Si chiama Francesco Pellegrino, è di Acri e sta per partire per la sua dodicesima missione consecutiva in Antartide. Si è laureato all'Unical e oggi è responsabile del Servizio ingegneria dell'Unità tecnica dell'Enea, l’ente di riferimento in Italia per lo sviluppo delle tecnologie energetiche alternative e del risparmio energetico.

Francesco Pellegrino, ingegnere meccanico calabrese in Antartide.
«Sì, orgogliosamente calabrese, originario di Acri».

Nel 2005 la laurea all’Unical. E da allora è cominciata un’avventura incredibile. Che non si è mai esaurita.
«Ho iniziato ad occuparmi di energie rinnovabili e di efficientamento energetico, collaborando con alcune società calabresi che proprio in quegli anni avviano la loro attività in quel settore. L’interesse era rivolto soprattutto agli impianti solari per la produzione di energia, settore che mi ha appassionato fin da subito. Giravo per le strutture ricettive e per i Comuni della Provincia con grande entusiasmo. Poi ho deciso di spostarmi al Nord, in Lombardia».

Ovviamente c’era qualcosa che suscitava un certo interesse.
«Da ingegnere meccanico sono staro attratto dal quel grande tessuto industriale dove ho avuto modo di formarmi e di confrontarmi in realtà più grandi. Successivamente, ho iniziato a lavorare con l’Enea, l’ente di riferimento in Italia per lo sviluppo delle tecnologie energetiche alternative e del risparmio energetico».

Ricopre ruoli di particolare importanza, come responsabile del Servizio ingegneria dell'Unità tecnica Antartide dell'Enea.
«Ricopro questo ruolo da sei anni anni, dopo aver lavorato per il medesimo Servizio per altri cinque anni circa. Curiamo la manutenzione e la salvaguardia del Patrimonio delle infrastrutture di ricerca italiane presenti in Antartide, compito decisamente complesso visto l’ambiente estremo in cui ci troviamo ad operare».

Un’attività complessa, particolarmente delicata.
«Tale attività viene portata avanti grazie al contributo di diversi ingegneri che operano in vari ambiti, provvedono alla fornitura di materiali, attrezzature, mezzi necessari al funzionamento delle Basi e progettano ed eseguono interventi manutenzione, ampliamento ed ammodernamento».

Ma non è tutto.
«In aggiunta supportiamo l’organizzazione logistica della Spedizione scientifica italiana del PNRA Programma Nazionale di Ricerche in Antartide curando l’invio delle attrezzature scientifiche e logistiche necessarie per mezzo di voli aerei militari e la nave rompighiaccio italiana Laura Bassi che annualmente parte da un Porto italiano per raggiungere la base in Antartide».

Francesco Pellegrino ha già partecipato a ben 11 missioni alla Stazione italiana in Antartide.
«L’attività di campo è il completamento del lavoro che svolgo in Italia, nel Centro Enea Casaccia, a Roma. La missione italiana al Polo Sud si svolge ogni anno, da 40 anni, da ottobre a febbraio, nel corso dell’estate australe, quando le condizioni ambientali e metereologiche sono meno proibitive. Il ruolo che ho ricoperto in campo è quello del responsabile tecnico-logistico della Stazione italiana Mario Zucchelli. Il principale compito è quello del coordinamento di tutto il personale tecnico e logistico della Stazione (tra cui anche personale militare) per l’esecuzione di tutte le attività logistiche connesse al supporto dei progetti scientifici ed alla movimentazione di merci e personale e delle attività tecniche necessarie al funzionamento della Stazione o Base».

Ma ovviamente Francesco non si ferma. Infatti è pronto per partire per una nuova delicata missione.
«Ho iniziato a partire per l’Antartide nel 2012 e non mi sono mai fermato. A breve partirò per la mia dodicesima missione consecutiva, non so se è un record, ma sicuramente sono tante cosi di fila».

Si tratta di missioni complesse in posti così lontani, fra tante incognite.
«Sono tanti anni che frequento l’Antartide, per cui pur essendo un posto cosi remoto, è diventato familiare. È difficile descrivere le sensazioni che si provano, realmente dà la sensazione di essere arrivati alla fine del Pianeta. La presenza della luce 24 ore al giorno, le condizioni ambientali estreme, alcune specie di fauna visibili sono lì e ne fanno un posto unico. Tuttavia le prime volte che sono andato, la cosa che mi più colpito è stato il silenzio di un continente disabitato, un silenzio cosi profondo non avvertibile in nessun altra parte».