Il dibattito nel PD sembra aver preso una piega diversa da quello che si ipotizzava all’indomani del disastro elettorale del 4 marzo. A dare la virata il Presidente della giunta regionale, Mario Oliverio

 

 

Il governatore della Calabria infatti, tenta di uscire dall’angolo per non rimanere stritolato dal dissenso e dai malumori galoppanti che hanno travolto il PD dopo la catastrofe elettorale alle politiche. E’ di qualche giorno fa, infatti, la sua proposta per le regionali del 2019 di lavorare ad un’ampia alleanza civica che vada oltre il PD, anzi, per essere chiari, senza simboli di partiti. L’obiettivo dichiarato è quello di aggregare intorno al programma forze civiche, amministratori e scontenti dei vecchi schieramenti politici. Una sorta di grande coalizione per provare a conquistare per la seconda volta il governo della Regione. Ovviamente a guida Oliverio

 

 

Proposta suggestiva, certamente, ma che in se, ha una debolezza: la riconferma di Oliverio. Intendiamoci, la proposta è intelligente, nel senso che, nella fase più antipolitica della storia repubblicana, punta a ricollocare e rilanciare  un progetto riformista nel contesto di nuovo soggetto politico. Tuttavia, sorge spontanea la domanda: è credibile che a guidare un vasto soggetto rinnovato nella formula sotto forma di una confederazione di forze civiche e territoriali con l’obiettivo di contrastare il populismo galoppante, possa essere guidato dall’uomo politico più partitico e longevo del panorama calabrese? E, soprattutto, viene naturale chiedersi: in quale sede è stata decisa questa strategia considerato che, il PD, non è stato in condizione ad oggi di sostituire nemmeno il segretario regionale scaduto ormai da mesi ne’ di avviare una seria riflessione sui motivi che hanno quasi asfaltato il suo radicamento storico e politico?  

 

Sono in molti, dunque, ad ipotizzare che la proposta sciorinata dal Presidente della regione sia solo un escamotage per sfuggire al dissenso crescente nel suo partito sulla stessa qualità del governo regionale da lui guidato. Insomma, per dirla in due parole, il sospetto che alberga in molti osservatori, è quello che, il Governatore, intenda semplicemente e abilmente sfuggire alla possibilità che la discussione nel suo partito possa frenare la sua aspirazione alla ricandidatura alla Presidenza della Regione. 

 

 

D’altronde, il Pd calabrese è ormai completamente svuotato dall’inconcludenza della segreteria Magorno, scassato dalle sconfitte nei territori, immobilizzato da lotte intestine tra big.  Reggio è senza segretario provinciale, Catanzaro immobilizzato tra le velleità del presidente della Provincia che punta a una candidatura alle regionali e le imminenti defezioni di Antonio Scalzo, già in rotta verso la galassia dei fratelli Gentile con tanto di benedizione dell’Opus Dei e i richiami del movimentismo di Agazio Loiero, ai quali, invece, guarda Enzo Ciconte.  

E’ molto probabile, dunque, che Oliverio possa aver pensato che, se il giocattolo partito ormai è scassato e difficilmente controllabile,  tanto vale scassarlo definitivamente collocandolo fuori dal gioco dalla scelta della ricandidatura e delle alleanze e, altresì, lasciandosi le mani libere per i prossimi mesi dal risiko degli equilibri interni.  D’altronde, è meglio trattare direttamente con  vecchi e nuovi dignitari del panorama del centrosinistra e non solo, piuttosto che, sottoporsi a logoranti discussioni interne nella complicata galassia democrat. Fantapolitica? Può darsi, ma anche no. 

 

 

Infatti, qualche dirigente del PD, sembra aver fiutato la trappola del Governatore. Per esempio, l’ex parlamentare Franco Laratta, il quale, in una dichiarazione ha liquidato la proposta di Mario Oliverio, definendola cinica e priva di significato politico, (…) “sarà un modo per fondersi, confondersi, nascondersi. Tutti civici, tutti confusi, tutti nuovi, tutto finto. Ma veramente pensate che i cittadini elettori abboccheranno?”, ha chiosato l’ex deputato PD.  E anche, Luigi Guglielmelli, segretario del Pd di cosentino, tenta di aggiustare il tiro cercando di dare il classico “un colpo al cerchio e uno alla botte”, in una nota sul suo blog afferma:  “possiamo tenere insieme PD e Civismo; facciamo in modo che il partito sia a sostegno di questo modello e di Mario Oliverio e diamo mandato allo stesso di costruire da subito una coalizione civica popolare e democratica per battere conservatorismi, trasformismi e bonapartismi vari.” Tutti d’accordo? Apparentemente sembra di si e, tuttavia, qualcosa non quadra. Nicola Adamo, uno dei storici alleati di Mario Oliverio, per esempio, tace. Un silenzio che potrebbe rivelare che la linea dettata dal Governatore non sia affatto condivisa dall’eminenza grigia del PD calabrese. E proprio questo silenzio, inoltre, potrebbe confermare la voce che da qualche tempo circola tra i corridoi dei santuari del centrosinistra, e cioè che,  l’alleanza tra Adamo e Oliverio stia seriamente scricchiolando. D’altronde, la riflessione di Guglielmelli potrebbe essere il tentativo di una mediazione prima che la crepa possa trasformarsi in una voragine.

 

I segnali premonitori di una possibile guerra ci sono tutti. Mentre Adamo si è trincerato in un rigoroso silenzio, frutto della sua proverbiale prudenza, Enza Bruno Bossio, invece, non riesce a contenere il suo nervosismo. E’ di poche ore fa, infatti,  un duro scambio di accuse sui social con il consigliere regionale Giuseppe Aieta, sostenitore della prima ora della proposta di Oliverio e della sua ricandidatura. La parlamentare cosentina, infatti, ha accusato  il consigliere regionale di non aver votato il PD. L’ex sindaco di Cetraro ha risposto a muso duro, accusando la parlamentare di usare toni “spudorati”.  

Insomma agli occhi di chi come noi cronisti politici osserviamo la dinamica politica sociale con gli occhi ben piantati sulla realtà sociale calabrese e avendo nelle orecchie quotidianamente le voci dei malumori crescenti dei calabresi sulla classe dirigente della nostra regione, questa discussione ci sembra surreale, ci appare come un teatrino messo in scena da parte di coloro, i quali stanno conducendo una discussione che non ha minimamente cognizione delle dinamiche che hanno scaturito lo tsunami elettorale sul pd e sul centrosinistra calabrese,  per dirla come lo scenografo statunitense, Robert Fanney “è la maledizione dei potenti di essere ciechi per le proprie colpe”. 

 

 

Dopo il 4 marzo, sembrava che da un momento all’altro dovesse aprirsi una larga discussione tra gli amministratori, tra il gruppo dirigente, tra i militanti del PD, in prospettiva di una salutare catarsi della storia della sinistra calabrese. Sembrava che la sinistra avesse compreso la lezione delle urne.  E invece niente. Tutto è rimasto fermo. Tutti a discutere e a consumarsi dentro un’assurda lotta per l’autoconservazione e per dividersi le briciole, la macerie, di una fallimentare stagione politica. “La lotta per il potere può essere terribile, ma la lotta per le briciole del potere è sempre patetica” ha affermato il filoso e aforista spagnolo Ramón Eder. Già, patetica. 

Pasquale Motta