«Coraggio, passione, determinazione, lo scrupolo della verifica e il non piegarsi anche quando si sa di correre un rischio o di pagare un prezzo». Con queste parole il presidente del Senato, Pietro Grasso, ricordava la figura di Franco Giustolisi, storico inviato dell'Espresso, alla presentazione in Senato del premio che porta il nome del giornalista emiliano. Un premio che quest’anno parla anche calabrese. Infatti, assieme a cronisti di fama internazionale come Lucia Goracci, inviati sul fronte di guerra per Rai News e autrice dell’intervista al premier turco Tulip Erdogan, Bernardo Valli editorialista de “La Repubblica”, e assieme a inchieste giornalistiche come “Noi pompieri del barcone dell’orrore”, pubblicata da Panorama e a cura di Luca Cara addetto stampa dei Vigili del Fuoco, “La strage di Militari che lo Stato non vuole vedere” mostrato a “Le Iene” da Gaetano Pecoraro, più la maxi-inchiesta sull’Eni e scritta nel libro “Lo Stato Parallelo” a firma di Andrea Greco (La Repubblica) e Giuseppe Oddo (Il Sole 24ore), c’è anche una storia made in Calabria. La prestigiosa giuria, composta tra gli altri da Enrico Mentana (direttore tg La7), Bruno Manfellotto (direttore “L’Espresso), Marcello Masi (ex direttore del Tg2) e Marcello Sorgi (editorialista de “Il Sole 24Ore), hanno pensato di assegnare al lavoro del giornalista calabrese una menzione particolare dell’edizione 2016 “Giustizia e Verità”, per aver portato all’attenzione dei lettori la storia nuda e cruda della tendopoli di San Ferdinando, con particolare riferimento all’omicidio di un giovane africano, Sekine Traore 27 anni del Mali, per mano di un carabiniere intervenuto nel ghetto per sedare una rissa.

 

“In quella circostanza – racconta De Luca – mentre l’attenzione mediatica si era spostata sulla protesta dei ragazzi migranti, giunti in corteo fin sotto il municipio di Rosarno, io ho colto l’occasione per cercare prove ulteriori sulla dinamica dell’omicidio, sfuggendo così ai tanti controlli che presidiavano la tendopoli. Ho così incontrato uno dei pochi testimoni oculari, presente il giorno prima nel cosiddetto bar del campo, che mi ha raccontato, in maniera fin troppo minuziosa per sembrare falsa, la barbara uccisione del giovane bracciante, che è avvenuta verosimilmente a sangue freddo. Così, riprendendo tutto con il mio I-phone, utile in questi casi per non essere troppo invasivo sulla scena e comunque rimandare allo spettatore la crudezza delle immagini live, ho ripercorso le fasi salienti dei momenti che hanno preceduto gli spari, dando così spazio a quell’unica testimonianza reale perché ho sempre creduto che la parola di un nero ghettizzato valesse quanto quella di un bianco europeo”.

 

 

Il lavoro giornalistico di De Luca, accompagnato alla regia dal suo operatore e amico Saverio Caracciolo, che ha contribuito inoltre a chiudere il cerchio con il reportage esclusivo sulle condizioni di vita nella tendopoli, è stato valutato in maniera molto positiva dalla commissione, che – diversamente dagli altri anni – hanno voluto rendere omaggio anche al lavoro del giornalismo provincia, “sfatando – si legge nel comunicato ufficiale del Premio Giustolisi - una serie di luoghi comuni sul lavoro giornalistico a livello locale, per la profondità dello sguardo nei confronti dei migranti e per la qualità di un prodotto informativo realizzato da una piccola emittente regionale come LaC”.

 

“Un onore – ha spiegato il reporter già vincitore nel 2014 del prestigioso premio indetto da Servizio Pubblico di Michele Santoro – essere di fianco a miti del giornalismo italiano come Lucia Goracci e Bernardo Valli ed essere giudicato da maestri come Mentana, Manfellotto e Masi. Io, da parte mia, ho voluto semplicemente portare agli onori delle cronache una storia bruttissima già dimenticata. Perché se l’attenzione sta scemando sui casi di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi e Giuseppe Uva, figurarsi su di un povero migrante nero sfruttato nei campi di arance di Rosarno”.

 

La premiazione avverrà giorno 19 a Marzabotto in provincia di Bologna alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso.