VIDEO | Maria Rosa Reale e i suoi genitori di 93 e 94 anni vivono ad Acqualisparti, una frazione montana al confine con la Basilicata. «Non siamo cittadini di serie B - dice la donna - sono stanca di lottare per tutto»
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«Lì non vengono. Acqualisparti è lontano, le persone hanno paura». Ogni volta che Maria Rosa Reale mette piede in un ufficio sanitario calabrese, la sua dignità e quella dei suoi genitori, ultranovantenni e invalidi, viene puntualmente calpestata e le richieste, avanzate a mo' di preghiera, vanno a farsi benedire. Il motivo è di quelli a cui, se non fossimo in Calabria, si farebbe fatica a credere. Maria Rosa e i suoi cari vivono ad Acqualisparti, frazione montana di Tortora, raggiungibile mediante una strada tortuosa, più simile a una mulattiera, isolata e immersa nella natura, che sorge esattamente sul confine calabro-lucano. Una sorta di piccolo paradiso terrestre, per chi odia le interazioni sociali e anche per chi ormai è abituato a vivere lontano dal caos e dalla frenesia della quotidianità.
«Qui - dice la donna, che vive ad Acqualisparti insieme a tutta la sua famiglia, genitori, figli, nipoti -, stiamo da Dio». Il problema, però, sorge quando entriamo nell'ambito della sanità. «Non riesco ad ottenere l'assistenza che spetta ai miei genitori, in nessuna maniera. Non riesco ad ottenere la visita di un medico, un infermiere o un fisioterapista. Ogni volta che vado a richiederla, mi dicono che viviamo in una zona troppo isolata e nessuno vuole o può arrivarci. Ma è una scusa, noi residenti ci spostiamo con i mezzi normalmente e per raggiungere il paese impieghiamo una mezz'oretta, forse anche meno».
Troppo lontani dal centro
Riavvolgiamo il nastro. Maria Rosaria perde suo marito sette anni fa a causa di un tumore al colon. «Nemmeno in quel caso ho mai visto nessuno. L'unica volta che un'autorità sanitaria è entrata in casa mia è stata quando l'Asp ha mandato i controlli per accertarsi che mio marito fosse veramente malato e che avessimo diritto ai sacchetti per le urine che ricevevamo per far fronte alla malattia. Dopodiché, niente, il nulla». Negli anni a seguire, gli anziani genitori di Maria Rosa vanno incontro agli acciacchi e hanno sempre più bisogno di assistenza quotidiana.
«A un certo punto, mi sono rivolta un medico di Lauria (che è in provincia di Potenza, ndr), geograficamente più vicina. C'è una legge che gli consente di fare le prescrizioni dei medicinali anche se lavora in una Asl al di fuori della mia regione. Ma non può venire a casa a fare le visite, perché giustamente sarebbero a pagamento. Anche quando il mio papà è caduto e si è rotto il femore, abbiamo dovuto chiamare un'ambulanza di Lauria e pagare la differenza dei chilometri percorsi fuori regione». Di assistenza domiciliare nemmeno l'ombra. «Ai miei genitori è stata riconosciuta l'invalidità e ne avrebbero diritto, abbiamo tutte le carte a posto». Ma non c'è verso di ottenerla.
«Mi sono rivolta più volta agli uffici Asl di Praia o di Scalea, ma tutti mi dicono la stessa cosa: nessuno vuole venire a casa nostra perché viviamo in un posto troppo isolato». Anche ottenere i dispositivi è difficile. «L'Asp di Cosenza mi garantisce la fornitura di pannoloni, ormai da anni, ma non, per esempio, le traverse, che sono un altro dispositivo per l'igiene. Devo pagarle di tasca mia. Anche il deambulatore che sta usando mio padre avremmo dovuto pagare. Per fortuna c'è una brava donna che ce lo ha dato in prestito».
La rabbia incontenile di Maria Rosa
Prima di chiamare la stampa e denunciare pubblicamente la vicenda, Maria Rosa si sarebbe rivolta anche al Comune di Tortora per chiedere aiuto. Ma anche qui, secondo la sua versione dei fatti, avrebbe ricevuto la stessa risposta: «Ah, sì? Allora, io gli ho risposto che quando è stato il periodo delle elezioni siete venuti ovunque qui, dappertutto di notte, di giorno, di sera, di mattina, siete venuti con auto piccole e grandi e non avete avuto paura. Ora che abbiamo bisogno nessuno si fa vedere». La rabbia di Maria Rosa è ingestibile. «Sai perché sono così avvelenata - ci dice - ? Ci sono i miei vicini di casa, abitano a 300 metri da qui, che hanno gli stessi problemi dei miei genitori, ma siccome la loro abitazione è sul suolo lucano, non hanno alcun problema. I medici e gli assistenti vanno e vengono da casa loro e anche se sono malati possono vivere dignitosamente. Invece noi che viviamo da quest'altra parte dobbiamo morire?».
Piccole grandi difficoltà
Maria Rosa è un fiume in piena. «Sono stanca di lottare per tutto. Adesso mamma e papà avrebbero bisogno di sottoporsi a delle semplici analisi del sangue per un controllo e non ho idea di come poter fare». In realtà, i suoi genitori, benché molto malati, non sono allettati e se pur con grandi difficoltà riescono ancora a deambulare. «Ma non ci penso nemmeno a caricarli in macchina e portarli su e giù. Con queste temperature è più facile che si ammalino e io non voglio rischiare. Già non riusciamo a curare gli acciacchi che già hanno, di procurarne altri non ci penso proprio». E sulla possibilità di rivolgere un appello alle istituzioni, dice: «Spero che mi aiutino. Non siamo cittadini di serie B e anche se viviamo al confine paghiamo le tasse, come tutti. Abbiamo gli stessi diritti degli altri».