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Stavolta hanno lavorato di fino Magorno e Oliverio, con la supervisione del commissario ombra Marco Minniti, per togliere le castagne dal fuoco ad un Pd reduce da una dura sconfitta alle ultime amministrative e da un difficile avvio di legislatura regionale.
Sanità, referendum, rimpasto di giunta e riorganizzazione del partito sono i tasselli del puzzle al quale stanno lavorando i vertici per arrivare ad una quadra che possa soddisfare tutti e tenere insieme la baracca.
Una trattativa ancora aperta, ma l’apertura della quale è servita ai vertici calabresi per guadagnare tempo. Stavolta i consueti rinvii della direzione regionale non erano stati sufficienti a mettere tutta la polvere sotto il tappeto. E così dal cilindro di Marco Minniti è venuta fuori l’idea di un’assemblea regionale in due giorni, il 28 e il 29 luglio per arrivare alle decisioni “Non possiamo permetterci una discussione perennemente aperta” ha detto, in maniera tale da aver disinnescato il detonatore alla riunione di ieri.
Magorno ha sfruttato al meglio l’assist proveniente da Roma per dare il suo avviso ai naviganti: “Non mi dimetto” ha detto chiaramente in apertura dei lavori, pur assumendosi la sua parte di responsabilità delle ultime sconfitte elettorali. “E se qualcuno vuole un cambio della guida – ha proseguito – lavori per diventare maggioranza nel partito, così come ho fatto io a sue tempo”. In perfetta linea con quanto detto da Renzi alla direzione nazionale, rivolgendosi alla minoranza dem. Ed il congresso, ha spiegato il segretario, non si terrà prima di novembre e cioè quando sarà noto il risultato del referendum costituzionale che anche in Calabria diventa nodo gordiano per il futuro del partito e delle varie leadership. A tal proposito va rilevato che la direzione regionale, proprio per non lasciare niente al caso in vista della consultazione referendaria, ha nominato il responsabile per la campagna elettorale individuandolo nel deputato reggino Demetrio Battaglia.
A chiudere il cerchio Mario Oliverio che ha indicato nella specificità di alcuni territori le ragioni di alcune sconfitte elettorali, mentre ha sottolineato l’importanza di proseguire nel processo di riforma della Regione e nel garantire risposte ai bisogni primari dei cittadini calabresi. Centrale per realizzare questi obiettivi è riprendere le redini della sanità strappandole ai commissari. “Loro sbagliano le scelte e noi subiamo le critiche”, in estrema sintesi, il messaggio di Oliverio ai vertici del Pd.
La novità, stavolta, è che Marco Minniti pare essersi assunto l’onere di provare a sbrogliare la matassa che ingessa il comparto fin dall’avvio della legislatura, attraverso un’opera di mediazione con il governo. “Dobbiamo sostenere lo sforzo che si sta facendo – ha detto Minniti - Il risultato elettorale è una campana e se non vogliamo che sia la campana dell'ultimo giro, dobbiamo cambiare profondamente. Dobbiamo parlare della sanità ed io trasferirò quello che è stato detto a livello nazionale. il problema della sanità non è solo il problema di come è strutturato il settore perché noi ci dobbiamo occupare della salute dei cittadini garantendola: governare la sanità per garantire la salute dei cittadini”.
In buona sostanza la partita sembra essere questa: Oliverio vuole i commissari fuori dalla Calabria ed è disposto a mettere mano alla giunta riaprendo le porte alla politica. In questo modo si potrebbe far rientrare il dissenso dei più critici (Guccione, Ciconte, Scalzo e compagnia) e puntellare ancora la leadership del segretario regionale. Con la risoluzione delle incompatibilità nelle Province di Reggio e Catanzaro dove i segretari provinciali devono essere sostituiti, a norma di statuto, si potrebbe far quadrare il cerchio e dare un segnale importante a Roma con una mobilitazione da record in vista del referendum. Minniti dovrebbe essere il garante di tutte le operazioni che avranno il loro primo banco di prova all’assemblea regionale di fine luglio.
Abbastanza per fare rientrare nei ranghi, almeno per il momento, i principali oppositori. Il documento degli uomini di Callipo e Ambrogio, letto da Arturo Bova, è stato declassato ad elemento di futura discussione, mentre i vari Guccione e compagnia dopo aver fatto salire la tensione nei giorni precedenti alla direzione, hanno poi abbassato di molto i toni durante il dibattito. Anche la richiesta avanzata da Pino Soriero in ordine ad un congresso straordinario è rimasta priva di esito.
Magorno, Oliverio e Minniti, insomma, hanno guadagnato un’altra tregua armata per provare a comporre il complicato puzzle democrat.
Riccardo Tripepi