d'Italia. Una sceneggiata trita e ritrita condita dalla preoccupazione pelosa dello stato di disagio dei cittadini. Questa volta però, a Lamezia, qualcuno risponde al delirante appello: il quartiere Capizzaglie, tristemente noto perché infestato da cosche mafiose feroci e sanguinarie da decenni. I "coraggiosi" rivoltosi pensano bene di assediare la sede di una comunità che, da anni fa accoglienza e recupero in città, insomma, si occupa degli ultimi. In quella sede, infatti, vengono accolti tanti extracomunitari scampati alle tragiche traversate del mare. La polizia qualche ora dopo smentisce la ricostruzione dell'aggressione, insomma, pare che, l'anziano che aveva denunciato l'aggressione si sia inventato tutto, passa qualche ora e tutto rientra. La vicenda non fa notizia, giusto qualche accenno nei giornali, qualche dibattito sui social, ma niente di più. Nelle ore successive il solito stanco e stantio dibattito politico tra sinistra e destra e il solito teatrino delle banalità inconcludenti di politici e politicanti seppellisce definitivamente la notizia e, con essa, l'interesse dei media. Sullo sfondo rimane la giustificazione per la rivolta dei cittadini: la gente non ce la fa più, gli extracomunitari hanno reso la città invivibile. E, dunque, popolo giustificato, gesto perdonato. "La moltitudine, questa enorme bruttura che, ridotta ai suoi elementi, sembra fatta di uomini e di ragionevoli creature di Dio; ma, confusi insieme, formano una grande bestia e una mostruosità più orrenda dell'Idra", questo sosteneva Browne e, forse non aveva mica torto. La questione immigrati e' una questione complessa e, personalmente, non sono tra coloro che, sia a destra che a sinistra, ne fanno una disquisizione ideologica. So bene che tanti italiani e calabresi oggi vivono disagi economici e sociali pesantissimi, ma sono altrettanto consapevole che, tali disagi, non sono certamente la conseguenza dei popoli stremati da guerre, dittature, fame, persecuzioni che cercano ristoro, rifugio e un'altra vita da noi, intendendo per "noi" il mondo occidentale del quale facciamo parte. Sono consapevole che, sull'accoglienza, c'è gente senza scrupoli che si sta arricchendo : mafia, 'ndrangheta, associazioni laiche e religiose, un sistema che va rapidamente corretto, forse in alcuni caso smantellato e, tuttavia, sono altrettanto convinto che questo fenomeno non riusciremo a fermarlo con le cazzate che propongono i vari Salvini o gli eredi neofascistoidi in salsa italiana. Per questo motivo, sento un incontenibile disprezzo per coloro che, strumentalizzano il disagio sociale degli indigeni in chiave anti immigrati. Fin qui, la mia valutazione politica di ordine generale. Sento però, l'esigenza di esprimere la mia opinione e il mio giudizio su coloro i quali hanno manifestato contro gli extracomunitari, il cosiddetto "popolo", e ciò, a costo di farmi qualche nemico. E d'altronde, se in questo mestiere non ti fai qualche nemico vuol dire che si rinuncia a scrivere qualche verità. Per esempio, io penso che assaltare la casa dei più deboli, dei disperati, dei rifugiati, perché questo sono gli immigrati, non è propriamente un atto di coraggio, soprattutto se a farlo, e' quello stesso popolo di Capizzaglie che, convive da sempre sullo stesso pianerottolo con le famiglie di 'ndrangheta che, proprio in quel quartiere, hanno commesso le più squallide e sanguinarie nefandezze, e tutto ciò, senza che quel popolo abbia mai avuto un minimo di reazione. Qualche tempo fa proprio in quel quartiere furono uccisi e bruciati due ragazzi, due cosiddetti "cani sciolti", rei di non essere allineati alle regole delle cosche. Un omicidio orrendo, ma il "popolo" di Capizzaglie si guardò bene dall'assaltare le case dei capi 'ndrangheta per dire basta a quel tipo mattanza che avrebbe potuto ingoiare i loro stessi figli. E dov'era il popolo di Capizzaglie durante la guerra tra cosche che ha insanguinato quel quartiere per anni? Dov'era il popolo di Capizzaglie mentre si estorceva, si mettevano bombe alle attività commerciali, si incendiavano le attività imprenditoriali, si vendeva la droga ai propri figli? Il quartiere Capizzaglie così come tanti altri, e' stato muto, con la testa chinata, ha preferito girarsi dall'altra parte. Può avere dunque un briciolo di dignità, di credibilità, la rivolta del "popolo" di Capizzaglie contro gli immigrati? A parer mio nessuna. Negli ultimi anni, in Calabria, abbiamo assistito ad una sola rivolta, almeno secondo il mio punto di vista, degna di essere definita tale, e cioè, quella dei neri di Rosarno, sfruttati e schiavizzati dalle cosche del luogo, dopo l'ennesima angheria, in una giornata di imprevedibile follia fecero quello che i rosarnesi non fecero in una vita, ribellarsi e prendere a calci nel sedere i capi cosca della città. In quell'occasione i figli dei capi cosca impauriti dalla rivolta chiesero aiuto al "popolo" di Rosarno per fermare il furore dei nuovi schiavi. E quel popolo invece di schierarsi con i neri, si schierò con i loro storici aguzzini. Questa era ed è, l'amara verità. Ecco, io penso che il quartiere di Capizzaglie, oggi, come Rosarno ieri, potrà essere preso in considerazione solo nel momento in cui avrà consapevolezza che, la conseguenza del suo degrado, sia da addebitare alla illegalità e, alla "regole" che, in quel quartiere come in altri, hanno imposto le cosche lametine, vera infezione della città. Se poi si riflette sulla circostanza che, la comunità presa di mira, e' la stessa che, coraggiosamente, ha insediato le proprie attività in alcuni fabbricati confiscati proprio alle stesse cosche che per anni l'hanno fatta da padrone in quel quartiere, allora, oltre a constatare l'assenza di qualsiasi credibilità della rivolta di Lamezia, e' lecito anche farsi venire qualche sospetto sulla natura della rivolta stessa.
Pasquale Motta