La chiesa calabrese è in festa per la beatificazione di don Francesco Mottola. Alla cattedrale di Tropea si è tenuta la solenne celebrazione eucaristica presieduta, in nome di Papa Francesco, dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della congregazione delle cause dei santi che torna in Calabria a pochi giorni dalla beatificazione delle catanzaresi Nuccia Tolomeo e Mariantonia Samà.

La funzione, inizialmente prevista nel piazzale antistante l'isola del centro vibonese, e poi spostata in cattedrale a causa della pioggia, ha richiamato centinaia di fedeli, autorità civili, militari e religiose, per il rito di beatificazione del sacerdote e fondatore degli oblati del sacro cuore nato a Tropea nel 1901, dichiarato venerabile nel 2017.

Il nuovo beato di Tropea, perla del clero calabrese, insegnante di materie letterarie, dedicò tutta la sua vita alla carità nonostante una paralisi che lo colpì a soli 41 anni e che lo accompagnò fino alla morte.

La celebrazione è stata trasmessa in diretta su LaC Tv, su www.lactv.it e in streaming sulla pagina Facebook de Il Vibonese e Telepadre Pio.

Cardinale Marcello Semeraro prefetto della congregazione cause dei santi prima dell’avvio della cerimonia si è intrattenuto con i giornalisti: «Oggi la chiesa ha bisogno di vedere figure esemplari di sacerdoti che hanno vissuto il loro ministero attraverso la donazione a chi ha maggiormente bisogno. Proprio come Gesù che ha guarito i malati e ha soccorso i poveri. E questo dovrebbe dirsi di ogni ministro della chiesa. La figura Don Mottola è una figura esemplare è stato un educatore, un formatore. Spero che questa beatificazione possa incoraggiare stili nuovi e impegni nuovi anche nella formazione del clero».

Ha poi voluto sottolineare un altro aspetto legato al difficile periodo pandemico che sta mettendo in difficoltà diverse famiglie. «Anche don Mottola è stato colpito dalla sofferenza che è riuscito a trasformare in lievito di bontà e di amore. Tutti siamo capaci con la forza di alzare dei pesi, ma riuscire a sollevare qualcosa con la sofferenza, come ha fatto il beato, è ancora più importante»