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Otto sbarchi in 8 giorni, più di 2500 migranti arrivati in 4 porti calabresi, zero esternazioni del governatore Mario Oliverio e della sua giunta. Quella appena trascorsa è stata la settimana del “venerdì nero” dei soccorsi, 5 attracchi - di cui 2 nella sola Crotone dove sono arrivati anche 32 cadaveri – ma alla Cittadella hanno fatto come se nulla fosse.
In questi giorni le agenzie hanno battuto svariate notizie sulle cose fatte o pensate dal presidente, comprese quelle relative alle contestazioni mosse da Oliverio ai suoi compaesani del moto-raduno di San Giovanni in Fiore, ma nessuna dichiarazione su questo fatto straordinario che ha portato nuovamente la Calabria sotto i riflettori nazionali per il contributo che dà la sua gente.
Per il cuore generoso dei suoi volontari, certamente, ma anche per la macchina organizzativa delle prefetture ormai ben oliata di sbarco in sbarco. Tanti spunti su cui Oliverio poteva dire la sua, posizionando l’ente rispetto al dibattito sulle politiche nazionali ed europee dell’accoglienza, segnalando slanci umanitari o richieste di aiuto allo Stato: ma il governatore ha scelto il silenzio e l’assenza.
I suoi corregionali si sono dati da fare sulle banchine anche senza un lavoro di mezzo, piazzando tende per curare i malati, facendo collette per sfamare i migranti appena toccano il suolo europeo, ma il presidente non ha parlato e non c’era. Si dirà: la Regione non ha competenza amministrativa diretta, nessun Dipartimento è chiamato in causa in occasione degli sbarchi per predisporre atti. Cosa mai possono dire e fare le istituzioni calabresi per gli africani che arrivano e, in molti casi, ripartono?
Intanto si potrebbero dare risposte ai medici delle Asp coinvolte, che lamentano come le carenze di organico impediscano di coprire contemporaneamente il lavoro ordinario e quello straordinario. Ma poi, volendo “stare sul pezzo”, le figure sensibili ai temi della solidarietà – come l’appartenenza politica dei componenti della giunta regionale imporrebbe – potrebbero arginare, nei vari territori dove gli sbarchi avvengono, la contestazione del ruolo che la “Calabria accogliente” ormai ha assunto nel panorama europeo. Su questa che sembrerebbe una battaglia politica e culturale niente abbiamo sentito in questi giorni, registrando anzi una distanza siderale tra la Regione e i fatti epocali di cui i calabresi sono protagonisti generosi.
Non c’è grande porto regionale che ormai non sia impiegato anche per gli sbarchi; le amministrazioni comunali sono coinvolte nell’accoglienza dei minori non accompagnati, al pari dei volontari e dei soggetti del privato sociale: le sfide della nuova Calabria, insomma, toccano tanti, ma la politica sembra altrove quando c'è uno sbarco. Il governatore ha un suo delegato alla “Immigrazione”, che però non è un assessore né un consigliere regionale; ha poi sposato il progetto per costruire il cimitero dei migranti a Ferramonti, e queste due cose sembrano dirla tutta sui limiti di determinazione della politica e di una condizione mentale in cui tra la partenza dall’Africa dei migranti e l’arrivo in Calabria si vede solo la morte.
L'isola di Lampedusa ha saputo negli anni farsi valere, riconoscersi e dialogare con le istituzioni, offrire risposte di accoglienza e rilanciare l'immagine turistica. La Calabria degli sbarchi continui non sembra oggi nelle condizioni di far valere il senso della sua condizione straordinaria di regione più povera e porta d'Europa.
Agostino Pantano