È quanto emerge dallo studio effettuato dal Censis. Terzo posto per l'Unical per quanto riguarda i grandi atenei statali, stessa posizione per la Mediterranea nella graduatoria fino a 10mila iscritti
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L'Unical di Rende (Cosenza) e l'Università Mediterranea (Reggio Calabria) occupano le posizioni alte delle classifiche elaborate dal Censis e diventate ormai un appuntamento annuale a supporto dell’orientamento di migliaia di studenti. Male l’Università Magna Graecia di Catanzaro.
«Si tratta di un’articolata analisi del sistema universitario – si legge sul sito dell’Istituto di ricerca - basata sulla valutazione degli atenei (statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensioni) relativamente a: strutture disponibili, servizi erogati, borse di studio e altri interventi in favore degli studenti, livello di internazionalizzazione, comunicazione e servizi digitali, occupabilità. A questa classifica si aggiunge il ranking dei raggruppamenti di classi di laurea triennali, dei corsi a ciclo unico e delle lauree magistrali biennali secondo la progressione di carriera degli studenti e i rapporti internazionali».
Complessivamente si tratta di 69 graduatorie, a partire da 924 variabili considerate, che possono aiutare i giovani e le loro famiglie a individuare con consapevolezza il percorso di formazione.
Unical e Mediterranea su, maglia nera alla Magna Graecia
Nella classifica che valuta i grandi atenei statali (da 20.000 a 40.000 iscritti), l’Unical scala una posizione occupando il gradino più basso del podio.
È l’Università di Pavia quest’anno a detenere la posizione di vertice tra i grandi atenei statali con 91,0 punti. Segue l’Università di Perugia, che dopo un lungo periodo di primato retrocede in seconda posizione (90,8). Scalano la classifica di una posizione l’Università della Calabria e l’Università di Venezia Ca’ Foscari, che passano rispettivamente in terza e quarta posizione con un punteggio di 90,3 e 88,7. Salgono di due posti l’Università di Milano Bicocca (+13 punti nell’indicatore dei servizi per gli studenti) e l’Università di Cagliari (+10 punti nell’indicatore relativo a comunicazione e servizi digitali), rispettivamente in quinta e sesta posizione con i punteggi complessivi di 88,5 e 87,8. Segue in settima posizione l’Università di Parma (86,8), a cui si accoda l’Università di Genova (85,7). Stabile in decima posizione l’Università di Roma Tor Vergata (85,0), seguita in undicesima posizione dall’Università di Salerno (84,8), che perde rispetto alla scorsa annualità 9 posizioni a causa del decremento dell’indicatore relativo a borse e altri servizi in favore degli studenti gli studenti (-28 punti). Guadagna una posizione l’Università di Chieti e Pescara (80,3). Chiudono la classifica l’Università di Roma Tre (78,8), l’Università di Catania (78,3) e quella di Messina (75,8).
Per quanto riguarda i piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti) l’Università Mediterranea sale di tre posizioni andando a guadagnare il 3 posto in classifica.
L’Università di Camerino occupa la prima posizione, con un punteggio pari a 99,5, seguita dall’Università di Macerata (87,2). Poi l’Università Mediterranea di Reggio Calabria (86,5). Retrocedono gli atenei laziali di Cassino (85,0) e della Tuscia (83,0). Sale di due posizioni l’Università della Basilicata (80,5), che precede l’Università di Teramo (80,2). Retrocede l’Università del Sannio (79,3). Chiude la classifica l’Università del Molise (75,7).
I mega atenei statali. La prima posizione tra i mega atenei statali (quelli con oltre 40.000 iscritti) è occupata anche quest’anno dall’Università di Bologna, con un punteggio complessivo di 89,8. Seguono l’Università di Padova e La Sapienza di Roma, rispettivamente con 88,0 e 86,5 punti. Sale in quarta posizione l’Università di Pisa (85,2), che scalza l’Università di Firenze (84,3). Avanza di due posizioni l’Università Statale di Milano (82,7), che passa dall’ottava alla sesta posizione. L’Università di Palermo si conferma settima, ex aequo con l’Università di Torino (80,8). Chiudono la classifica l’Università di Bari (80,2) e la Federico II di Napoli (72,3).
Terzultima nella classifica dei medi atenei, invece, statali l’Università Magna Graecia.
Apre la classifica dei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti) l’Università di Siena, che con 96,7 punti si guadagna la prima posizione, detenuta lo scorso anno dall’Università di Trento, che con 94,8 punti scende in terza posizione a causa della perdita di 10 punti nell’indicatore relativo all’occupabilità. È preceduta dall’Università di Sassari (96,0), che guadagna una posizione grazie all’incremento di 15 punti nell’indicatore relativo a borse di studio e altri servizi in favore degli studenti. Stabile in quarta posizione c’è l’Università di Trieste (94,5), che precede l’Università di Udine (94,0). Scende di una posizione l’Università Politecnica delle Marche (91,2), seguita dall’Università di Brescia (88,5). L’Università del Salento (87,0) scende dalla sesta all’ottava posizione, seguita dall’Università di Urbino Carlo Bo (84,8), stabile in nona. Guadagna una posizione l’Università dell’Insubria (83,3), decima in graduatoria. L’Università di Foggia è undicesima (82,3), dodicesima l’Università del Piemonte Orientale (82,0). Chiude il ranking l’Università di Napoli Parthenope (77,3), preceduta dall’Università di Napoli l’Orientale (78,2) e dall’Università di Catanzaro (79,0).
I politecnici. La classifica dei politecnici è guidata anche quest’anno dal Politecnico di Milano (97,0), seguito dal Politecnico di Torino (91,5), che ora occupa la seconda posizione, che lo scorso anno apparteneva allo Iuav di Venezia (90,5). Chiude la classifica il Politenico di Bari (87,7).
Gli atenei non statali. Tra i grandi atenei non statali (oltre 10.000 iscritti) in prima posizione c’è anche quest’anno l’Università Bocconi (92,6 punti) e in seconda l’Università Cattolica (76,2). Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) è la Luiss a collocarsi in testa (93,2), seguita quest’anno dallo Iulm (80,2). Tra i piccoli (fino a 5.000 iscritti) è prima la Libera Università di Bolzano (94,6), seguita dall’Università di Roma Europea (86,8).
Dati e statistiche
Nell scorso anno accademico sono diminuite le immatricolazioni: -2,8%. Il paventato crollo delle immatricolazioni per effetto della crisi pandemica, evitato l’anno precedente grazie alle misure emergenziali messe in atto per contrastarlo, si è verificato nell’anno accademico 2021-2022, quando i nuovi iscritti si sono ridotti del 2,8%. Una variazione che equivale a 9.400 studenti in meno, la cui decisione di non iscriversi è il risultato di criticità congiunturali e di iniquità strutturali, che condizionano l’accesso alla formazione universitaria.
Peggio al Sud, tengono le discipline Stem. Sono di più i maschi (-3,2%) delle femmine (-2,6%) a decidere di non proseguire gli studi. E sono gli atenei del Sud a registrare la variazione negativa più marcata: -5,1%, equivalente a oltre 4.900 immatricolati in meno. Seguono gli atenei delle regioni del Centro (-2,9%) e del Nord-Ovest (-2,3%). Quelli del Nord-Est (-0,1%) sono gli unici a registrare una stabilità nelle nuove iscrizioni rispetto all’anno precedente. I corsi afferenti alle discipline Stem (Science, technology, engineering and mathematics) sono quelli in cui si è registrata la minore riduzione di nuovi iscritti (-0,9%). Otto rettori su dieci sostengono che la crisi economica è la causa principale del calo delle immatricolazioni.