Pochi giorni fa un eminente collega mi ha  inviato un sms nel quale c’era scritto: “Hai visto? Su De Gaetano avevi torto”. L’eminente collega faceva riferimento ad un pezzo che avevo scritto su Nino De Gaetano,  il quale poco prima di Natale si era trovato al centro di una tempesta mediatica dopo l’arresto di alcuni presunti malavitosi appartenenti al clan Tegano, cosca che operava nel quartiere Archi di Reggio Calabria. Cos’era successo quella mattina? All’apparenza sembrava  una normale retata di Polizia giudiziaria, tra altro a danno di esponenti di secondo piano della cosca, tuttavia sulle prime pagine dei giornali e dei siti on-line della Calabria, invece che la foto dei malavitosi arrestati, campeggiava la foto di Nino De Gaetano, ex consigliere regionale di Rifondazione Comunista ed ex assessore al Lavoro della Giunta Loiero, il quale, però, non risultava nemmeno  indagato. Dopo aver preso cognizione di tutta la rassegna stampa sul caso, decisi allora di assumere posizione con un pezzo che già nel titolo conteneva la mia opinione: “Ma che ha commesso Nino De Gaetano?” In quel pezzo mi chiedevo e chiedevo ai soliti professionisti dello scandalo che girano in rete, i quali già avevano issato le loro miserabili forche nelle loro affollate “piazze della Bastiglia” grondanti di sangue, di cosa dovesse rispondere Nino De Gaetano. Nessuno rispose, ne potevano farlo, giacché De Gaetano non risultava indagato e non gli veniva contestato alcun reato. Tutto si muoveva intorno ad una informativa della Polizia secondo la quale il signor Suraci, suocero di De Gaetano, si sarebbe adoperato  per ottenere il sostegno della cosca Tegano alle elezioni del 2010 in favore del genero. Una vicenda datata, dunque, già emersa 5 anni fa e che lo stesso De Gaetano pensava di aver chiarito già all’epoca. In una intervista, rilasciata al sottoscritto, De Gaetano, smontò i teoremi e lo fece con dovizia di particolari. L’unico che avrebbe potuto fornire elementi in merito, al massimo, poteva essere il sig. Suraci, il quale, però, era deceduto circa tre anni fa e tuttavia, in vita, mai gli venne contestato alcun reato. Dal 2010 ad oggi, dunque, sono passati cinque anni e su questa vicenda sembrava fosse calato il silenzio.  Il mio pezzo, quindi, tenendo conto di questi elementi, bollava il tutto come uno dei tanti casi di gogna mediatica. L’Sms del mio eminente collega mi produsse una certa inquietudine: vuoi vedere che ho parlato troppo presto? Pensai tra me e me. Vuoi vedere che la mia interpretazione dei fatti è stata smentita da elementi che non erano stati ancora resi noti? Pensai ancora. Dopo aver letto e riletto gli articoli della nuova bufera mediatica che ha investito De Gaetano qualche giorno fa, mi accorgo che non c’era nulla di nuovo se non il fatto che, qualcuno, aveva rilanciato la stessa notizia di un mese fa. L’oggetto, rimpastato a dovere, continuava ad essere  l’informativa, la stessa di un mese fa, la stessa presumibilmente di cinque anni fa. Ipotesi queste che, se prive  di elementi probatori, non hanno valore penale, come avevo già avuto modo di scrivere. E comunque, la valutazione di tutto ciò, è al cospetto degli organismi giudiziari, unici titolati ad emettere qualsiasi tipo di provvedimento. Organi giudiziari per i quali, sia chiaro, personalmente nutro gran rispetto e che ritengo  siano completamente disinteressati a qualsiasi forma di strumentalizzazione del caso. Sganciata dunque la vicenda dal piano giudiziario, personalmente penso che, il tutto, sia nient’altro che un “pastone” mediatico confezionato da qualche abile manina del mondo dell’informazione e dato in pasto a noi giornalisti, rei di essere sempre in corsa per acciuffare la notizia, una corsa che, spesso, ci porta a fare anche qualche errore di valutazione.  C’è da chiedersi: perché? A pensar male si fa peccato… diceva il vecchio Andreotti e, tuttavia, questa volta è difficile non pensare che questa vicenda non sia collegata in qualche modo alla fase politica regionale. Sarà un caso che sia la prima che la seconda bufera mediatica che hanno investito Nino De Gaetano avvengano all’indomani di indiscrezioni giornalistiche che lo indicavano tra i probabili assessori esterni della Giunta Regionale? Per chi crede al caso potrebbe essere una spiegazione, ma il sottoscritto che, invece, non crede alla sequenza delle casualità, anzi, per la verità, la pensa come Federico il Grande, il quale, in una lettera a Voltaire scriveva: “(..) il caso fa i tre quarti del lavoro in questo miserabile universo”. Ci sono troppi segnali in questa fase politica molto travagliata, che vanno nella direzione di impedire, rallentare, boicottare il sano decisionismo inaugurato dal nuovo Presidente della Giunta Regionale. E’ immaginabile che qualche “potere”, voglia condizionare l’autonomia del Presidente nella scelta della sua squadra di Governo? Credo di si, non solo è immaginabile ma addirittura molto probabile, d’altronde, in Calabria, è successo tante, troppe volte. Mario Oliverio ha più volte annunciato che intende radicalmente riformare alcuni settori strategici della Regione Calabria. Dietro lo sperpero delle risorse pubbliche, dietro il disordine del sistema sanitario, dietro il caos rifiuti, dietro la giungla della burocrazia, ci sono lobby di potere, sacche di privilegio, business. Sanguisughe queste che  stanno spolpando la Regione da troppi lustri e sono poteri forti, cricche di compari, lobby agguerrite, le quali non vogliono mollare l’osso. Il caso De Gaetano, la levata di scudi contro l’accorpamento del bilancio del Consiglio con quello della Giunta e qualche grana da Roma, sono tutti segnali rivolti a Mario Oliverio per rallentarne e bloccarne l’azione, limitare la sua autonomia,  con l’obiettivo di creare il pantano. Il caso De Gaetano è un pezzo di questo puzzle infernale che qualcuno vorrebbe creare ad arte. Il Presidente vada avanti senza farsi condizionare da questi segnali. Al Presidente Oliverio ci sentiamo in dovere di dare un  consiglio: metta in campo al più presto la sua squadra, senza tenere conto delle bufale mediatico-giudiziarie e gli errori mediatici che, magari involontariamente, danno ossigeno  agli agitatori al servizio dei poteri forti”, i quali  hanno dichiarato una guerra preventiva alla sua stagione di Governo. La prima battaglia da vincere è proprio questa: disarmare gli agitatori in servizio permanente contro il cambiamento.


Pasquale Motta