Un breve racconto ambientato a Pizzo tra ricordi d’infanzia e vecchie tradizioni legate all’Epifania
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In un tempo non tanto lontano, quando Babbo Natale non aveva ancora fatto la sua comparsa e neanche i compleanni venivano tanto solennizzati come oggi accade, una delle rare occasioni, se non l’unica, per i bambini dei vicoli di Pizzo per ricevere un giocattolo era l’Epifania, ovvero la Befana che arrivava di notte mentre questi dormivano e lasciava sotto il loro cuscino o accanto al letto il dono tanto anelato. Non sempre, però, anzi quasi mai, ciò che era stato richiesto arrivava regolare. Spesso, la Befana si distraeva, faceva confusione.
Per esempio, un trenino richiesto con 24 vagoni, al massimo arrivava composto da due o tre vagoni più la motrice; la bambola pretesa che parlava, il più delle volte arrivava muta. Si sa, la Befana era una vecchina tanto avanti con gli anni ed il suo cervello non l’aiutava tanto tanto. Questa era la difesa dei genitori allo strepitare dei pargoli che sovente vedevano i loro sogni disattesi.
E così, quando il nipote di mastro Addecu la mattina del 6 gennaio trovò sotto il cuscino la solita pistola ad un colpo solo, dopo che aveva bene specificato nella letterina che con tanta scrupolosità aveva preparato, dove per quest’anno chiedeva il fucile a dodici di colpi e non sempre la stessa rivoltella ad uno colpo solo, esclamò:
«Vecchja befana rimbambìta, citròla simendùsa, o sii scema o sii strunza! Ma no’ ti ‘ngarricàri, aguànnu chi beni t’aspettu rivigghjàndi e si ti viju n’atra vota chi ti presendi cu ‘a stessa tiritera, sai adduvi t’a zzippu?»
Ma, nonostante la delusione, anche quella mattina uscì di casa con la colt ad un colpo legata al fianco, come John Wayne, il suo idolo, faceva nei suoi film e, sparata quell’unica strisciolina di colpi ad essa compresa, per uccidere i nemici non gli rimaneva che la bocca: bum, bum, bum …!