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Quando leggo dichiarazioni politiche pompose mi viene il prurito. Non perché sia disfattista o perché non credo nel futuro. No. E’ puro e semplice realismo. Da qualche tempo il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, va dicendo in giro della possibilità di portare le Olimpiadi in Calabria. Le ha ribattezzate le “Olimpiadi della Magna Grecia”. Leggendo le sue dichiarazioni ciò che mi impressiona non è tanto il sogno, perché in qualità di sogno – appunto – tutto rimane fantasia. Mi impressiona la facilità con la quale il sindaco dei “rendering” (i rendering sono quei progetti digitali che, specie in campagna elettorale, fanno sembrare le opere pronte domani mattina) riesce a promuovere idee faraoniche con la facilità con la quale si aggiusterebbe un tombino. “Chi ‘cci voli? Un project financial, quattro finanziamenti, 2 co-finanziamenti, un cronoprogramma e t’ajj cuntatu u fattu”.
Già, che ci vuole ad organizzare un evento da (Rio2016 docet) 11 miliardi di dollari in Calabria?
Allora, il tempo delle chiacchiere non è finito. Praticamente è impossibile chiedere alla politica locale di pensare alla vita dei propri cittadini in maniera seria e professionale. Ormai bastano i comunicati stampa e benvenuti nella fiera delle idee. Chi la spara più grossa (o bella) vince un premio. Capisco che da Berlusconi in poi lo “sloganismo” è divenuto il mantra, ma non è più il tempo delle fantasie. Non starò qui a sottolineare quali e quanti siano i problemi prioritari di questa regione perché sarebbe ingeneroso per quel briciolo di dignità rimasta alla Calabria. E’ importante, invece, soffermarsi su un altro aspetto della faccenda: perché coloro i quali si spendono con forza a favore di una inimmaginabile opera come le Olimpiadi o il Ponte sullo Stretto non usano la stessa forza per pretendere il raggiungimento della normalità? E perché, cosa forse più grave, qualora ci dovessero essere sul serio determinati finanziamenti per determinate fantasie, gli stessi invece non vengono mai contemplati per - la butto lì – il completamento definitivo della 106? E come la 106 si potrebbero elencare una serie infinita di piccole e medie opere, che con tutti i soldi potenzialmente spesi per una sola cosa (o ponte o Olimpiadi) riuscirebbero a portare la Calabria più vicina all’Europa.
Purtroppo sono consapevole che certi discorsi possano essere scambiati per populisti, ma nemmeno questa ipotesi credo possa funzionare più. Populista è colui il quale punta alla pancia dell’elettore medio inseguendo il nulla. E aggiustare le buche sulla – per dire – Vazzano/Vallelonga non è il nulla. E’ nulla immaginare una serie di impianti sportivi da 50mila posti ciascuno nei pressi delle rovine sempre più rovinate di Sibari. Che poi, mettendo il caso si realizzino, ci si chiede a chi servirebbero una serie di impianti da 50mila posti ciascuno se tutto lo jonio cosentino conta circa 300mila abitanti.
Eddai, ma per quanto tempo ancora questa benedetta politica si cimenterà quotidianamente nell’ignobile arte della costruzione di castelli di sabbia?