«È un giorno di festa e di gioia per tutta la Chiesa ed in particolare per la nostra Diocesi che lo ha avuto quale suo Pastore e, mi permetto di aggiungere, anche per la Diocesi di Casale Monferrato che ha dato i natali al Servo di Dio». Così, don Marco Mastroianni, postulatore della causa di beatificazione di mons. Vittorio Moietta (vescovo di Nicastro dal 1961 al 1963, anno in cui morì a causa di un male incurabile) intervenendo alla sessione di chiusura dell’Inchiesta diocesana sulla vita, le virtù, la fama di santità e di segni del Servo di Dio mons. Vittorio Moietta che, ha aggiunto don Marco, «si è distinto per la capacità, largamente riconosciutagli, di essere un uomo di dialogo. Lo ha mostrato in particolare nella disponibilità ad essere un costruttore di ponti con quelle realtà sociali, culturali ed anche politiche con le quali nella sua epoca non era affatto facile né scontato entrare in relazione liberi dal pregiudizio. Lo ha fatto con la semplicità e la spontaneità evangelica della guida che punta anzitutto a creare relazioni belle e rispettose, lasciando testimoniare ad esse la fede che anima il suo cuore. Il vescovo Vittorio è stato poi un vero pastore missionario, animato da un irrefrenabile zelo per quelle periferie fisiche ed esistenziali alle quali oggi la Chiesa va incontro come espressione di fedeltà al Vangelo, ma allora più facilmente emarginate e bistrattate. Ne era ben consapevole mons. Moietta che in breve tempo, pur nella ristrettezza di mezzi, girò in lungo e in largo il territorio della Diocesi che gli era stata affidata, lasciando un segno indelebile in chiunque lo incontrasse. Una propensione, la sua, fortemente connessa alla volontà di puntare allo sviluppo integrale di ogni fratello, nella consapevolezza che la povertà può assumere molti volti, e tenacemente animata dalla profetica ribellione di chi sente il dovere di impegnarsi per la realizzazione di un mondo più vicino alla creazione di Dio».

Le parole del vescovo Parisi

Il vescovo di Lamezia Terme, mons. Serafino Parisi, ha ricordato che «appena arrivato qui a Lamezia, ho sentito forte la testimonianza su monsignor Moietta che, poi si è manifestata anche come una sua presenza dentro i vari strati del tessuto sociale di questa nostra città e di questa nostra Diocesi. Per cui sono stato contento, all’epoca, di poter dare il via a questa fase diocesana della causa e l'ho sentito non come un dovere, ma come un richiamo forte, una provocazione perché quello che noi vogliamo dire con la santità, con la storia della Santità è che la bellezza del Vangelo altro non è che la forza della parola di Dio che può essere vissuta, incarnata, in ogni latitudine e in ogni tempo anche all'inizio di quegli anni Sessanta così particolari per quello che stava avvenendo sia sul piano economico sia dentro la storia della Chiesa con quel Concilio Vaticano II del quale, come è stato giustamente detto, monsignor Vittorio Moietta, è stato un antesignano per le idee e le proposte pastorali che ha fatto». 

«Ogni santo – ha proseguito il vescovo - si caratterizza per una sua modalità personale di vivere, di interpretare, di proporre la pagina del Vangelo. Però, soprattutto questa forma di santità di una persona vicina agli ultimi che vediamo nella figura di monsignor Moietta è quello che dovrebbe ispirare la nostra azione pastorale e, perché no? anche l'azione politica, l'azione sociale, perché noi cristiani crediamo in un logos che diventa sarx, una Parola che si fa carne. Noi non siamo fuori dal contesto sociale, noi siamo dentro questo contesto sociale e facciamo una proposta che è quella del Crocifisso risorto cioè del Vangelo che è capace di ridare la gioia a coloro che magari o non l'hanno mai avuta o l'hanno assaporata e poi l'hanno perduta». 

Due comunità lontane ma vicine con il cuore

Presente anche il sindaco di Brusasco, Giulio Bosso: «Non ho avuto la fortuna di conoscere mons. Moietta per motivi anagrafici – ha detto - , ma la mia passione per la storia mi ha dato l'opportunità di incontrarlo sui libri di testo, sui racconti e questo mi ha reso consapevole che gli insegnamenti, i messaggi, ciò che lui ha detto e ha scritto siano un esempio, non solo per chi segue la vita religiosa, ma anche per chi ha responsabilità amministrative. Insegnamenti che portano alla condivisione all'ascolto al rispetto all'umiltà all'accordo, all'attenzione per quelle che sono le fasce deboli devono essere in qualche modo il faro che cammina e illumina anche noi amministratori. Quindi, grazie per il grande lavoro che è stato fatto qui a Lamezia ed a Casale Monferrato. Posso dire che monsignor Moietta ha già dato un primo segnale: quello di riavvicinare due comunità due territori fisicamente molto lontani, ma con il cuore ormai molto vicini».

Per il sindaco di Lamezia Terme, invece, «la figura di mons. Vittorio Moietta trasmette qualcosa di particolarmente emozionante, qualcosa che rende ciascuno di noi partecipe di questa causa, quasi ad esserne protagonista. Purtroppo non è stato alla guida della Diocesi per tanti anni, ma il suo è stato un insegnamento indelebile di vita, prossimo ai poveri, agli ultimi, che deve essere assorbito da ogni cittadino ed ancor di più e prima da ogni amministratore e da chi guida una comunità».